Io sono l’abisso di Donato Carrisi

Cosa si può scatenare nelle menti dei lettori quando in un romanzo i protagonisti sono senza nome? Donato Carrisi torna in libreria con il suo nuovo romanzo “Io sono l’abisso”, con la promessa di trascinarci nuovamente giù con lui, in un enorme buco nero.
Io sono l’abisso
Nella memoria dei lettori possono rimanere impressi più elementi del romanzo che entra nel profondo della loro anima: il nome del paese o della città in cui è ambientato, i dialoghi più o meno particolari e lunghi, le vicende che si sviluppano pagina dopo pagina e i nomi dei personaggi (o forse solo i personaggi?).
Cosa succede però se in un romanzo i protagonisti sono senza nome? Non è solo il nome proprio di persona che fa del protagonista l’elemento chiave della storia: la sua personalità, il suo carattere, la sua gestualità (Carrisi si rivela essere un maestro nella descrizione di queste ultime), i suoi pensieri, le sue parole e infine il nome lo rendono tale.
Ma per quanto ci si voglia girare intorno, quell’appellativo è importante, anzi spesso risulta essere fondamentale.
L’uomo che puliva, la cacciatrice di mosche, la ragazza con il ciuffo viola
Qui non abbiamo nomi, ma abbiamo tutto il resto: abbiamo un uomo che puliva, un netturbino, che si occupa di raccogliere l’immondizia che le persone mettono fuori dalla propria porta di casa e in cui sono nascosti spesso i segreti più inconfessabili di un individuo, a prescindere dalla sua età.
Abbiamo la cacciatrice di mosche, una donna non più nel fiore degli anni, la quale si porta dietro la macchia più scura che ogni madre vorrebbe eliminare, ma che nessun detersivo può lavare via. Una donna che si è ripromessa di non permettere più ad alcun uomo di eseguire qualsiasi forma di violenza, che sia essa verbale, fisica o psicologica, su un essere di sesso femminile e che dunque dà la caccia a questi soggetti, senza darsi mai tregua o concedersi una gioia come un pasto che si possa definire tale, nell’intimità di casa.
Infine, c’è la ragazzina con il ciuffo viola, che è giovane anzi giovanissima e che dal di fuori sembra possedere tutto quello che una tredicenne potrebbe desiderare. Le manca però quello che deve essere presente nella vita di ogni figlia: l’amore dei propri genitori. Quella mancanza che l’ha spinta a gestire alcuni aspetti della propria vita in maniera affrettata, violenta e causandosi numerose altre sofferenze che però non sembrano rimanere del tutto inascoltate.
L’abisso è fuori o dentro di noi?
Sulle rive del lago di Como si possono osservare le sue acque, che sembrano calme e tranquille, ma che possono trasformarsi in una stretta mortale, capaci di strappare via la vita a chiunque decida di lasciarsi avvolgere. Il fondale non si vede, è scuro, è buio: fa paura, molta.
Ma quanto può essere pericoloso quell’abisso, che sta fuori dalla nostra personalità? Poco, molto poco se lo si mette a confronto con quel buio che possiamo nascondere dentro di noi e che quindi non ci lascia mai davvero soli.
L’uomo che puliva lo sa bene, per questo ha deciso di diventare quasi del tutto invisibile, mentre cerca di mettere a tacere quella parte profonda di se stesso che però spesso erutta fuori i suoi segreti, proprio come fa l’abisso.
Carrisi prova a farci riflettere su una domanda: perché così di frequente questa materia così oscura come l’abisso ci attira? Muoviamo noi spesso dei passi verso la voragine perché siamo curiosi, perché quella è una materia viva e pulsante e dentro di essa è come se riconoscessimo un pezzetto di noi stessi.
Lo scrittore per primo rivela la sua volontà di voler far cadere il lettore all’interno del racconto, nel senso più stretto della parola: e questo succede ad un certo punto, all’interno di un capitolo. A dimostrazione del fatto che sia sempre più fondamentale
“Perdersi tra le pagine, perché lì è presente il rifugio da ogni paura”.
Carrisi riesce in maniera impeccabile a far cadere dentro l’abisso il lettore anche e nonostante la mancanza dei nomi propri dei protagonisti, perché è proprio lì che ci si fa fregare, ci si fa cogliere impreparati e quando il lettore rialza la testa, capisce che nell’abisso ci è caduto e da lì deve rialzarsi solo con l’aiuto delle proprie forze da lettore.