Voglia di mare globalist style
Tra roghi e fiamme ben annunciati si consumano gli ultimi scampoli di ferie degli umani. Terrestri di nord e sud, est ed ovest fa lo stesso, il meteo è democratico e universalista. Il bacio bollente e traditore di “Giuda” ha voltato la faccia per inchinarsi al più temibile anticiclone “Lucifero” che ha aperto le porte dell’agosto come a quelle dell’inferno. “Prego accomodatevi, qui saranno lavati tutti “li peccata” vostri”. Sembra di capire che ce l’ha con quelli di Mafia Capitale, sperando ardentemente che nelle celle di certi signori sia saltato l’impianto di condizionamento dell’aria.
Metafore al vetriolo, con luglio ormai alle spalle resta agosto il mese gemello di illusoria libertà, di vincolata obbedienza al calendario di chiusura di fabbriche e uffici sancito da quella “magna charta” che è lo Statuto dei lavoratori, costringendo quella fetta di italiani che ancora reggono l’impalcatura economica del Paese a preparare, volenti o nolenti, le valigie.
Chi non possiede la seconda casa si affida al trip advisor per una quindicina di giorni (il british “fortnight”) presso alberghi e pensioni che ti corrono dietro con offerte che non si possono rifiutare. Per sottrarsi all’afa corre l’obbligo della “partenza intelligente”. E siccome tutti sono (più o meno) intelligenti, eccoli ritrovarsi allineati (in fila per sei col resto di due) in coda sull’autostrada ai primi albori del mattino o appena dopo il tramonto. Eppur felici, borsa frigo a portata di mano, pregustano il momento di potersi liberare degli abiti sudaticci e offrire gli esangui rotoli di ciccia al sole che fiotta senza pietà, affetto da “coronite” infiammatoria.
Non importa se l’arenile sarà un campo di battaglia all’ultimo lettino, gomito a gomito, coscia a coscia, unti e bisunti di creme solari prese al volo prima di partire dagli scaffali del discount. Non importa se i soliti schizzomaniaci, nella rincorsa collettiva verso l’acqua, ti insabbieranno il corpo come alici nel pangrattato pronte per la frittura.
L’importante è aver conquistato una postazione, ognuno con l’ occhio fisso sul suo cellulare reiterando l’ossessione della normalità quotidiana.”Ti piace il mio bikini, amò..?”. “Scusa, ma c’ho ‘na chiamata sotto…”.
E l’amore suo non vedrà mai quel bikini rosa shocking acquistato dal cinese col filo inter*nale, né il colore di un orizzonte marino.
Turisti dell’usa e getta, quelli del last minute, i pendolari del week-end che dalle periferie urbane non sanno dove sbattere la testa per un po’ di refrigerio, quelli che hanno un percorso obbligato verso la spiaggia più a portata di tasche, verso l’acqua liberatoria che li accoglie senza limiti di età, di sesso, di razza.
Bengodi pensionistico
C’è chi invece, ormai liberato dai vincoli del lavoro, immemore della Fornero e degli esodati, se ne fugge via, via dalle “amate sponde” per rifugiarsi vita natural durante su qualche accogliente isola delle Canarie dove, con una pur modesta pensione esentasse, può spassarsela da signore tra cenette romantiche a suon di nacchere, racimolando anche qualche gruzzolo per il futuro dei figli. Ma, dietro l’angolo, il giustiziere Zorro – alias Tito Boeri presidente Inps – sta già lavorando col suo pallottoliere per far quadrare i passivi dell’Istituto previdenziale provocati dai paradisi del Bengodi pensionistico.
Altri ancora si spingono verso certi sperduti atolli della Polinesia. Là saranno dimenticate tutte le ambasce del colesterolo, coi pesci vivi che ti saltano in bocca, il riso condito col succo delle noci di cocco, il mare adamantino, le spiagge rosa di coralli e madrepore. Lì ci si abituerà al solo rumore dello sciabordio dell’onda, all’illusione di poter vivere cent’anni di… solitudine, novelli Robinson che la notte sogneranno il traffico delle metropoli e il panino imbottito di grassi saturi della McDonald. Che fare? Tornare a vivere nel mondo impazzito o restare nello splendido isolamento a contatto con la natura e con il “buon selvaggio” che ti porta la colazione a letto su foglie di banano? Solo un rischio è in agguato, quello della terribile onda, lo tsunami che quando arriva non te la manda a dire col What’sApp.
Il treno di settembre
Il popolo dei vacanzieri guarda a settembre come al mese in cui tutti i problemi lasciati alle spalle troveranno una soluzione. Il dentista? A settembre. Tanto, prima di allora, starà veleggiando sulla sua barca, irraggiungibile al richiamo del molare impazzito. Le analisi di controllo, la dieta, la rimpatriata con gli amici? A settembre. E la visita rimandata da tempo a nonna Adelina (quella col “dolore al ginocchio” della pubblicità tv)? A settembre, meglio ad ottobre quando l’aria si sarà rinfrescata. Tanto vive con la scrupolosa badante ucraina che si prende cura di lei. Fino allora basta qualche telefonata. Ogni cosa ha il suo tempo, non lo raccomanda l’Ecclesiaste?
Estate, voglia di leggerezza, coi problemi lavati dall’acqua di mare. Vietati i discorsi pesanti se non il gossip di gruppo sulla spiaggia all’ora del tramonto. Ritorno a casa pensoso e un po’ penoso da eritemi irrisolti, con le bollette energetiche che spiano dietro l’angolo il tuo arrivo, più aggressive di Giuda e Lucifero. Ci attende, immancabile, lo sventolio sotto gli occhi ancora addormentati della ripresina economica e qualche sorpresina.
Ecco il piccolo supermercato sotto casa chiuso non per ferie ma per sempre, seguito a ruota da una serie di esercizi commerciali. A Roma, una dopo l’altra hanno chiuso le più gloriose librerie del centro storico, meta dei migliori spiriti intellettuali della Capitale. Saracinesche tristemente abbassate, non ce la fanno a pagare le tasse. E se ne servono i graffitari per dare sfogo alle loro creazioni.
Parola d’ordine: sopravvivenza. Dovremo anche abituarci al razionamento dell’acqua? I noti “cervelli” dell’amministrazione comunale (che magari fossero “in fuga” dal suolo capitolino!) rimandano la vexata quaestio con tutto comodo al mese di…indovina indovinello… settembre. Battutina consolatoria e un po’ masochista: Sapevate che lavarsi troppo fa male alla pelle?