In Francia è caduto il governo

Ieri, alle 20 e 25, il presidente dell’Assemblea nazionale Yael Braun- Pivet ha annunciato che la mozione di censura era approvata con 331 voti. La soglia era 288 e con ben 40 voti in più il Premier Michel Barnier sarà costretto a rassegnare le dimissioni. Una sconfitta e una crisi senza precedenti per la Francia: con due mesi e ventinove giorni all’attivo, il governo Barnier sarà ricordato come il più breve tra tutti quelli della Quinta Repubblica.
La rabbia di Emmanuel Macron
Tornato dall’Arabia Saudita per discutere sul delicato tema del Medio Oriente, il presidente della Repubblica, ha convocato nella giornata di ieri una riunione con i collaboratori più stretti durante il quale ha denunciato la nascita di un “fronte anti – repubblicano” e non ha potuto nascondere tutta la sua delusione per il volta spalle del partito Partito Socialista.
Macron ha promesso che parlerà questa sera ai francese in televisione, ore 20.00. Le dimissioni chieste da Marine le Pen non intimidiscono il presidente che intanto ribadisce come fino al 2027 non vede motivo per abbandonare il posto. Ora, quindi, il compito di trovare un nuovo premier. Ci sono due strade da poter percorrere. La prima, quella più lunga, aspettare che il Parlamento trovi un accordo o come chiamato da Gabriel Attal, “patto di non sfiducia”. La seconda, molto più breve, che prevede la nomina di un nuovo premier già nel discorso che terrà stasera.
La strana coppia
“Barnier responsabile di una legge di bilancio che penalizza, come sempre, i francesi giudicati troppo ricchi per essere aiutati, ma non abbastanza poveri per sfuggire alla persecuzione fiscale”, così parla Marine Le Pen, deputata del Pas de Calais, attaccando il governo che anche lei, in passato, aveva sostenuto. Sorride in modo ironico anche il leader della sinistra radicale, Jean Luc Melenchon co autore, con Le Pen, dell’assassinio politico del premier.
I due nonostante si detestino e abbiano mostrato più volte la reciproca non stima, hanno creato un alleanza decisiva per la deposizione del governo più breve della storia della Quinta Repubblica. I due partiti, apparentemente così distanti tra loro, hanno trovato un intesa su Bernier e in fondo hanno posizioni simili su tanti temi di fondo: entrambi contrari alla riforma della pensione voluta da Macron, detestano l’Europa e diffidano della Nato e dell’America.
Le tappe fondamentali del crollo
Dopo la vittoria dell’estrema destra alle Europee, Macron scioglie il Parlamento alla ricerca di un voto di chiarimento che gli riconsegni la maggioranza. L’azzardo tentato dal presidente della Repubblica, avrebbe consegnato il governo al RN, vincitore del primo turno, senza l’argine del centro e della sinistra uniti contro la destra al secondo turno.
Il risultato è un’aula senza una maggioranza stabile (abbastanza prevedibile). Macron dopo 50 giorni sceglie Barnier come premier, un moderato di destra con il plauso dell'”amica” Marine Le pen che gli garantisce l’appoggio esterno. Quest’ultima, però, che con l’annuncio della sfiducia sulla finanziaria pone fine al governo. Dietro questa “spallata” c’è una rincorsa alla candidatura prima di essere ineleggibile per via dei suoi guai giudiziari ( la procura di Parigi ha chiesto per lei cinque anni di carcere e ineleggibilità).