Alberto Tomba: quando uno slalom è più bello di un gol

Ci sono sport che, nel nostro Paese, vivono di momenti e uomini. Perché l’Italia è il Paese pallonaro che si innamora saltuariamente di sport che danno molte soddisfazioni. Così, nella carrellata di ricordi, oggi si torna a Calgary, nel 1988. In questo giorno ci fu la fine dell’inizio di una delle più gloriose carriere sportive italiane. Alberto Tomba vinse la sua seconda medaglia d’oro, nella stessa Olimpiade. Una rarità per lo sci italiano, come la provenienza dello sciatore: un bolognese in mezzo ad un mondo di montanari.
Da lì iniziò tutto per Tomba, vittorie indimenticabili a volte clamorose: dallo rialzarsi e continuare a proseguire con una bandierina sul volto.
Se si pensa agli anni Novanta si pensa a Lui, prima di tutti gli altri sportivi. Mai una macchia, nessun caso di doping, nessun atteggiamento da delirio di vittorie: sempre semplice e naturale. La storia dell’Italiano normale che conquistò una Nazione intera, tanto da potersi permettere l’onore di interrompere il Festival di Sanremo per far seguire una propria discesa. Riuscì a mobilitare addirittura le Istituzioni. Nemmeno la squadra personale di allenatori lo cambiò.
Tomba, da quel giorno, vincerà tantissimo, ancora medaglie olimpiche e la Coppa del Mondo. Vincerà così tanto che la fine sembrerebbe non arrivare mai. Arrivò dopo un’altra vittoria, l’ennesima, perché aveva promesso a sé stesso che ne avrebbe vinta ancora una prima di salutare tutti.
Il ritiro fece calare un’ombra sulla nazionale di sci priva, da quel giorno (e per molto tempo ancora) di un leader carismatico come lui. Perché, per la prima volta in Italia, uno slalom fu più bello di un gol.
Alessio Giaccone
28 febbraio 2014