Niki Lauda, il computer della Formula Uno

1° agosto 1976, decimo Gran Premio stagionale, circuito del Nurburgring Nordschleife altrimenti detto “l’Inferno verde”.
Il circuito era stato fatto costruire nel 1925 dall’Imperatore Francesco Giuseppe e disegnato per diventare il più difficile del mondo. I suoi ventidue chilometri si snodavano in mezzo ad un bosco di abeti altissimi con 172 curve e molteplici dossi pericolosi per la velocità delle auto di Formula 1 moderne.
Di questo Niki Lauda era consapevole e, proprio il venerdì prima della gara, aveva discusso con i colleghi della pericolosità del circuito che aumentava i rischi se, come si prevedeva, sarebbe scesa la pioggia e, cosa comune all’epoca, il circuito era difficilmente raggiungibile dai commissari di gara e gli addetti alla sicurezza, tutti male equipaggiati.
Dopo aver sbagliato la partenza, dietro alla pole di James Hunt, Lauda si ritrovò ottavo e decise di tornare ai box per cambiare le gomme da pioggia con le slick. Al secondo giro, complice la non perfetta temperatura delle gomme, l’austriaco toccò il cordolo a sinistra della curva Bergwerk che sbilanciò l’auto. La Ferrari 312 T del Campione del Mondo in carica sbandò ed andò a colpire il guard rail sulla sua destra ritrovandosi in mezzo alla carreggiata già in fiamme.

Dietro di lui arrivarono le due Hesketh di Edwards e Ertl la cui auto colpì, centrandola, la Ferrari di Lauda a cui, per la violenza dell’urto, volò il casco. Stessa sorte per l’accorrente Surtees di Lunger che centrò la Ferrari in fiamme.
Ertl, Lunger e Merzario furono i primi a portare soccorso all’austriaco che però era imprigionato dalle cinture di sicurezza ma Merzario, forte della sua esperienza in Ferrari, riuscì a liberarlo e forse la sua tempestività gli salvò la vita.
Trasportato, prima in diversi ospedali, al nosocomio di Mannehim, specializzato per grandi ustionati, Lauda stette tra la vita e la morte per quattro giorni.
Il problema non erano le ustioni, che gli avevano sfigurato il volto, ma il magnesio che aveva respirato e che gli aveva avvelenato i polmoni.
Forte come un leone “The Rat”, come era soprannominato dai suoi detrattori, voleva vivere e voleva ricominciare a correre.
Sotto le cure di Willi Dungl l’austriaco riprese la sua forma fisica e dopo soli 44 giorni dallo spaventoso incidente del Nurburgring tornò in pista per il Gran Premio d’Italia tra lo sconcerto e la sorpresa degli addetti ai lavori.
Lauda voleva difendere il suo primato, consapevole comunque che, come dichiarò “E’ il mio primo Gran Premio dopo l’incidente, Io mi sento pronto al 100 per cento ma è un mese che non salgo su una vettura di F1 e non so quale possa essere il mio rendimento”.
Tagliò il traguardo al quarto posto, osannato dal pubblico ferrarista come il vincitore della gara, per la prima volta il “computer” Lauda si lasciò andare, con le bende insanguinate, alla tenerezza dell’abbraccio dei suoi tifosi.

L’ultima gara del campionato del 1976 si svolgeva a Fuji, alle pendici del monte omonimo, dal clima caratterizzato da piogge violente ed abbondanti.
La mattina della gara si abbatté una tempesta di pioggia e Lauda, come appartenente alla commissione F1 si spese per cancellare il gran premio. Ad appoggiarlo furono Jarier, Fittipaldi e Pace.
Di tutt’altro parere James Hunt, che sarebbe stato penalizzato dall’annullamento che avrebbe visto invece Lauda bissare il titolo.
Alla fine decise tutto il capo della FOCA (associazione britannica dei team di Formula 1), Bernie Ecclestone che propose di spostare l’inizio della gara e di renderla valida sulla metà dei giri previsti.
Lauda si ritirò al secondo giro – “La Ferrari non mi paga per ammazzarmi” – e James Hunt si laureò Campione del Mondo 1976.
L’austriaco bissò il suo titolo nel 1977 conquistandolo con un quarto posto nel Gran Premio di Watkins Glen, Stati Uniti ma il secondo titolo segnò anche il divorzio da Ferrari.
Arrivato da sconosciuto alla corte del Grande Vecchio e su suggerimento di Clay Regazzoni, che tanto si pentì di averlo sottovalutato, Lauda, per la sua passione per i motori aveva chiuso i rapporti con la sua famiglia di imprenditori i quali lo vedevano come un successore per gli affari di famiglia ma non come un pilota.
Si indebitò fino all’inverosimile per pagarsi la partecipazione a campionati minori fino a giungere alla scuderia a cui tutti ambivano, la Ferrari.
Per Enzo Ferrari, poco contava il pilota, il suo desiderio era sempre stato quello di mettere al primo posto la macchina, il suo gioiello che tanti amavano e invidiavano.
I piloti, eccetto rare eccezioni, erano l’elemento umano per metterla in mostra.
Ma Lauda si era messo in mostra non per le sue azioni spericolate che tanto piacevano al pubblico della F1, quanto per la sua capacità di leggere ed ascoltare il motore.
Quando, forte dei suoi due titoli, pretese come conditio sine qua non, di rivoluzionare lo staff tecnico, capo compreso e di aumentare il suo ingaggio, fu chiaro a tutti che il divorzio era ormai alle porte.

Lauda scelse la Brabham per il campionato del 1978, che vide la Ferrari trionfare ancora con Jody Scheckter, e fu un disastro.
Dopo la prima gara del campionato del 1979 The Rat dichiarò il suo ritiro dalle corse perché “trovo stupido girare in tondo su una pista”.
Parallelamente alla Formula 1 Lauda coltivò la passione per il volo e, dopo il brevetto da pilota di aerei, fondò la Lauda Air che inizialmente offriva solo voli regionali per poi passare, con l’appoggio di Lufthansa, ad invadere come competitor il mercato nazionale austriaco.
Il marchio Lauda fu ritirato quando le azioni vennero acquistate dall’Austrian Airlines, sotto la spinta del governo austriaco, e il Campione creò prima la compagnia Niki ed in seguito la Laudamotion.
Ma il richiamo delle corse lo portò ad annunciare il suo ritorno al campionato del 1982 con la scuderia McLaren, stagione che lo vide chiudere al quarto posto.
Il 1984, dopo un campionato al cardiopalma, regalò il terzo titolo al pilota austriaco che riuscì a battere di mezzo punto (!) il suo rivale Alain Prost e l’anno successivo Lauda annuncerà il suo definitivo ritiro dalle corse per dedicarsi alla sua linea aerea.
Nel 1993 torna alla Ferrari, chiamato dal suo amico Luca Cordero di Montezemolo, come consulente. Stessa figura che ricoprirà alla Jaguar ma lo strascico velenoso del Nurbrurgring si era già palesato malignamente, nel 1997 riceve un rene da suo fratello Florian e successivamente nel 2005 da sua moglie Birgit.
Nel 2018 subisce un delicato intervento di trapianto di polmone.
Niki Lauda si spegne a Zurigo il 20 maggio 2019.
Il 29 maggio 2019, in un giorno di pioggia, presso il Duomo di Vienna si svolgono i funerali del tre volte Campione del Mondo di Formula 1, con un fiume di gente accorsa per rendergli omaggio.
Vestito, come da suo desiderio, con la tuta della Ferrari con la quale vinse i campionati del 1975 e 1977, se ne è andato il Campione che sconfisse la morte.
“Il circus della Formula 1 è un mondo di feroce competizione. Le persone che vi partecipano sono concentrate sulla loro performance e non c’è spazio per le amicizie vere”
Andreas Nicolas Lauda