Macron chiama il “redivivo” Barnier, a Parigi vince un repubblicano
“So che Michel ha a cuore gli interessi della Francia e dell’Europa”, queste le parole fugaci di Ursula von Der Leyen, quando più di metà dei francesi, con movimentazioni studentesche e operaie – che ancora lì funzionano – scenderà in piazza nei prossimi giorni per protestare contro la nomina di Barnier. Negoziatore della Brexit, sostenitore di una legge che regolamenti in maniera stretta l’immigrazione francese, capacità di risurrezioni fuori dal comune, questo è Michel Barnier, l’uomo scelto da Macron come futuro primo ministro dopo dei difficoltosi round di consultazioni.
La leader del Rn, Marine Le Pen, non boccia a priori questa scelta perché “almeno ci considera”. Non sarà facile convivere, perché gli estremisti di destra spingeranno molto per una futura proposta di nuova legge elettorale con modello proporzionale, cosa che tutte le sinistre ripudiano. C’è da dire comunque che Insoumis e Melenchon stesso non giudicano negativamente e aprioristicamente l’operato, nel tempo, del settantatrenne. La scelta di Macron è quella di tergiversare nella ricerca di continuità, almeno per altri dieci mesi. Con Barnier si svolta un po’ a destra ma ci si assicura un esperto di accordi e certo europeista. Mario Giro, su Domani, ha parlato di “modello Tajani”. Effettivamente non è detto che riesca, ma la solidità attesa ha la fiducia totale di Macron.
Non è mai troppo tardi (73 anni) per diventare premier: gollista da ragazzo, sostenitore di Balladur invece che Chirac, autore e sceneggiatore di molte scommesse politiche perse, da ministro degli esteri nel 2004 alla mancata nomina con i Republicains circa 15 anni dopo.
È, comunque, una scelta di sicura capacità ed equilibrio, probabilmente quello che serve alla Francia per essere traghettata fino alle elezioni del 2025.