Crisi di Governo. Mercoledì Draghi riferirà alle Camere

Dopo mesi di tensioni e tentate mediazioni, il presidente del consiglio Mario Draghi, ieri, poco prima delle 19, a borse chiuse, sale al Quirinale e rassegna le dimissioni al presidente Mattarella, spiegando: “Le votazioni di oggi in Parlamento sono un fatto molto significativo dal punto di vista politico. La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più.”
Cosa ha fatto esplodere la crisi?
Nella giornata di ieri in Senato è stata posta la questione di fiducia sulla votazione del Decreto Aiuti, un provvedimento che stanzia circa 23 miliardi di euro, intervenendo sulle politiche energetiche per calmierare l’aumento dei pezzi del carburante, e che prevede anche misure in favore di lavoratori, imprese e famiglie.
Ma, tra i punti più controversi, il decreto contiene la norma che concede poteri straordinari al sindaco di Roma per la gestione autonoma del ciclo dei rifiuti della Capitale e la realizzazione di un termovalorizzatore. Una norma che secondo il Movimento 5 Stelle è estranea al provvedimento e in contrasto con le politiche sulla sostenibilità ambientale sposate dal governo.
Dunque, è principalmente su questa norma che si è consumato lo strappo.
Mentre alla Camera dei deputati era stato possibile per i 5 stelle astenersi sul voto di approvazione finale al decreto Aiuti e garantire la fiducia al governo Draghi con un voto distinto, al Senato il regolamento non lo consente, poiché è previsto un unico voto. Pertanto, i 5 stelle per non dare l’ok al provvedimento sul quale il governo aveva posto la questione di fiducia, hanno preferito uscire dell’Aula, negando nei fatti la fiducia al governo Draghi.
E nonostante il premier, pur senza il voto dei pentastellati, avesse ottenuto la fiducia in Senato con 172 voti a favore, ha ritenuto opportuno rassegnare le dimissioni, in quanto venuta meno quella maggioranza che sosteneva il governo di unità nazionale.
Le dimissioni del presidente Mario Draghi sono state, però, respinte dal presidente della Repubblica che ha deciso di “parlamentarizzare la crisi”, invitando l’attuale premier a riferire alla Camere mercoledì prossimo, nella speranza che lo strappo possa essere ricucito nell’interesse del Paese, con un nuovo foto di fiducia.
Basteranno 5 giorni per ritrovare l’unità e dare seguito all’azione di governo, evitando di andare ad elezioni dopo l’estate?
E, qualora le forze di maggioranza si dimostrassero compatte nel sostenere il governo attuale, Draghi sarebbe ancora disposto a guidare un esecutivo in cui i partiti sembrano già entrati in campagna elettorale permanente?
Le mosse politiche prima di mercoledì
In un’intervista al Corriere della Sera, il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, afferma: “Diciamo basta, non si può tornate indietro”, e d’accordo con la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, chiede di andare al voto, per “formare un nuovo governo legittimato dai cittadini”. Su questa strada sta testando la posizione dell’alleato Berlusconi, con la consapevolezza che un voto in autunno con l’attuale legge elettorale vedrebbe la coalizione di centro destra favorita.
Su posizioni diverse si trova il Partito Democratico, che in queste ore cercherà di lavorare per la tenuta del governo, nonostante la ferita ricevuta nella giornata di ieri da quello che doveva essere il proprio alleato in un possibile “campo largo” di centrosinistra, la cui sussistenza appare però sempre più incerta.
Di Maio, leader di Insieme per il Futuro, dice che vede “molto difficile ricomporre questa maggioranza”, ma da fervente sostenitore dell’attuale premier, fa appello alla maturità delle altre forze politiche “per evitare di trovarsi senza un governo forte che abbia potere negoziale ai tavoli internazionali in questo momento di grave crisi”.
Sarà importante capire nelle prossime ore quale decisione prenderà il Movimento di Conte, che nella serata di ieri si è chiuso in silenzio stampa, cercando di trovare un compromesso all’interno tra falchi e colombe, sperando di avere rassicurazioni da parte di Draghi sul programma presentato nei giorni scorsi, che prevede la difesa di 9 punti: reddito di cittadinanza, salario minimo, decreto dignità, aiuti a famiglie e imprese, transizione ecologica, superbonus 110%, cashback fiscale, intervento riscossione, clausola legge di delegazione.
In queste ore prende piede la possibilità di affidare al voto della rete la decisione di restare al governo, ma è emersa anche la possibilità che il Movimento ritiri i propri ministri prima di mercoledì per poi negare la fiducia al premier Draghi. Al momento il Movimento è fortemente diviso e c’è chi come l’attuale capogruppo alla Camera, Davide Crippa che rimprovera a Conte la decisione dell’Aventino assunta ieri, che ha portato a queste gravi conseguenze.
Saranno ore convulse quelle che ci separano da mercoledì, lette con preoccupazione anche a livello internazionale- lo spread è salito oltre 200 punti – in una fase in cui occorre un governo forte per trattare sul prezzo del gas e per l’attuazione del PNRR.