Abramovich e Gazprom: l’amore finito tra gli oligarchi russi e la UEFA
Londra, una domenica d’autunno del 2007 tra le vie del lusso di Knightsbridge. Tra ville vittoriane e gli atelier dell’alta moda, Roman Abramovich e Boris Berezovsky si fronteggiano nelle vie dello shopping. Tra i due oligarchi russi la tensione è palpabile, non corre più buon sangue dopo una lunga amicizia. I rapporti sono ormai logori e una folla osserva incuriosita un nuvolo di guardie del corpo confrontarsi occupando minacciosamente l’intero marciapiede. Londograd, questo il nome ideato dalla stampa per definire l’egemonia dei magnati russi e gli ingenti investimenti di capitale arrivati da Mosca nella capitale inglese.
Oligarchi russi, imprenditori ex KGB, interessi e intrecci tra il Cremlino, il calcio e il nuovo oro, il gas. Follow the money, segui il denaro, è il noto claim del giornalismo investigativo dai tempi del Watergate. Nella storia il denaro ha trovato strade e percorsi mutevoli per alimentare il gioco del calcio. Rivoli opachi, investitori senza volto e tangenti.
Nel football contemporaneo il volto del calcio ha assunto le forme arabiche dei fondi sovrani, il verde dei dollari a stelle e strisce, ma soprattutto l’invisibile onnipresenza del gas russo. Un filo rosso che collega storie di potere, denaro e calcio all’ombra della Russia.
Poca burocrazia e controlli minimi: questa la ricetta che ha condotti i rubli russi dall’ombra del Cremlino alla City. Immobili, investimenti, lusso, una pioggia di denaro piove su Londra dall’orso russo. Abramovich insieme proprio a Berezovsky ha accumulato la sua fortuna grazie al colosso petrolifero Sibneft venduto nel 2002 a Gazprom per circa tredici miliardi di dollari.
L’anno dopo la vendita miliardaria delle sue quote societarie, Abramovich acquista nel 2003 la squadra dei blues di Londra con un investimento di circa sessanta milioni di sterline. L’oligarca russo farà le fortune del club londinese spendendo una fortuna e portandolo ai vertici della Premier League e del calcio europeo, con la vittoria delle due uniche Champions League della sua storia.
Dopo il Chelsea, altri club inglesi passeranno nelle mani di oligarchi russi iniettando nel campionato inglese forti liquidità di denaro. Il “Re dell’Acciaio” Alisher Usmanov compra il 30% delle quote di un’altra squadra di Londra, l’Arsenal, per poi rivendere successivamente le azioni dei gunners, rimanendo comunque legato alla Premier grazie alla sponsorship con l’Everton, i Toffees di Liverpool.
La pioggia di denaro investita per le fortune dei blues di Londra garantiranno ad Abramovich visibilità e la riconoscenza dei tifosi. Dentro lo stadio di Stamford Bridge i fan del Chelsea porranno in onore dell’oligarca una bandiera della Russia con la pomposa scritta in caratteri cirillici “Impero Romano”.
Con la guerra tra Russia e Ucraina ora le cose sembrano però essere destinate a cambiare, Il governo Jonhonson ha deciso di attuare misure eccezionali per colpire i patrimoni degli uomini d’affari russi legati direttamente o indirettamente a Putin, tra questi proprio il patron del Chelsea, Abramovich, non più in ogni caso cittadino inglese dal 2018, quando scaduto il visto britannico e rifiutatogli il rinnovo, ha ottenuto il passaporto israeliano in base alla c.d. “legge del ritorno”, sistema di garanzia legale per chi ha discendenza ebraica.
GAZPROM E UEFA: UN AMORE FINITO ALL’OMBRA DELLA GUERRA
Porto, finale della Champions League 2021. I blues di Londra sfidano il Manchester city in una finale tutta inglese. È il 42 esimo quando Kai Havertz segna il gol decisivo per il Chelsea. Il tedesco di Aquisgrana classe 1999 esulta scivolando sull’erba del do Drogao mentre alle sue spalle si illuminano i cartelloni pubblicitari. Spicca, dietro all’attaccante scuola Leverkusen, il marchio bianco e celeste che milioni di spettatori vedranno in tutto il mondo, Gazprom.
Gazprom è il colosso dell’energia russo con una forte partecipazione statale e strettamente legato alla geopolitica energetica del Cremlino. La società, la più grande al mondo nel campo della vendita del gas, ha acquisito un ruolo chiave anche nel mondo del calcio.
Con sede centrale a San Pietroburgo, nel 2005 ha acquisito la squadra della città, lo Zenit, portandolo alla ribalta europea a suon di investimenti, tra questi il finanziamento del nuovo stadio cittadino, la Gazprom Arena. Non solo denaro, ma anche la struttura dirigenziale dello Zenit è stata impiantata direttamente dal management di Gazprom. Caso emblematico quello di Alexander Medvedev, attuale direttore generale ed ex membro del board Gazprom.
La società Gazprom ha investito in modo massiccio e su larga scala nel mondo del pallone, stringendo partnership con lo Schalke04, Chelsea, Stella Rossa ma soprattutto con la UEFA. Un affare quello della sponsorizzazione della Champions League da capogiro, 40 milioni annui versati dalla società russa nelle tasche della federazione del calcio europeo.
Il legame tra Gazprom e la UEFA non sarebbe soltanto economico ma si spingerebbe fino alla stessa gestione politica della federazione. Tale legame ha il nome di Alexander Dyukov. Eletto a capo della federazione di calcio russa (FUR) nel 2019, Dyukov è divenuto nel 2021 membro della Uefa executive committee. Presidente dello Zenit dal 2008 al 2017, anche lui ha un passato dirigenziale all’interno della Gazprom., avendo ricoperto incarichi dirigenziali nella società russa.
La partnership con Gazprom, ora interrotta dalla UEFA dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, secondo il professore di geopolitica economica dello sport, Simon Chadwick, rappresenterebbe un intenso fenomeno di sportwashing: “Generalmente per questo tipo di accordi ci aspetteremo una normale sponsorizzazione B2C. Una comunicazione diretta al consumatore, ma per il gas è diverso. Si tratta di una sponsorizzazione di altra natura L’accordo” piega Chadwik ”serve a Gazprom per legittimarsi e legittimare le proprie attività”.
Il conflitto in Ucraina sembra ora aver cambiato le carte in tavola nei rapporti tra calcio e Gazprom. L’Uefa ha annunciato la fine della collaborazione con lo sponsor russo attiva dal 2012 e lo Schalke04, club tedesco della Ruhr, ha deciso di non rinnovare e terminare la sponsorizzazione con il colosso del gas di San Pietroburgo. Dopo un lungo amore sembra ora finita l’era degli oligarchi nel mondo del calcio europeo.