Donne: “Principesse” da buttar via
Rapporto uomo-donna. E’ un discorso assai articolato, con molte sfaccettature, che coinvolge oggi in primo piano la donna come vittima. Meglio sarebbe vedere il rapporto uomo-donna-crisi=violenza per avvicinarsi a un’analisi possibile ma certamente assai incompleta di un fenomeno che matura per lo più, ma non solo, presso sacche di arretratezza culturale e in un contesto di motivazioni non solo economiche, che ne rappresentano soltanto l’aspetto scatenante.
Donne stuprate, uccise, massacrate, bruciate, scaraventate giù nei pozzi o da ponti e burroni, fatte sparire nel nulla. Fantocci da spazzatura… Non sono racconti di fanta-horror ma cronaca vera, in un susseguirsi impressionante di omicidi perpetrati nei confronti del genere femminile. Solo in Italia, dal gennaio a questa parte, ben 55 donne sono state uccise dal marito o dal fidanzato o dal convivente.
Nelle violenze perpetrate per gelosia e per abbandono, i cosiddetti delitti passionali, le dinamiche interiori dell’uomo posseggono comunque una matrice comune a quella che anima gli altri delitti.
Spesso l’uomo si presenta alla donna con atti di eccessiva galanteria, rivolgendosi a lei come la sua “principessa”. Senza voler generalizzare, quello che ti ha messa su un trono si rivelerà prima o poi un bel maschilista. Lui è un “mafioso dell’amore”, che non conosce vero sentimento ma possesso, che ti considera la statuina da mettere su un piedistallo. La bella storia incantata, fatta di fiori e di regali, finirà miseramente in un amore malato, costruito su piccoli ricatti, su iniziali e sottìli violenze psicologiche per poi sfociare in un vero e proprio stalking e spesso risolversi in violenza. Non accetterà mai l’affrancazione della donna dal suo giogo. Per lui la donna è un oggetto impreziosito da una corona e quindi deificato, frutto di una cultura millenaria che ha incarnato la donna come entità “altra” dal maschio, ma a lui sottoposta come “dio primo”, un Giove padre-padrone che blandisce la sua dea ma la maltratta e la cornifica, mentre lei deve restare al suo posto, geisha adorante, per rispettare la sacralità del suo ruolo di moglie-madre-sorella.
Alla sottocultura va aggiunto il periodo di profonda crisi che stiamo vivendo e che vede una disoccupazione dilagante. L’uomo senza lavoro sfoga le sue frustrazioni sulle persone più vicine, mogli, figli, madri. Se è la donna che lavora per mandare avanti il menage familiare, l’uomo si sente depauperato, avvilito, depresso e il suo sfogo si riversa sulla compagna che la sera torna stanca dal lavoro e magari rifiuta di assolvere al dovere coniugale. Una situazione ribaltata, con la differenza che non si è mai verificato che la donna casalinga massacri il marito a coltellate perché lui, stanco del lavoro, la trascura.
C’è poi un’altra categoria maschile, quella che non uccide di coltello ma di ipocrisia. E’ l’uomo più raffinato, magari l’intellettuale ed anche il politico, quello che sotto sotto, nelle pieghe più nascoste, gli secca tanto, ma tanto, doversi inchinare all’intelligenza femminile, a quel “quid” in più che la donna possiede. E mentre dichiara di appoggiare appieno ‘la causa femminile delle pari opportunità’, risulta essere il primo firmatario delle “quote rosa”…. Un bel contentino in odore di apartheid….
Ora, in questo dilagare di fatti criminosi, si sta parlando di “femminicidio”, da contrapporre all’omi-cidio che è un termine appartenente pur sempre e ancora alla sfera dell’uomo. Ma già alcuni fanno rilevare come, allora, sarebbe più esatto dire “donnicidio”, perché la contrapposizione femmina- maschio appare comunque riduttiva.
Insomma, se cincischiare su certe capziosità del lessico giuridico servisse al cambiamento della cultura comune, ben venga, ma ci sembra che il problema del “rispetto della donna” vada preso di petto in termini diversamente concreti cominciando dalla scuola ed ancor prima in famiglia, dove i genitori hanno il compito di insegnare ai figli maschi certi doveri nei confronti della donna, nella speranza che già in famiglia non esista un padre-padrone a dare…il buon esempio.
E’ vero che ormai l’uomo ha capito, pur se a malincuore, che il suo scettro si è andato sbriciolando. Nelle situazioni esterne cerca di salvare la faccia, ma appena chiuso , per esempio, nell’abitacolo della sua automobile, fa esplodere la sua rabbia e frustrazione sorpassando biecamente la donna al volante e facendo “corna” dal finestrino , come a dire “Hai voluto la bici? E adesso pedala!”… Succede molto spesso e questo comportamento maschile si verifica in tutti gli strati sociali, fors’anche maggiormente negli uomini più anziani, lo zoccolo più duro.
D’altra parte, gli uomini lamentano che oggi sia la donna a fare il primo passo nell’approccio amoroso e se ne sentono destabilizzati. La realtà è che l’uomo spesso non si azzarda a fare delle avances proprio perché ha paura, consapevole di quei diritti sessuali acquisiti dalla donna e quindi preso dalla cosiddetta ‘ansia da prestazione’. E’ un serpente che si morde la coda. Forse non sono stati tanto felici gli esiti di quella ‘liberazione sessuale’, che dovrebbe essere rivista in maniera consapevole da entrambe le parti per non debordare in atteggiamenti deplorevoli e trovare un certo equilibrio nel rapporto. E forse sta proprio nella donna, partorita da madre natura in maniera differente dall’uomo, riuscire a pareggiare quelle scabrosità maschiliste, non contrapponendo forza alla forza, non ostentando i suoi diritti con strumenti provocatori, ma servendosi di quelle sue doti naturali ed esclusive. Non uomo-donna contro, ma unità complementare.
E’ impensabile che dall’oggi al domani si possa cambiare una cultura, ma qualcosa si cominci a fare. Forse qualcuno capirà che la “principessa” è scesa dallo scomodo trono per essere soltanto una donna.
Angela Grazia Arcuri
6 maggio 2012