Plogging: dalla Svezia all’Italia il movimento “altruista”, che fa bene a chi lo fa e all’ambiente

Si chiama “plogging” e definisce una forma di connubio tra sport e tutela dell’ambiente, unendo la corsa alla raccolta dei rifiuti abbandonati lungo il percorso. Lo ha immaginato e messo in pratica per primo nel 2016 lo svedese Erik Ahlström, che lo ha lanciato sul social Instagram, subito imitato da molti. Un’idea vincente e infatti divenuta presto popolare, vero e proprio fenomeno green, seguito in oltre 40 Paesi in tutto il mondo, praticato da oltre 20.000 persone ogni giorno, tanto da approdare alla United Nations Environment Programme. Da semplice atto individuale a movimento planetario: Ahlström, trasferitosi a Stoccolma dalla città natale, una piccola comunità sciistica nel nord della Svezia, scioccato dall’enorme quantità di rifiuti sparsi in giro per la città decide di passare all’azione impegnandosi personalmente per contribuire alla risoluzione del problema attraverso quello che sapeva e amava fare: correre. Il termine che definisce questa pratica deriva infatti dall’unione del verbo svedese “att plocka upp” (raccogliere) e l’inglese “jogging”, anche se nelle intenzioni dello stesso fondatore e poi anche di chi ne seguirà le orme, la pulizia dell’ambiente può avvenire non soltanto mentre si corre, ma mentre si fa qualunque tipo di attività fisica. Basta munirsi di scarpe da ginnastica, maglietta e pantaloncini sportivi, guanti e borse per la raccolta dei rifiuti. Durante l’attività si raccoglie la spazzatura incontrata sul percorso, per poi depositare il tutto in un punto prefissato e condividerne i risultati sui social con l’hashtag #plogging, prima di smaltire il tutto negli appositi punti di raccolta.
Le 5 ragioni per farlo
Sebbene sia abbastanza intuibile cosa ci sia dietro al movimento, i suoi fondatori si sono premurati di elencare almeno 5 motivi che dovrebbero indurci a praticare il “plogging”. Innanzitutto l’innegabile apporto che una attività fisica regolare reca al benessere del nostro corpo e della nostra mente e questa attività in particolare: secondo i calcoli dell‘app dedicata al fitness Lifesum, infatti, in 30 minuti di plogging si possono bruciare in media 50 calorie in più rispetto a quelle bruciate facendo il tradizionale jogging (288 calorie contro 235). E i movimenti effettuati per raccogliere i rifiuti, se eseguiti nel modo corretto (mantenendo la schiena dritta e abbassandosi sulle ginocchia) consentono di fare lo squat, esercizio fondamentale per la tonificazione muscolare. Poi, il contributo che è possibile in questo modo offrire per diminuire la quantità di plastica dal terreno e conseguentemente dalle acque (tutti sappiamo ormai quante centinaia di anni impiega una bottiglia di plastica a disperdersi nell’ambiente). Al terzo posto la tutela della salute degli animali selvatici che spesso ingeriscono rifiuti per loro tossici e che comunque inquinano il loro habitat. A seguire una ragione “economica”, ravvisata nella possibile diminuzione dei costi per la pulizia del territorio. Infine, il degrado ambientale ispirerebbe comportamenti antisociali; al contrario, un ambiente reso e mantenuto più sano dagli stessi che lo vivono e lo abitano condurrebbe decisamente ad una società migliore.
Social e hashtag
Nato sui social è qui che sta anche crescendo e coinvolgendo un sempre maggior numero di persone. Anche se altre associazioni e organizzazioni promuovono dai loro siti nei diversi Paesi il “plogging” come movimento di difesa dell’ambiente contribuendo alla conoscenza di questa buona pratica socio-sportiva, sono gli sportivi stessi che attraverso hashtag come #plogging – che su Instragram ha infatti raggiunto oggi oltre 203mila post ed è in costante crescita – o come #plogga o #plogging seguito dal nome del posto in cui sta svolgendo l’attività, suscitano curiosità e fanno proselitismo attorno al movimento. La cui idea di fondo è quella di portare un numero crescente di persone a sviluppare una sorta di riflesso condizionato, che dovrebbe indurle a mai più ignorare, mentre fanno sport all’aperto, qualunque tipo di rifiuto presente sul terreno, ma anzi venendo loro “naturale” chinarsi a raccoglierlo. Farlo. E farlo insieme: la cosa bella è che oggi il plogging è ovunque. Basta geolocalizzarsi e trovare i gruppi che lo praticano vicino a noi.
Il plogging, l’Italia e il campionato mondiale di Ottobre
Il nostro Paese è stato tra i più attivi nel raccogliere il testimone dallo sportivo svedese, e l’entusiasmo è cresciuto tanto da dare vita proprio qui, in Piemonte, alla prima edizione del Campionato Mondiale di Plogging nei giorni 1-2-3 ottobre 2021, in Val Pellice, ideato da Aica (Associazione Internazionale per la comunicazione ambientale) ed ERICA soc. coop. Un’edizione-pilota si era svolta nel 2020 e aveva visto l’iscrizione di 217 atleti che nei 3 giorni di gara avevano corso per un totale di 317 ore, percorrendo 1558 km per 64081 metri di dislivello complessivi e raccogliendo in totale 204,5 kg di rifiuti, con un risparmio di CO2 di circa 240 kg. Alla manifestazione saranno ammessi 100 concorrenti che oltre a contendersi il titolo, saranno gli ambassador presso gli sportivi dell’attenzione ai temi dell’ecologia anche in questo ambiente. Vincerà il Campionato l’atleta che avrà accumulato più punti, derivanti dalla somma della distanza percorsa, del dislivello positivo superato e dei rifiuti raccolti in CO2 equivalente e sottraendo l’eventuale tempo inferiore al tempo massimo stabilito, che per i mondiali è 8 ore. Ai concorrenti saranno consegnati sacchi dotati di microchip nei quali inserire i rifiuti raccolti per la valutazione da parte della Giuria. Non è previsto un percorso obbligato, potendosi gli atleti muoversi liberamente all’interno del campo di gara, i cui confini saranno comunicati solo il giorno precedente la gara. Per gli atleti professionisti la selezione per il Campionato si compie attraverso alcune gare qualificanti (TMT, Trail EDF Cenis Tour, Alpe Adria Trail, TorX), mentre per i runner amatoriali si apre una nuova sfida, virtuale e diffusa. Tale #ploggingchallenge selezionerà i 30 runner che prenderanno parte al Campionato, sfidando i professionisti e le professioniste della disciplina. Dopo essersi registrati sul sito e aver creato il proprio profilo personale, inserendo ogni sessione di allenamento effettuata, sarà necessario caricare una foto delle specifiche tecniche del percorso effettuato (distanza percorsa, dislivello e tempo impiegato) e una foto dei rifiuti raccolti, posti ordinatamente per agevolare il conteggio della CO2 non emessa in atmosfera da parte degli organizzatori. A seguito di ogni sessione verrà poi assegnato al corridore un punteggio, che dipenderà da queste specifiche, e che permetterà di creare una classifica parziale aggiornata regolarmente. Al termine della fase di selezione, il 5 settembre, saranno resi noti i nomi dei 30 runner che si sono aggiudicati un pettorale, e potranno così partecipare al Campionato Mondiale il mese successivo insieme ai qualificati tramite le gare precedenti. Inoltre, ogni sessione individuale verrà conteggiata come azione di plogging all’interno della campagna europea di sensibilizzazione Let’s Clean Up Europe, riconoscendo così l’impegno di ciascuno verso la salvaguardia dell’ambiente.
Un circolo virtuoso
Al successo del movimento del plogging hanno contribuito diversi fattori, come la crescente attenzione verso i temi dell’ecologia, la tensione verso un più salutare stile di vita, la moda della pratica dello jogging, ma anche la semplicità legata alle modalità di adesione a questa pratica sportiva, che se da un lato si caratterizza come tutti gli sport per sacrificio, sforzo e costanza, dall’altro si ammanta anche di significativi di solidarietà, empatia e comunione di intenti condivisi con gli altri praticanti la disciplina. Ovunque stanno nascendo movimenti o gruppi che legano corsa ed ecologia. Dalla Plogging Fitrunsports, nata in Francia con l’obiettivo di correre ripulendo le città, al sito Goplogging, che raccoglie testimonianze di plogging da tutto il mondo, alla KCR-Keep Clean and Run, fondata dall’ecoatleta italiano Roberto Cavallo: 730 km di sport green. La settima edizione si è svolta ad aprile 2021, lungo 416 chilometri da Montignoso a Rimini. Cavallo, dopo aver attraversato l’Italia di corsa e in bicicletta, raccolto tonnellate di rifiuti abbandonati e sensibilizzato migliaia di persone sulla necessità di curare il proprio territorio e di lottare contro il degrado e l’abbandono dei piccoli rifiuti nell’ambiente, quei rifiuti che dall’entroterra arrivano al mare e causano circa il 70% del problema del marine littering, ha anche lanciato una campagna di crowdfunding per la realizzazione del docu-film sul plogging più lungo del mondo, che racconterà la sesta edizione 2020 quando KCR aveva attraversato i luoghi della Prima Guerra Mondiale da Cortina d’Ampezzo a Trieste, passando per Caporetto, con il motto: “Un luogo pulito è in Pace, un luogo sporco è in guerra”. L’obiettivo è raggiungere attraverso lo strumento del cinema un pubblico ampio di spettatori da sensibilizzare al contrasto dell’abbandono di rifiuti nell’ambiente. Il trailer del docu-film è online, mentre è possibile sostenere il progetto con una donazione sulla piattaforma Rete del Dono.
Sport ed Ecologia: una rivoluzione dei piccoli passi
La diffusione del “plogging” è l’ennesima testimonianza di come anche nel mondo sportivo sia sempre più diffusa la consapevolezza di poter avere un ruolo decisivo nella promozione di valori e principi importanti per la sostenibilità ambientale. Aumenta il numero di campioni in varie discipline dello sport che si esprimono (e agiscono) in difesa dell’ambiente, spronando il pubblico a fare altrettanto, mentre quello del plogging è un esempio di come tutti, nella loro quotidianità, possano unire alla pratica sportiva l’obiettivo di salvaguardare il Pianeta, perseguendo un ideale di benessere di cui l’ambiente è un alleato, diventando agenti del cambiamento che, a forza di piccoli passi, a volte “di corsa”, stanno cambiando le carte in tavola.