Italia urlata e paese senza voce
Mica che non allettasse una rivoluzione. In giro, tastando il polso della gente, quella che ha tutti i problemi sulle spalle, quella che non si mette a ragionare troppo per il sottile, quella che non vede altra via d’uscita dall’impasse di un sistema corrotto e vessatorio di ogni diritto democratico, ebbene quella stessa gente invocava : “Ci vorrebbe una rivoluzione!”.
E il guru della rivoluzione è arrivato, come un messia salvatore, come il sostenitore delle istanze di ognuno di noi, sventolando la bandiera del rinnovamento totale, dello scardinamento di quei pilastri fradici di veleni.
Poi, con l’euforia della vittoria e delle promesse fascinose, il manipolo eletto che ci rappresenta in tutta la pluralità delle categorie sociali, si fa avanti. Al vederli, siamo noi stessi che ci appropriamo delle sacre stanze del potere. Per ora, è stata solo l’entrata in un albergo romano: un po’ alla rinfusa, senza troppo concedersi ai flashes, silenziosi e determinati. Bisogna prima darsi una sistematina, guardarsi attorno, concertare sul da farsi, acclimatarsi. La rivoluzione ha da venire. E sarà una rivoluzione silenziosa e sistematica dopo le urla della piazza. Non per niente siamo ormai un partito. Così il primo impatto.
Il guru dalle chiome sgualcite sugli occhi, che affianca come un alter ego l’urlatore, consiglia l’apartheid. Si procede soli, nessun accrocco. Vogliamo restare puri. Già, puri! Il tempo stringe. Siamo orfani di governo. Oggi Grillo ribadisce con veemenza che non darà mai la fiducia a coloro che hanno mandato il Paese in rovina, soprattutto per non tradire chi li ha votati. Vediamo cosa si diranno con Napolitano. Si prenderanno per i capelli? Forse solo l’anziano Presidente avrà la meglio sulla folta capigliatura dell’avversario.
Un’amica belga ci dice: “In Belgio siamo stati due anni senza governo e mai siamo stati così bene!”. Beh, lì le cose sono un tantino differenti, non c’è un’economia malconcia come la nostra… Loro stanno nel cuore strategico dell’ Europa e inseriti pure bene, con le esportazioni a gonfie vele e le piccole e medie imprese fiorenti. Qui ci stanno declassando poco a poco, ora ci si è messa pure un’altra Agenzia di rating, la Fitch, non bastavano la Moody’s e la Standard & Poor’s. Questa Fitch si è allineata e ci fa retrocedere da A- a BBB+, recessione quasi in fondo al pozzo, insieme ai Paesi del terzo mondo. Le nostre ambiguità elettorali ci fanno affondare. Preoccupiamoci.
Mentre il Cavaliere afflitto da una seria infermità della vista perde momentaneamente la sua grinta di guerriero, suscitando la comprensione pietosa e tutta femminile anche di chi non perdonava i suoi errori, dall’altra parte la debolezza della sinistra, l’inesistenza di un centro e l’incorruttibilità dei nuovi rivoluzionari pongono il Paese in un limbo di attesa. Andare a nuove elezioni? Non hanno capito che noi cittadini recalcitriamo al solo pensiero di nuove urne. Sarebbe una spesa aggiuntiva per la borsa pubblica e con risultati non molto dissimili dai precedenti.
E se vogliamo dare un’occhiata al futuro dei “ revolucionari”, basterebbe rispolverare il libro di Orwell “La fattoria degli animali”. Certi “antropomorfismi” non sono poi tanto romanzeschi. Basta con le chiacchiere e le polemiche da talk-show. Il cittadino è stufo di attendere. Non abbiamo società in Costa Rica… e nemmeno un autista che guidi la nostra utilitaria.
Angela Grazia Arcuri
Roma, 11 marzo 2013