Panenka: quando un “cucchiaio”piegò la Germania
Nel manto erboso si staglia una maglia rossa, lunghi baffi e capelli lunghi. Sembra una rockstar mentre si allontana dal pallone piazzato ad 11 metri dalla porta avversaria. La rincorsa di Antonin Panenka è così lunga da scomparire dall’incerta inquadratura della Tv di Belgrado.
È il 1976, nella jugoslava ancora sotto il pugno di Tito, la Cecoslovacchia del blocco sovietico contende lo scettro di regina di Europa in finale alla Germania dell’Ovest, laureatasi campione del mondo solo due anni prima, nel 1974. I cechi non partono con i favori del pronostico ma in campo si muove tra le linee un giocatore dalla falcata particolare, il suo destro è di raffinata precisione.
Il risultato è incerto, nessuna delle squadre si arrende. Lo scontro non è solo sportivo ma, come accadrà spesso negli anni della guerra fredda, anche di importanza politica. Lo sport diviene terreno di contesa tra i blocchi, trionfo o sconfitta dei due modelli in lunga contesa.
Il match equilibrato finisce a reti inviolate, sarà il fato dei rigori a decidere la sorte dell’Europeo. Nello stadio della stella rossa di Belgrado, l’arbitro italiano Gonella è pronto a far partire la roulette dei calci piazzati dagli undici metri.
Rigore dopo rigore la parità persiste mentre la tensione diventa sempre più palpabile. I giocatori si presentano dal dischetto uno dopo l’altro insaccando in rete. Il destino dell’uomo è fallace e così d’improvviso il suo fato si materializza nell’errore di Hoeness, attaccante del Bayern Monaco e futuro presidente del club bavarese. Il tiro decisivo spetta proprio a quel giocatore dai baffi ciondolanti. Panenka sistema il pallone sul dischetto e si allontana. La rincorsa sembra infinita, lunga quanto il tempo di pensare ad una vita passata e al suo futuro, tanti passi quanti sono i passi di una carriera ma anche quanto serve per allontanare la paura di sbagliare per poi correre verso quel tremendo pallone che deciderà tutto.
Panenka calcia e non sa che quel suo colpo mai visto diventerà di diritto una leggenda del calcio mondiale. Il pallone si inarca e con una traiettoria arcuata, disegnando la forma arcobalenica della gioia del gol, sorprende tutti e si insacca in rete: è nato il tiro a “cucchiaio”, sberleffo temuto dai portieri, pennellata d’artista tentata dai fuoriclasse del calcio, arrogante condanna per i non predestinati dal Dio del calcio.
La Cecoslovacchia è campione d’Europa, la Germania dell’Ovest è piegata dal cucchiaio di Panenka che rivelerà anni dopo, colto dal brivido di quel gesto folle: “Se avessi sbagliato quel rigore, avrei passato gli ultimi trent’anni della mia vita a lavorare in una qualche fabbrica del mio Paese. Unico rimpianto? Non averlo brevettato”.