Natale senza paura

S’avverte sempre una qualche remora a parlare della ricorrenza religiosa più importante dall’anno senza incorrere nei soliti slogan. Ci proviamo, sicuri peraltro di incanalarci nel sentire comune, quello che interpreta con gli stessi accenti l’atmosfera di un Natale appesantito dagli avvenimenti che hanno sconvolto l’equilibrio di noi uomini liberi, messo in gioco la nostra cristianità, i nostri valori.
Aleggia la paura solo di coloro che vogliono arrendersi. Gli altri procedono la loro corsa verso la vita di sempre, per non darla vinta agli Innominati, che nel nostro Natale dovranno essere innominabili. Anche la misericordia di Papa Francesco fa una certa fatica a concedere il perdono alla violenza.
Lui però non ha paura. Si espone, Papa desnudo, offrendosi alle folle che supplicano il diritto di vivere in un’Africa devastata dai conflitti interni e dalle corruzioni, un uomo che si è accollato il fardello deposto da Papa Ratzinger, troppo gravoso per la sua senescenza. Eccoli tornare uniti, affiancarsi nel rito simbolico di apertura della Porta Santa, un insolito Anno Giubilare, la curiosa immagine di due Papi gemelli, due figure bianche e un po’ stanche, con la stessa voglia di rimettere in piedi tutta un’ impalcatura secolare che, al di là di quella Porta, sembra voler cedere alle scosse di troppi terremoti.
Quel cantico francescano delle creature che il Papa ha voluto regalare ai bambini l’8 dicembre dagli schermi della Piazza è stato un atto di ringraziamento al cielo e un incitamento a farci tornare tutti bambini, al di là di ogni confessione e credo.
Semel in anno, stupiamoci anche noi di fronte alle luminarie di un Albero, davanti al laghetto di carta stagnola di un Presepe povero, quello fatto in casa. Sarà un atto di purificazione dei nostri cuori intossicati.
Perché senza presepe?
Se da un lato ci è stato regalato un Papa tanto originale e pieno di coraggio, l’Italia ci regala per Natale dei presidi tanto imbelli quanto miopi.
Già da alcuni anni, in Italia e in altri Paesi europei, si tende ad abolire i simboli del credo cattolico. Ultimo della serie, un tal preside di una scuola materna di Rozzano nel milanese, il quale, dopo i fatti di Parigi, si è affrettato a cancellare il concerto di Natale e a rimuovere tutti i crocefissi. Non solo, ha vietato l’allestimento del presepio, giustificandosi con la presenza nella scuola di bambini di diverse religioni. Non basta, ad effetto domino altre scuole materne della Sardegna si sono accodate a tanta insulsaggine.
Piuttosto, a quei sedicenti tutori dell’infanzia si poteva accendere qualche lampadina. Anziché agire d’arbitrio, avrebbero potuto convocare i rispettivi genitori invitando quelli di diverse confessioni a portare in classe i simboli delle loro festività religiose, da affiancare al presepio e all’albero. Questo a casa nostra si chiama dialogo.
Rinnegare la nostra identità cristiana, fare marcia indietro di fronte alla paura, è già una dichiarazione di sconfitta.
Non capitoliamo
Mancano pochi giorni al Natale. Insieme ai rituali auguri, inviamo un pensiero alla ragazza veneta morta a Parigi, Valeria Solesin, a tutti i giovani francesi del Bataclan e a quelli di Charlie Hebdo, a quelli di Saint- Denis, a tanti bambini che ogni giorno scompaiono per colpa di un mondo malato, alle genti cui le bombe hanno impedito la fuga della salvezza.
E non sembri irriverente verso tutti questi innocenti se la mente va a sfiorare anche altri giovani, i cosiddetti “foreign fighters”: giovani diversamente vittime di un’ assurda ideologia che li porterà ad immolarsi su un altare che non li vedrà santi di nessun Paradiso, né eroi di nessuna Patria, ma figli delle stesse madri dolorose, figli tutti di uno stesso Dio, perché non c’è un dio minore né uno maggiore.
Fermatevi! Non oltrepassate quella soglia ad est del mondo, dove i vostri pensieri non saranno più liberi, ma annullati da diaboliche volontà di dominio.