Occupato a Roma il Globe Theatre. Sul palco che fu di Proietti la protesta dei precari del mondo dello spettacolo

Mercoledì mattina, a Villa Borghese, i “Lavorat_Dello Spettacolo e Della Cultura” hanno occupato il Globe Theatre di Roma. L’azione, promossa da una rete composta appunto da collettivi e singole individualità di lavoratori e lavoratrici dello spettacolo e della cultura, è l’evoluzione naturale di un movimento di protesta che va avanti da inizio pandemia.
Le radici profonde delle contestazioni, però, vanno ricercate più indietro nel tempo; la pandemia ha fatto emergere semmai tutti quei problemi, quelle falle, che già da anni caratterizzano in negativo il sistema lavoro nel mondo dello spettacolo.
Cause e ipotetiche soluzioni prescindono dalla situazione attuale influenzata dalla crisi pandemica. Pensare che le manifestazioni di piazza in questo periodo e le recenti occupazioni dei teatri siano “solo” il frutto della chiusura dei “luoghi della cultura”, è semplicemente sbagliato; fa comodo piuttosto a quanti questo sistema non intendono cambiarlo, per debolezza o interessi di parte.
Chi occupa il Globe, il Mercadante di Napoli, il Piccolo Grassi a Milano, non chiede aperture incondizionate o soluzioni temporanee. Chi protesta oggi denuncia una situazione di insostenibile precariato strutturale, un sistema di sfruttamento lavorativo che arricchisce pochi mentre penalizza tutti gli altri, obbligati a “raccogliere le briciole”. La richiesta, l’obiettivo, non è “riaprite”, bensì: “riformate”. Forse è per questo che i tanti appelli e le proteste sono finora finiti nel vuoto.
L’occupazione del Globe – la prima giornata
Cinquanta, c’è chi dice sessanta, tra ragazzi e ragazze, si sono ritrovati mercoledì mattina davanti ai cancelli chiusi del Globe Theatre di Roma, teatro realizzato dal Comune di Roma e dalla fondazione Silvano Toti, che ne ha finanziato l’edificazione nei primi anni duemila.
Anche grazie al benestare della proprietà, è stato possibile organizzare ed effettivamente occupare il teatro, cui ha fatto seguito la convocazione di una libera assemblea cittadina, aperta a tutti, con l’intento di dare notizia di una serie di attività delle quali l’occupazione fa “solo” da apripista.
L’obiettivo è realizzare e portare avanti dei tavoli tematici, tramite i quali confrontarsi e formulare proposte che racchiudano le problematiche relative alla categoria dei lavoratori dello spettacolo e della cultura.
Simultanea ai “lavori dell’assemblea” è la richiesta di un’appuntamento con le istituzioni, con il ministero della cultura e del lavoro; che questa occupazione abbia un risvolto pratico, e non sia solo una “settimana colorata”, è di vitale importanza.

I tavoli tematici – individuare i punti chiave della protesta.
Tra le prime voci in assemblea, quella di una ragazza elenca i tavoli tematici, la parte “laboriosa” dell’occupazione, tramite i quali creare un confronto inclusivo che individui le negatività e formuli conseguentemente delle reali proposte. Se interessati, ci si può iscrivere; la partecipazione è aperta e volontaria.
I temi su cui si dibatterà nei prossimi giorni riguardano, tra gli altri, la richiesta di un reddito di continuità per i lavoratori; la necessità di mappare gli spazi culturali, pubblici e privati, per individuare le singole esigenze di ambienti tra loro molto diversi; ancora, il problema della ricerca, non considerata oggi come tempo di lavoro; infine, la questione del contratto nazionale, che non riconosce giuridicamente molte delle figure che lavorano nell’orbita del mondo dello spettacolo.
L’intervento di Franceschini
Scambiando due chiacchere sotto una delle scalinate in legno del teatro, Alessandro, uno dei ragazzi che ha partecipato all’occupazione fin dalle prime ore del mattino, alla domanda “quanto pensi resterete di presidio qui al Globe?” risponde che non c’è un tempo limite; forse una settimana; scherzando chiama in causa Dario Franceschini, ministro per i Beni e le Attività Culturali, e dichiara che non se ne andrà fino a quando il ministro non farà la sua apparizione sul palco del Theatre.
Detto fatto. Puntuale con l’inizio dell’assemblea si presenta effettivamente il ministro Franceschini, che finisce per aprire il dibattito che animerà poi il pomeriggio nel teatro. L’intervento è sbrigativo, formale, rivendica soprattutto il lavoro fatto durante questo periodo emergenziale, con i sostegni al reddito (per chi ha potuto riceverli), e il concepimento di una mappatura delle molteplici situazioni lavorative che compongono l’eterogenea realtà dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo.
La distanza tra il ministro e la “sua” piazza c’è, si sente. Oltre ai doverosi ringraziamenti di rito, non riceve un applauso quando si alza per prendere il microfono, non un applauso quando torna a sedere. In ogni caso la sua sola presenza, anche se fosse scaturita da calcoli squisitamente politici, è di per sé un qualcosa di positivo.
Difatti, prima di lasciare il teatro, si riesce a strappare al ministro una data per un tavolo di confronto tra i rappresentanti di categoria, il ministero della cultura e il ministero del lavoro. Era questo uno degli obiettivi dichiarati dell’occupazione. La data indicata è Il 22 di Aprile.

Un auspicio fatto a più riprese, dalle tante persone che sono intervenute durante l’assemblea nel Globe, è l’apertura della protesta, non solo a quanti lavorano nello spettacolo, ma a tutte le categorie che ristagnano nel precariato, nell’incertezza, nella perdita di dignità lavorativa.
Questo aspetto della non contrapposizione tra le diverse categorie lavorative viene più volte rimarcato, e sebbene simbolo delle rivendicazioni di un settore specifico, l’occupazione del Globe Theatre è volutamente e sinceramente aperta a tutti.
Per partecipare, basta entrare a Villa Borghese e seguire poi le indicazioni che, sparse nel verde, portano al teatro.