“Ubu roi”, grande classico rivisitato in chiave ultramoderna, al Teatro Studio Melato dal 9 al 13 Ottobre

Datato 1896, la pièce ci fa immergere nelle fredde terre della Polonia con grande maestria.
Il grande classico “Ubu roi” di Alfred Jarry del 1896 è un esperimento teatrale di “patafisica”, la scienza delle soluzioni immaginarie, che il regista Roberto Latini, riprende in mano e riporta a teatro con grande coraggio. Sì, perché questo pezzo di storia non è per tutti, ma per chi davvero riesce ad apprezzare gli strumenti che gli attori usano come fossero in una lezione di teatro: espressioni, movimenti, suoni e voci che non sono utili alla storia né consoni alla trama, ma ostentati come a dover dimostrare la propria bravura agli occhi del maestro.
La trama è molto semplice: “le avventure di Padre Ubu, «capitano dei dragoni, officiale di fiducia di re Venceslao, decorato con l’ordine dell’aquila rossa di Polonia, ex re d’Aragona, conte di Sandomir», e della Madre Ubu. Il Padre Ubu uccide il re Venceslao e s’impadronisce così del trono; poi uccide i nobili e tutti coloro che l’avevano appoggiato. Ma il Padre Ubu deve diffidare del figlio di Venceslao, il principe Bugrelao, che inavvertitamente ha risparmiato e che spera di riconquistare il trono di suo padre” (da WIki).
Di shakespeariana memoria molti elementi e temi: la vendetta, la morte, il rapporto padre/figlio, il fantasma, la corte e il sospetto. Tutto ciò ovviamente raccontato secondo uno stile del tutto surreale. La compagnia composta solo da uomini personificava anche donne e regine, i trucchi erano molto vistosi, abiti fatiscenti e sfondo completamente bianco, lasciando allo spettatore la magia dell’immaginazione assoluta. Sembrava di essere dentro un teatrino di marionette, suggerimento forse dovuto alla magnifica location del Teatro Studio Melato, il quale sembra un incubatore d’arte, una scatola in cui dar vita al vero teatro.
E’ così è stato anche alla prima tenutasi ieri sera, in cui la gente sembrava molto soddisfatta della scelta teatrale effettuata. Torno a ribadire che però, per riuscire ad apprezzare tali opere, la scelta deve essere ben consapevole e studiata: lo spettacolo di certo non è, diciamo così, POP.
Lo stesso Latini afferma: “Sono sempre stato convinto che quanto proposto dalla scena difficilmente riesca a stare al passo con i cambiamenti che avvengono in platea. Voglio dire che la velocità di trasformazione, di evoluzione, del pubblico, i gradi, come conquista, della comunicazione e ogni altra relazione che si stabilisce tra lo spettacolo e il pubblico, sono più in avanti di quanto generalmente lo spettacolo riesca a proporre”.
Attrezzati di grande voglia di vedere uno stile del tutto unico e di desiderio di oltrepassare i limiti del reale, vi invito ad andare a questo spettacolo: è comunque sempre un ottimo modo di passare una serata.
Diego Papadia
10 ottobre 2013