Il Patriarca Kirill sanzionato

“La responsabilità di aver sostenuto e attuato le azioni politiche che minano o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina”. Queste le motivazioni che hanno spinto la Commissione Europea a sanzionare il patriarca russo Vladimir Michajlovic Gundjaev, meglio noto con il nome di Cirillo I (in russo Kirill). Si tratta del sesto pacchetto di provvedimenti contro circa 58 personalità russe. La Chiesa Ortodossa, come riportato dalle dichiarazioni del portavoce Vladimir Legoyda, avrebbe dichiarato che “non si lascerà intimidire” dall’Europa:
«Il patriarca Kirill proviene da una famiglia i cui membri hanno subito repressioni per decenni, durante gli anni del regime sovietico, per la loro fede e posizione morale. Bisogna essere completamente estranei alla storia della nostra Chiesa per credere di intimidire il suo clero e i suoi credenti inserendoli in alcune liste».

Da spia del KGB a commerciante di tabacco: storia di un miliardario
Sedicesimo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, un’espressione che risale al tempo degli Zar. Kirill nasce nell’allora Leningrado (oggi San Pietroburgo) nel 1946. Segue le orme del padre e del nonno divenendo Vescovo nel 1976 fino all’elezione, con 508 voti favorevoli su 702 nel 2009, che lo consacrano Patriarca della Chiesa ortodossa, un ruolo che lo porta a guidare circa 165 milioni di fedeli in tutto il mondo. Prima di seguire la carriera di famiglia, Kirill si dedica alla cartografia divenendo tecnico cartografo per la spedizione geologica di Stato nell’Estremo Oriente russo. Negli anni 90 la sua carriera ecclesiastica lo porta ad avere in breve tempo vari incarichi importanti, tra cui quello di rettore dell’Accademia spirituale dove aveva studiato.
In quello stesso periodo, sebbene non ci sia certezza, alcune fonti lo inserirebbero tra i nomi degli ex agenti del KGB: un nome in codice “Mikhailov” che sarebbe comparso tra le carte degli archivi dell’organizzazione. Un ruolo svolto durante il periodo in cui si trovava nel clero del Patriarcato di Mosca.
Inoltre, secondo Novaya Gazeta, Kirill avrebbe accumulato il suo patrimonio grazie alle esenzioni fiscali e il commercio di tabacco e birra. Secondo alcune fonti, il patriarca avrebbe cominciato ad accumulare fortune dagli anni 2000, quando era a capo degli Affari esteri del Patriarcato di Mosca e l’Iraq era sotto l’embargo statunitense. Inoltre il commercio di sigarette affidato alla stessa Chiesa ortodossa, all’epoca otteneva la tassa “decima”.
Una serie di motivazioni dunque che spiegherebbero la cifra compresa tra i 4 e gli 8 miliardi di beni in mano al patriarca, parte dei quali risiedono in Svizzera: uno chalet e un fruttuoso conto in banca.

I rapporti con l’estero: da Roma a Kiev
All’ inizio dell’anno i rapporti tra le due chiese di Mosca e Roma sembravano distesi. Infatti, lo stesso Papa Francesco aveva dichiarato di essere pronto a fare visita a Mosca per incontrare il Patriarca. Ma con il proseguire della guerra in Ucraina, l’incontro è stato rimandato in più occasioni.

Oggi, con la notizia delle sanzioni a Kirill, la Chiesa cattolica sembra astenersi da ogni giudizio. Una dichiarazione recente è stata invece quella del sacerdote e autorevole canonista Don Filippo Di Giacomo che intervistato dal direttore dell’Agi, Mario Sechi, ha espresso le sue opinioni a proposito delle sanzioni:
«Putin sarà molto grato all’Unione Europea che con l’idea di sanzionare il Patriarca Kirill ha rafforzato le motivazioni che avevano spinto in precedenza proprio il capo della Chiesa ortodossa ad essere solidale con lui. Il Papa aveva precedentemente esortato il Patriarca russo a non essere il “chierichetto di Putin”. L’Ue così facendo lo spinge a continuare in questo senso, sanzionare Kirill significa dare ragione a coloro che nei paesi dell’Est d’Europa rifiutano ogni intromissione dell’Unione nel loro modo di pensare e credere.».
Situazione totalmente diversa a Kiev, dove l’arcivescovo della città ha preso una posizione differente da quella del Vaticano. Per Sviatoslav Shevchuk infatti giustificare la guerra in Ucraina, proprio come aveva fatto Kirill, rappresenterebbe un pericolo per tutto il cristianesimo. Un commento espresso durante la Plenaria del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, sulla situazione ecumenica in Ucraina nel contesto della guerra:
«la domenica successiva allo scoppio della guerra il patriarca Kirill aveva detto che questa è una guerra metafisica che non soltanto può essere giustificata ma anzi deve essere promossa proprio per difendere i valori dell’ortodossia. Un’analisi di questa giustificazione ci dimostra un pericolo non solo per la Chiesa ortodossa russa ma per il cristianesimo del mondo moderno. Purtroppo la Chiesa ortodossa russa è stata intrappolata nella dottrina dello stato di Putin che ha avuto già un’esplicita condanna dai teologi ortodossi».

Nei giorni precedenti, infatti, 400 preti ucraini avevano pubblicamente denunciato la posizione del Patriarca, appellandosi perfino al Consiglio dei Primati delle Chiese Antiche Orientali (la più alta corte dell’ortodossia mondiale) perché secondo loro Kirill predica la dottrina del “mondo russo” discostandosi dai valori e dai principi di quella ortodossa. E sebbene in passato sia stato considerato anche un “innovatore”, aprendo all’Accademia teologica nuovi corsi anche per le donne e introducendo lezioni di educazione fisica, rimane sempre colui che ha definito Putin “un miracolo di Dio”. Una frase che è frutto della lunga amicizia che c’è tra i due oltre che dalle “passioni” che hanno in comune: tra queste, l’inclinazione al lusso.
