Brigatisti, terroristi, solitudinarizzati
Tensioni sociali si muovono sottopelle, a metà della piramide qualche ferito, alla base insonorizzata della pietà qualche morto. Ritorno sgangherato alle armi, ai proiettili che sbattono a terra, alle parole che fanno male, scavano crateri, delimitano le fosse, spalancano i cancelli blindati delle carceri speciali.
Forse ci vuole più memoria per chi ha vissuto quegli anni, non tralasciando chi è troppo giovane per ricordare, sapere, conoscere, per farci i conti con una ingiustizia che non risparmia gli innocenti. Occorre parlarne a chi il tempo ha passato il bianchetto fra i capelli, perchè non si tratta di un tempo bloccato, di tragedie che stanno dietro le spalle:
sono immagini impolverate che non scompaiono, costringono a pensare per non rimanere nuovamente alla finestra a osservare la vita che se ne va, senza un’emozione che diventa compassione, o la consapevolezza di una partecipazione che non consente rese anticipate alla prepotenza di turno.
Colpi e deflagrazioni misteriose, unica certezza il sangue sparso all’intorno, condanna delle condanne, l’indifferenza sullo scranno più alto se ne sta seduta scomposta. Quando a terra ci sono i corpi feriti e dilaniati dalla violenza ottusa e conclusa, è difficile cogliere ciò che non sta al suo posto, quanto è andato fuori tempo e spazio, perché è un male profondo, terribile, attanaglia le viscere, imprigionando il cuore con i legacci del male che producono altro male per vincerne la resistenza.
In quegli spari, in quelle bombe, rappresentazioni ideologiche o miseramente patologiche, c’è una collettività marginalizzata, che drammaticamente a sua volta emargina. Senza bisogno di essere professionisti delle condotte individuali, appare evidente lo sfacelo intellettuale e politico che attraversa il nostro paese, uno sgretolamento vero e proprio delle idee e delle intuizioni, come se non ci fosse più rispetto per la vita, non più intesa come qualcosa di eccezionale, coinvolgente, entusiasmante, s’è deformata a un vicolo cieco da percorrere a perdifiato, deprivati dell’attenzione di chi annega nella propria asfissia esistenziale.
Terrorismo, criminalità, solitudinarizzati malati mentali, spacciano per giustizia immaginaria un’ingiustizia che non porta gli abiti consunti e usurati per le responsabilità che camminano a fianco della speranza per migliorare la propria vita e di quanti intendono cambiare la propria.
Quella bomba fuori dal santuario dell’educazione, del luogo di tutti, quegli spari alle spalle degli innocenti, sono passi affrettati che squarciano i diritti e le libertà di ciascuno. In questa logica del sangue e della sua imperdonabile vergogna, non può esserci spazio per le semplici opinioni comuni, attendibilità prive di eventuali responsabilità.
Le storie di quei corpi disarticolati, infranti più del dolore che ne deriva, confermano un disadattamento sociale che investe sbrigativamente i più giovani, ma invece riguarda soprattutto gli adulti, che non sanno più conformarsi alla scuola del rispetto che nasce dall’esempio più autorevole:“ vi sono cattivi esploratori i quali ritengono che non vi sia più terra quando intorno non riescono a vedere che il mare “.
Vincenzo Andraous
9 luglio 2012