Cambieremo? Forse col TTIP…

Il polso della gente è in preda a ‘ tachicardia parossistica ‘. I bollettini quotidiani sono bollettini di guerra. La natura è in guerra con l’uomo, quasi una rivolta punitiva della femmina contro il maschio che l’ha violentata. Gli uomini sono in guerra fra di loro con crimini che esorbitano dall’umano. Focolai che esplodono man mano come pressati dalla spinta endogena di un vulcano. Notizie che ci destabilizzano, che lievitano in quel pozzo diventato ormai troppo profondo delle difficoltà economiche, delle disparità sociali, delle sopraffazioni del singolo sul singolo e del pubblico sul privato.
Cosa succede lo sappiamo. C’è chi se ne preoccupa assai e chi osserva le cose intorno con occhio velato dalle classiche fettine di prosciutto, perché si sente in qualche modo protetto e… chi se ne frega. I gufi, quelli che vedono in faccia la realtà, sono un po’ simili a Noè che costruiva l’arca nell’approssimarsi del diluvio, deriso da tutti. Poi, il diluvio venne davvero. Ma quello che sta accadendo nel Paese e nel mondo perdona certi toni escatologici.
Siamo nelle mani di pochi, di quel gruppuscolo di capi del mondo che decide nelle segrete stanze cosa sarà oggi e domani della nostra vita, di cosa ci ciberemo , quali farmaci compreremo, come ci vestiremo, come spenderemo il tempo libero, di che morte toglieremo il disturbo. Ultima dell’agenda segreta ormai resa pubblica, l’accordo commerciale Europa-Usa, ancora in fase di negoziato, quel TTIP ( Transatlantic Trade and Investment Partnership ) che, se andrà in porto, ce ne farà inghiottire delle belle, anche gli OGM. Don’t worry, si affrettano a tranquillizzarci dall’Eu, nessun pericolo per gli stomaci. Già, i nostri stomaci sono ormai campo di battaglia delle sostanze chimiche che circolano nell’aria, in mare e in terra. Ciò che ci predispongono di fare, pensare e mangiare, sventolandoci fumo negli occhi, è abuso delle nostre libertà, quelle offerte da una bella carta costituzionale, disattesa e spiegazzata. Da tempo ribolle una cultura nichilista di una parte della massa giovanile, formatasi come reazione verso il potere costituito e divenuta rabbia incontrollata contro il proprio simile, contro lo stesso sangue, i figli stessi, gli stessi genitori. La vita diventa un gioco di scacchi da far cadere con una mossa, come il game del “ knock out” made in Usa, un pugno violento dato a casaccio per strada sul primo malcapitato venuto a tiro.
Sull’altro versante, quei giovani che, pur vedendo tentennare le loro sicurezze, con la forza dell’ottimismo tutto giovanile e forti dei loro principi, non si lasciano coinvolgere in estremismi. Sono i giovani che combattono per crearsi qualche isola felice dove aprirsi al confronto e lavorare sul quel poco che può diventare assai se sanno investire la loro volontà creativa e il loro intuito.
E poi, primo fa i primi, il ganglio occupazionale del Paese, di un’industria italiana che perde i pezzi di giorno in giorno, che non trova più ragione di restare sul territorio, che porta le folle in piazza, padri di famiglia già in età, disperati per la perdita di ogni loro sicurezza, di ogni punto di riferimento. E mentre la folla agita cartelli e bandiere rosse, va a svolgersi in contemporanea l’annuale salotto alla Leopolda, contrasto ai vociferanti sudaticci, terreno avulso dalla piazza, un’agorà al coperto, contenitore di contenuti placebo, passerella di colletti bianchi e signore radical-chic.
Ma sicuramente, pur nella contrapposizione stridente delle immagini, serpeggia in tutti la preoccupazione per la strada in salita che ci corre davanti agli occhi. Chi la sbandiera dietro le tute da lavoro, chi dietro il nodo della cravatta. Lo scenario presente è un Paese impoverito, quello futuro è nelle mani delle nuove generazioni, del cambiamento delle coscienze giovanili, un cambiamento che, ora, ha bisogno di vittime. Forse ci salverà il TTIP….
Angela Grazia Arcuri
Roma, 17 novembre 2014.