Bentornata democrazia?
La Bellezza salverà il mondo, disse Dostoevskij. Qualcun altro parlò di Poesia. In Italia ci sono sia bellezza che poesia … quindi stiamo a cavallo.
Appena confortati dal presupposto ormai chimerico , che offre rifugio alla speranza di coloro che ripongono le sorti di un Paese nell’alimento culturale, ecco che una cosa strana sta accadendo, ora che le luci fioche di un Natale 2012 si sono appena spente.
Come è sempre nello spirito di questa rubrica, ci piace cogliere le atmosfere del momento, tra le persone comuni, quelle che compongono e costruiscono all’oscuro il tessuto della nazione. Ora, questa è la percezione diffusa che si va registrando: la gente è con le gomme a terra, spompata. Dopo dodici mesi di eventi destabilizzanti sotto ogni profilo, l’anno si è concluso con lo sbocco naturale e tanto desiderato. Sciolta la pastoia di un governo tecnico, “siam giunti a Betlemme”, finalmente verso la riappropriazione di un diritto costituzionale che tanto ci mancava.
Non s’è fatto altro durante l’anno che invocare il ritorno della politica, quella politica che è cosa nostra (con la “c” minuscola!), cosa del cittadino che se ne sentiva privato come di una mano, come del cervello, come delle gambe. Finalmente la democrazia è salva. Ma… meglio un punto interrogativo?
Ora che la Politica riprende il suo ruolo legittimo, la gente resta nell’indifferenza, nella pericolosa rassegnazione di chi non ha più forza per combattere, senza punti di riferimento. Le batoste sono state pesanti e ci hanno fiaccato assai, nella prospettiva di un futuro prossimo in cui la vecchia generazione ha ormai strumenti troppo deboli per sorreggere le garanzie dovute alla generazione dei giovani, ai loro figli e nipoti. La gente è come se quella politica in fondo in fondo non la volesse. Ma quale politica?! La signora Cesira di Abbiategrasso o il signor Alfio di Canicattì ormai da tempo hanno capito che la “ polis” non gli appartiene più e che, nel gioco delle tre carte, sopravvive e vivacchia quella specie di oligarchia, personaggi di una vecchia fotografia ingiallita che odora di muffa.
Il nuovo fa paura, è un salto nel buio. Ma se quel salto viene codardamente evitato, mai si saprà cosa c’è oltre la siepe. Vero è che la temerarietà del giovane scombussola la prudenza del vecchio, ma un inizio verso il nuovo deve pure avere un punto di partenza per farci intravedere un barlume di cambiamento, offrirci nuovi stimoli a sopravvivere. Non è vero che ristrutturare un’ abitazione o ridipingere solo le pareti o cambiare solo la disposizione dei mobili ci rende felici, ci cambia il vivere quotidiano nel vederci circondati da nuove geometrie e colori nuovi?
No, si rimane al “déjà vu” ! Attecchiti, abbarbicati, mummificati. Ci riempiamo la bocca col dire “l’Italia è una nazione vecchia”, oh quanto ci piace. Quante istanze sociali restano affossate, carceri sovraffollate e disumane, testamento biologico ancora disatteso, diritti di quelli che chiamano minoranze, di portatori di handicap o malattie invalidanti che faticano a sopravvivere. La cronaca italiana registra quotidianamente fatti di intolleranza verso quella fascia di cittadini più deboli e non protetti, di bieca ignoranza non solo da parte di una fascia incolta o intrisa di culture estremiste, ma, ciò che è molto grave, da parte di individui che ricoprono incarichi di docenti scolastici, quelle persone che dovrebbero aprire le menti e che invece si rivelano dei trogloditi. Ci si chiede come avviene la selezione del corpo insegnante.
L’unica speranza per migliorare sta in quell’Italia buona, di giovani che si adoperano con onestà e applicazione a portare avanti i loro progetti di studio e di lavoro, dal più creativo al più umile, senza lasciarsi sopraffare dagli scoramenti. Resta anche l’altra Italia, succube delle circostanze avverse, carica di pesi sulle spalle, di porte chiuse, di arrabattamenti. Ora che ci verrà restituita la responsabilità di decidere, ecco, la mente rimane offuscata, dubbiosa, incerta, non di come noi vorremmo fosse il nostro Paese ma dell’uso che verrà fatto del nostro pensiero….
Bentornata “democrazia”, quel piatto succulento che non vedevamo da un po’ e che ci viene ripresentato a tavola. Ma con quali nuovi condimenti?
Voce di popolo vale sempre come voce di Dio?….
Angela Grazia Arcuri
Roma, 7 gennaio 2013.