Dal vaccino all’antisemitismo: On Auschwitz, il podcast della memoria

La bieca strumentalizzazione che, solo poche settimane fa, ha invaso la rete mediatica, vedeva l’assimilazione del lager polacco di Auschwitz, e più in generale della tragica esperienza nazista dello sterminio programmato nei campi di concentramento, alla campagna di promozione vaccinale. Persa nell’oceano delle mastodontiche madornità che ingolfano, ahinoi, l’internet, la dichiarazione è presto detta e presto dimenticata, lasciando un’impotente sensazione di amaro in bocca che solo la conoscenza può addolcire.
Alcuni antidoti: un libro, un tweet, un podcast
A tutti gli scettici, ai cospiratori, agli amanti degli azzardati quanto improponibili paragoni, si consigliano due semplici azioni, forse tre: in primis, la lettura o rilettura di Primo Levi (in particolare Se questo è un uomo e La tregua); in secundis, cercare di trascorrere tempo di qualità sui social network e accrescere la propria rete coltivando nuove conoscenze ; e infine, ascoltare podcast. Per le ultime due iniziative, l’Auschwitz Memorial Museum, con la sua integerrima e indefessa attività scientifica, si è aperto con coscienza storica al mondo della rete e della radio.
Su Twitter, ad esempio, basta abbonarsi, come hanno già fatto più di un milione di persone, all’account ufficiale (@AuschwitzMuseum) per poter far parte di una vera e propria comunità di anime dimenticate. Attraverso un calendario quotidiano, doloroso ma necessario, si ripercorrono, nel passeggero tempo di un tweet, le vite altrettanto fugaci e degne di considerazione dei deportati nel campo di concentramento. Compresi i bambini, di cui è sempre sorprendente e costernante constatare la ridotta esistenza, dalla nascita alla tragica e ingiustificabile morte a poche ore, giorni o, nei casi più drammaticamente fortuiti, dopo settimane di sofferenze dall’arrivo in Polonia. Strappati ai loro genitori, il loro ricordo dimora eternamente, insieme ai loro cari, nelle commoventi fotografie sbiadite degli archivi del campo, in cui sereni, spesso con un tenero giocattolo in mano, sembrano sorriderci dalla bacheca di Twitter, sempre più superficialmente ingombra. Così come gli adulti, di tutte le provenienze e nazionalità, celebrati nel giorno della loro nascita, della quale anche noi partecipiamo un po’; riscopriamo così, in poco meno di duecentottanta caratteri, la loro quotidianità prima dell’ingresso a Auschwitz e, solo in rari casi, della loro esistenza alla fine della deportazione. La maggior parte di loro, non hanno più visto la luce fuori dal campo.

Di diversa matrice, ma non per questo meno appassionante, il podcast On Auschwitz, in cui gli stessi responsabili e ricercatori del museo polacco ripercorrono (per ora in sette puntate, che mi auguro siano solo l’inizio di una cospicua serie), con chirurgica esattezza e attraverso ospiti e lunghe conversazioni, non solo gli elementi più strettamente legati alla deportazione e ai tristi anniversari, ma anche un interessante punto di vista “altro”, attraverso specifici affondi tematici. Così si scopre in una puntata la peculiare organizzazione ed espansione architettonica dell’immensa e labirintica struttura polacca; o ci si addentra nelle scrupolose quanto terrificanti ricerche e pratiche mediche che luminari tedeschi hanno esercitato sulle povere e inconsapevole cavie, ambiguamente orientati verso il progresso della ricerca scientifica e della conoscenza, che il nazismo ha cavalcato e foderato di teorie razziali.
Leggere Levi, abbonarsi al Twitter e ascoltare il podcast dell’Auschwitz Memorial con profonda attenzione, eviterebbe a molti, tra l’altro, lo sforzo inutile, inappropriato e pericoloso di associare l’inoculazione del vaccino all’antisemitismo.