L’Italia dice sì al Global compact sui rifugiati ma non si espone sui migranti

L’astensionismo italiano sul Global compact for Migrations
Il governo italiano continua sulla linea dell’astensionismo in merito al Global compact for Migrations,la cui discussione in Parlamento, del 19 dicembre, ha prodotto soltanto un nuovo rinvio. Nel documento della maggioranza si può leggere che il governo si impegna a “rinviare la decisione in merito all’adesione dell’Italia in seguito ad un’ampia valutazione con riferimento alla sua effettiva portata”. La Camera ha approvato con 277 voti favorevoli, 224 contrari e 3 astenuti la mozione M5S-Lega sul Global compact, respingendo le mozioni delle opposizioni, sia quelle orientate alla sottoscrizione sia quelle alla non adesione. Anche questa volta il presidente della Camera Roberto Fico ha preso una posizione netta, ribadendo la necessità di «sederci al tavolo con tutti i Paesi del mondo, specie quelli da cui partono i migranti, per affrontare la problematica. A quel tavolo devi collaborare per affrontare il fenomeno migratorio con un approccio globale, che poi è la posizione dell’Italia sull’Europa, che insieme deve prendersi le responsabilità e ogni Paese deve fare la sua parte, con un approccio globale».
Non rinuncia invece neanche in questo caso alla sua aplomb istituzione il premier Giuseppe Conte che minimizza le divisioni interne alla maggioranza e la scelta del rinvio. «Abbiamo parlamentarizzato la discussione, l’importante è entrare nel merito. Il Global compact non è lo strumento per valutare se l’Italia è nel consesso dei grandi. Se si partecipa così emotivamente si rischia la crisi come in Belgio».
Fuori dall’astensione
Su versanti decisamente opposti ma ugualmente schierati contro l’astensionismo dell’Italia sono CasaPound da un lato e l’appello di politici e intellettuali dall’altro che auspicano un’assunzione di responsabilità del nostro paese in merito a un tema così centrale per la nostra epoca.
CasaPound ha manifestato a Montecitorio con una delegazione guidata dal segretario nazionale Simone Di Stefano. “Siamo sotto al Parlamento per mettere un po’ di pressione ai politici che incrociamo, perché si sappia che questa cosa non passerà sotto silenzio. Non perdoneremo chi si piega alla dittatura globalista. Ci aspettiamo che Salvini chiarisca in maniera definitiva, tombale. A Di Maio che se vota il Global compact insieme al Pd il governo finisce lì”.
Nell’appello di intellettuali e politici rivolto al Governo affinché firmi il Global compact invece si può leggere: «Due anni fa tutti i 193 Stati membri riconobbero la necessità di un approccio globale alla mobilità umana, per salvare le vite, proteggere le persone, tutelare i diritti umani. […] Non si tratta di un patto giuridicamente vincolante, ma la sua adozione può mettere le basi per arrivare a un governo più ordinato, regolare, sicuro delle migrazioni, contrastando trafficanti e criminali, ponendo regole chiare e giuste, assicurando sicurezza, rispondendo a legittime preoccupazioni e paure, garantendo dignità e diritti, favorendo processi di inclusione. […] Auspichiamo quindi che l’Italia non si ritiri, ma che anzi sostenga con convinzione e autorevolezza l’accordo in sede Onu. Migranti forzati e liberi continueranno ad arrivare in molti paesi, innanzitutto nei paesi limitrofi delle aree povere del pianeta, molti nei prossimi decenni dall’Africa verso l’Europa. È importante che l’Italia, primo approdo dei flussi dal Nord Africa, non sia lasciata sola nell’affrontare un movimento strutturato da anni e che continuerà, volenti o nolenti. Aderire a quel documento sarebbe fondamentale alternativa anche rispetto alla giusta richiesta di superare i Trattati di Dublino, osteggiati a parole ma poi colpevolmente lasciati intatti, specie da chi blatera di contrasto all’immigrazione incontrollata. […] Per questo chiediamo che le Camere esprimano un sostegno trasversale dei nostri parlamentari al Global Compact, in modo da impegnare il governo, e che le regioni e tutti gli enti locali di prossimità adottino comunque, nel proprio ambito, i punti precisi dell’accordo. A partire proprio dal 18 dicembre, la giornata mondiale dei migranti». I firmatari sono Alessandra Ballerini, Gianrico Carofiglio, Bruno Arpai, Silvia Bencivelli, Valerio Calzolaio, Marco Cappato, Massimo Carlotto, Monica Cerutti, Francesca Chiavacci, Marica Danubio, Maurizio De Giovanni, Giovanni Destro Bisol, Bernardino Fantini, Monica Frassoni, Marco Furfaro, Elena Gagliasso, Giorgio Gori, Pietro Greco, Domenico Lucano, Pierfrancesco Majorino, Luigi Manconi, Virginio Merola,Telmo Pievani, Federico Pizzarotti, Maria Pia Pizzolante, Lucia Votano, Nicola Zingaretti, Virginio Merola, Maurizio Martina.
Il Global compact sui Rifugiati
Se l’astensionismo sembra essere ormai la risposta dell’Italia all’accordo sull’accoglienza dei migranti, altra sorte è stata riservata al “Global Compact on Refugees” che ha visto la sottoscrizione dell’Italia all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Anche questo accordo consiste in una risoluzione non vincolante che stabilisce quali debbano essere le linee guida da seguire riguardo alla gestione dei rifugiati nei paesi di accoglienza. Votato con 181 voti a favore, 2 contrari e 3 astenuti, il Global compact sui rifugiati è stato approvato nonostante i no di Stati Uniti e Ungheria. Parte integrante (qui il pdf) della risoluzione annuale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), qui vengono predisposte e distribuite le responsabilità comuni degli stati nella gestione dell’accoglienza dei rifugiati, riaffermando i principi fondamentali della Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951.
L’UNHCR stima che, alla fine del 2017, i rifugiati nel mondo fossero circa 25,4 milioni di persone, di cui oltre la metà minorenni. Oggi il 60 per cento dei rifugiati mondiali è ospitato da appena 10 paesi. La Turchia da sola ospita 3,5 milioni di rifugiati, più di qualsiasi altro paese al mondo. Inoltre la maggior parte dei rifugiati, circa l’85 per cento, vive in paesi in via di sviluppo.
Nei quattro obiettivi principali dell’accordo non vengono previste quote di accoglienza per i singoli Paesi, ma si punta a rendere i rifugiati autosufficienti nella ricostruzione di una vita nel territorio in cui si trovano ed eventualmente facilitare il loro ritorno nel paese d’origine.
Le polemiche sulla votazione italiana
Pronta a polemizzare sull’approvazione è stata la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che in un post su Facebook scrive: «Apprendo che le Nazioni Unite hanno approvato il Global Compact sui rifugiati, preludio di quello sui migranti. Apprendo anche che il governo italiano ha votato a favore. Scusate, ma chi e dove ha deciso il voto italiano?».
Il M5S, tramite Giuseppe Brescia, ha subito replicato sostenendo che «questa maggioranza e questo governo non hanno mai messo in discussione l’adesione a questo documento fondamentale per rafforzare la cooperazione tra paesi».
Dello stesso avviso della Meloni anche Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, secondo il quale «il Global Compact non solo non va firmato ma va contrastato e buttato in un cestino. Con buona pace dei suoi grandi sponsor che parlano, interferendo sulla gestione delle politiche dell’immigrazione e della sicurezza». Accusa l’Onu di incentivare «movimenti ancora più forti di clandestini nel pianeta. Contrastare questo documento è un dovere e il Parlamento italiano deve fare una scelta chiara e forte». Non è comunque chiaro a quali dei due Global compact volesse riferirsi.
I favorevoli
Di tutt’altro parere è Giuseppe Brescia (M5S), presidente della commissione Affari costituzionali della Camera, che vede il sì dell’Italia all’accordo come “una buona notizia”. «Finalmente il nostro paese non rimarrà isolato nel rispondere a un fenomeno globale e altri Stati condivideranno con noi la responsabilità di aiutare chi scappa da guerre e persecuzioni. Hanno votato insieme a noi 180 Paesi, più di quanti erano a Marrakech per aderire al Global Compact sulla Migrazione. Un bel segnale, tutti dalla parte giusta».
Favorevole anche il ministro dell’Interno Matteo Salvini che, ribadendo la differenza tra migranti e rifugiati, ha sostenuto il governo in questo accordo.
Del resto anche il Centro studi Machiavelli, seguito da vicino dal sottosegretario agli Esteri Guglielmo Picchi (Lega), si era espresso a favore del Global compact sui rifugiati. Il rapporto era stato presentato alla Camera alla presenza del senatore leghista Manuel Vescovi ed esprimeva un parere positivo: «La conclusione della nostra analisi è che il Governo italiano dovrebbe firmare il global compact sui rifugiati in quanto in linea con le proprie preferenze. Ma unirsi a Usa, Australia, Austria e Ungheria nel rifiuto dell’orientamento espresso dal global compact sulle migrazioni».
Filippo Grandi, Alto Commissario Onu per i rifugiati, ha definito “storico” il Global Compact on Refugees, spiegando che si tratta del «più grande sforzo per condividere in modo ampio le responsabilità dei rifugiati di cui sono stato testimone in 34 anni di lavoro con i profughi. Nessun paese dovrebbe essere lasciato da solo di fronte a massicci arrivi di rifugiati. Le crisi dei rifugiati richiedono una condivisione globale delle responsabilità, e il patto è una potente espressione di come possiamo lavorare insieme nel frammentato mondo di oggi. Il documento traduce l’idea della condivisione delle responsabilità in misure pratiche e concrete, per garantire che i rifugiati non siano tenuti in ostaggio dai capricci della politica».
Il deputato di Leu Erasmo Palazzotto accoglie positivamente la sottoscrizione dell’accordo: «La gestione dei rifugiati richiede una condivisione globale delle responsabilità in un momento come quello attuale in cui è urgente affrontare migrazioni che hanno raggiunto cifre record: oltre 68 milioni di persone sono state costrette a fuggire in tutto il mondo, e tra questi oltre 25 milioni sono diventati rifugiati. Chi è contro all’approvazione di questi importanti patti tra Stati come Salvini, Orban o Trump non è interessato a risolvere il fenomeno anzi, vuole solo alimentare paure, rancore e il Global compact for migration è semplicemente un’arma propagandistica».