Carlo Airoldi, il Forrest Gump


Carlo Airoldi, nato nel 1869 a Origgio, ai tempi un piccolo borgo immerso nella campagna che cinturava per chilometri e chilometri Milano, è stato probabilmente il primo maratoneta italiano. Podista per passione, Carlo era uno che sognava correndo come dico in un brano che a lui ho dedicato e la sua è una storia ben più incredibile di quella raccontata nel bellissimo film di Tom Hanks Forrest Gump, soprattutto perché realmente accaduta.
Le prime Olimpiadi della storia moderna
Nel 1896 Carlo viene a sapere che ad Atene sarebbe stata organizzata la prima edizione moderna dei Giochi Olimpici e che la maratona, una corsa di 42 km, sarebbe stata la disciplina regina. Lui vuole ovviamente parteciparvi a tutti i costi, ma essendo povero in canna, non ha i soldi per pagare la nave che lo avrebbe portato in Grecia. Bisogna infatti ricordarsi che a quell’epoca i Fratelli Wright non avevano ancora inventato l’aeroplano.
Essendo un uomo dotato di grande spirito d’iniziativa, pensa quindi di proporre a una rivista di viaggi di finanziarlo in questo viaggio, rigorosamente a piedi, da Milano ad Atene, in cambio di un minuzioso reportage di tutte le tappe. Non si deve dimenticare che i 2.200 km che separavano le due città volevano dire per l’epoca l’attraversamento di 3 mondi: l’Italia, che all’epoca era ancora un regno, l’impero austriaco e quello ottomano. Sappiamo addirittura che passando per i Balcani, il povero Carlo viene pure aggredito e rapinato da un gruppo di gitani. Grazie all’aiuto del sindaco di Ragusa, l’odierna Dubrovnik, tradizionalmente in buone relazioni con l’Italia, riesce a fare l’ultimo pezzo di strada in barca raggiungendo finalmente Atene.
Ma giunto sul posto, ha un’amarissima scoperta. Per un banalissimo vizio di forma non può prendere parte a quella gara. Quando gli vien chiesto che mestiere faccia, infatti, lui risponde ingenuamente il maratoneta, lasciando trasparire che si tratti di un professionista e quella, ieri come oggi, è una competizione riservata a dilettanti.
A posteriori si trattò probabilmente di un’ingiustizia meditata dagli organizzatori per favorire l’atleta di casa Spiridon Louis.
Carlo viene rispedito quindi a casa, probabilmente di nuovo a piedi.
Il triste epilogo della vita di Carlo Airoldi
Carlo entra pienamente nel novero di quelli che io chiamo gli eroi tristi, i miei preferiti, ossia quelli che perdono con dignità, quelli a cui nemmeno la storia ha concesso il gusto della rivincita. Carlo Airoldi pare infatti del tutto dimenticato nell’epica di uno sport che ha saputo riscoprire la vicenda di Dorando Petri, che vinse la maratona nell’Olimpiade successiva di Londra e, seppur squalificato per delle presunte irregolarità, venne comunque premiato dalla Regina che si commosse di fronte al suo eroico sforzo, oppure quella di Abebe Bikila, che trionfò scalzo a Roma nel 1960.
Carlo Airoldi prosegue la carriera nel mondo sportivo, ma il destino pare ancora remare contro di lui facendolo trovare puntualmente nel posto giusto al momento sbagliato. Diventa infatti il preparatore atletico di Eberardo Pavesi, pioniere del ciclismo italiano e futuro allenatore del grande Gino Bartali alla Legnano, ma abbandona la squadra proprio pochi mesi prima che il campione toscano venga messo sotto contratto.
Carlo muore nel 1929 a Milano e viene seppellito in una fossa comune di cui ad oggi si sono perse le tracce.