Ayrton Senna, il campione che non ci ha mai lasciati

Il 21 marzo del 1960, a San Paolo del Brasile, nasceva Ayrton Senna Da Silva. Il compianto campione brasiliano ha rappresentato per diverse generazioni il pilota più forte di tutti i tempi, sia per quelle generazioni che lo hanno vissuto, sia per quelle che non lo hanno vissuto e sono cresciute nel mito di questo personaggio storico negli anni immediatamente successivi alla sua morte. La prematura scomparsa di Ayrton il 1 maggio del 1994 a Imola ha per certi versi consacrato il processo di “divinizzazione” presso il pubblico di un campione già ai massimi vertici della popolarità negli anni precedenti al suo mortale incidente.

La grandezza di Senna è consistita nel saper dare nel momento giusto ben oltre il 100% del suo sforzo fisico e del limite di tenuta meccanica delle monoposto con cui gareggiava. A differenza di Gilles Villeneuve, non spremeva la vettura oltre il massimo per tutto l’arco della gara o delle qualifiche, ma concentrava il suo sforzo maggiore sempre nel momento chiave, in particolare in qualifica e nelle gare sul bagnato. La sua concentrazione in quei momenti fondamentali assomigliava ad una trance agonistica che aveva molto di spirituale, non per nulla Ayrton era un uomo molto credente, introverso, caratterialmente pasionario e allo stesso tempo dall’espressione il più delle volte triste, e queste caratteristiche caratteriali lo aiutavano ad estraniarsi completamente dal contesto che circondava lui e la sua vettura. Tutto ciò, unito ad una velocità innata, una sensibilità finissima e ad una precisione chirurgica, ha contribuito a costruire il mito della sua figura.
Non staremo qui a dilungarci se Ayrton Senna sia mai stato il più grande pilota di tutti i tempi, poiché paragonare piloti di epoche diverse con automobili di tecnologia diversa, è un giudizio impossibile da sentenziare e un esercizio fine a sé stesso che non renderebbe giustizia alle decine di campioni che si sono succeduti nel corso della storia. Sicuramente Ayrton Senna ha rappresentato il miglior pilota della sua generazione, insieme probabilmente, ad Alain Prost, il grande, odiato e riconciliato rivale.

I due corsero insieme da compagni di squadra nelle annate 1988 e 1989 con la Mclaren-Honda, giocandosi in entrambi i casi il mondiale, uno per il brasiliano e uno per il francese. Successivamente, per il 1990, Alain passò alla Ferrari in seguito alla lotta fratricida tra i due che aveva portato all’incidente di Suzuka, grazie al quale Prost vinse il mondiale 1989. Nel corso di quell’anno i rapporti tra i due campioni scesero al minimo storico, contribuendo a consacrare nell’immaginario collettivo una delle più grandi sfide tra due dei più grandi piloti di Formula 1. Nel 1990 il dualismo tra i due per il campionato andò avanti per culminare nell’incidente, sempre a Suzuka, che questa volta consentì a Senna di vincere il suo secondo mondiale. Anni dopo il brasiliano ammetterà di aver tamponato la Ferrari del francese volontariamente per vendicarsi dell’anno precedente e fino al Gran Premio di Australia del 1993 i rapporti tra i due resteranno freddi. Nel corso di quella gara, che fu l’ultima vittoria in Formula 1 di Ayrton, sul podio Senna tenderà una mano ad Alain alzando il braccio insieme a lui per dare il suo saluto al rivale che aveva da tempo annunciato il suo ritiro dalle corse. Alain Prost si ritirò dalla Formula 1 quello stesso anno da Campione del Mondo a 38 anni, un traguardo che pochissimi piloti sono riusciti a raggiungere. Il transalpino ha conquistato quattro mondiali (1985,1986,1989,1993) di cui i primi due con la Mclaren-Porsche, il terzo con la Mclaren-Honda contro Ayrton e l’ultimo con la Williams-Renault per un totale di 51 gare vinte. Di contro, Senna ha conquistato tre mondiali (1988,1990,1991) tutti con la Mclaren-Honda, di cui i primi due contro Alain per un totale di 41 gare vinte e 65 pole position, record battuto solo nel 2006 da Michael Schumacher e nel 2017 da Lewis Hamilton.

Il ritiro di Alain Prost dalle corse libera un sedile alla Williams-Renault, team che allora rappresentava il punto di riferimento della categoria e che Ayrton Senna aveva nel mirino da alcuni anni per tornare a vincere. Ma l’arrivo nel team anglo-francese sarà traumatico per il brasiliano: con il cambio di regole che aveva appena vietato diversi aiuti elettronici e le sospensioni attive, la Williams-Renault non è più una la monoposto docile e velocissima del 1993. La nuova FW16 del 1994 viene progettata prima dell’annunciato cambio regolamentare e pertanto modificata per soddisfare le nuove regole. Ma le modifiche mal si adattano ad un’auto concepita secondo filosofie progettuali diverse: ne scaturisce una monoposto scorbutica, imprevedibile nelle reazioni, difficile da portare al limite e da mantenere a quel livello per l’arco della gara. Senna non riesce a guidare la vettura come vorrebbe e impone alla Williams alcune modifiche, tra le quali una posizione di guida più ergonomica e meno costretta. Alla vigilia della gara di Imola le modifiche richieste vengono implementate intervenendo sul piantone dello sterzo. Sarà proprio questa componente, mal lavorata, a collassare e a cedere alla curva del Tamburello e a spedire la monoposto di Ayrton contro il muro.

Poco prima del via Ayrton aveva salutato in tv il suo vecchio rivale: “Alain mi manchi”. Nel giorno del funerale sarà proprio Alain a portare il feretro in spalla insieme a Rubens Barrichello, Emerson Fittipaldi, Gerhard Berger, Damon Hill, Jackie Stewart, Michele Alboreto, Thierry Boutsen ed altri piloti. Il funerale si rivelerà come un momento di commozione collettiva senza pari per una nazione intera. Il Brasile proclama tre giorni di lutto nazionale e il feretro del campione sfila su un camion dei pompieri per le vie di San Paolo, come fu per il presidente Tancredo Neves. Milioni di persone piangono e accorrono da tutto il paese, tutte le macchine suonano il clacson, c’è chi getta coriandoli dai viadotti e chi canta cori da stadio. In Avenida Morumbi campeggia una scritta: “Senna morto a Imola, il terzo mondo ringrazia il primo mondo”. E’ solo la disperazione e la rabbia di un paese che ha appena capito di aver perso il suo sportivo più rappresentativo, un paese che nelle sue enormi contraddizioni sociali e razziali, si ritrova unito nel dolore per il suo campione. Nel decennale della sua scomparsa nel 2004, Cesare Maria Mannucci, storico inviato di Autosprint, ripercorrendo quella giornata scriverà: “Senza Senna i brasiliani si sentono più poveri e più tristi, in un paese dove la tristezza è vissuta come il supremo dei mali”.

In quei tristi giorni Ayrton Senna entra nella mitologia in una dimensione quasi divina. La sua morte sarà seguita da importanti interventi in materia di sicurezza e per venti lunghi anni in Formula 1 non morirà più nessuno, fino al 5 ottobre 2014 quando a Suzuka avrà luogo l’incidente che si porterà via la vita di Jules Bianchi. In quel maledetto weekend del 1994 aveva perso la vita anche Roland Ratzenberger, debuttante pilota austriaco, aveva avuto un terribile incidente Rubens Barrichello, erano stati feriti alcuni meccanici al box Minardi, investiti da una monoposto e in seguito ad un incidente al via alcuni detriti avevano ferito alcuni spettatori. Il weekend più nero nella storia di questo sport. Forse è anche questo il lascito di Ayrton Senna: oltre alle sue maiuscole prestazioni in pista e sul bagnato, ci ha consegnato, ad un prezzo altissimo, un livello di sicurezza mai così alto in uno sport dove il pericolo è una precondizione in larga parte accettata da chi decide di prendervi parte.