Napolitano e il Gattopardo “rovesciato”

Terminate le ultime consultazioni per il conferimento dell’incarico di governo, da cui è emerso il nome di Renzi come nuovo leader dell’esecutivo, occorre analizzare alcuni punti pregnanti in merito alla questione; in primis il fatto che Letta si sia dimesso facendosi da parte in punta di piedi, senza quel clamore che – ad esempio – suscitò il passaggio di testimone tra Berlusconi e Monti.
Viene da chiedersi se questa mossa contenga in sé delle anomalie che, mascherate da “salvaguardia della stabilità”, stiano in realtà cercando di tagliare fuori dal dibattito politico il Movimento 5 stelle, cercando di indebolirne nel tempo il consenso popolare, instillando negli elettori la percezione di aver votato una opposizione che – nonostante sia in parlamento – abbia prodotto poco o nulla rispetto al potenziale iniziale. Il nuovo cambio di cocchiere in corsa – parlare di locomotiva sarebbe troppo pretestuoso in questo momento – ha il sapore dell’accanimento terapeutico: l’Italia, si dice da più parti, necessita di una scossa vigorosa e non di cure leggere e graduali nel tempo. Cambiano i “medici” ma la sostanza somministrata resta sempre la stessa, così come la situazione comatosa del paziente: politici di lungo corso – spesso ex DC – che indisturbati e protetti dalle istituzioni mantengono salda la loro posizione, talvolta spacciandosi come “il nuovo che avanza”.
La cittadinanza fiaccata nella morale da una televisione povera di contenuti e da una cultura media che sempre più si allontana dai canoni richiesti per vivere il terzo millennio con indipendenza e spirito d’osservazione, anche in questo caso sta a guardare, inerme. Parlando di nuova legge elettorale, risulta lampante il fatto che presenti delle anomalie: se si considera il fatto che la soglia minima per vincere al primo turno è del 37% (innalzata dal 35%) si evince che la volontà politica ultima non è quella di offrire un governo forte ai cittadini, ma quella di arrivare – da parte dei due poli – al ballottaggio: in questa maniera resterebbe escluso il Movimento 5 stelle poiché, privo di alleanze, raggiungerebbe con più difficoltà i risultati ottenibili dalle altre coalizioni in campo.
Il fatto stesso di ritoccare al rialzo la soglia della prima votazione dimostra l’intento di voler procedere verso una seconda chiamata alle urne in cui, probabilmente, a contendersi la leadership sarebbero i “soliti noti”. Volendo si potrebbe anche aggiungere che diversi studi politici riscontrino spesso dei “favori” tra le forze principali di governo ed opposizione, specie durante il terzo anno di mandato.
Un dato accademico, ma che deve far riflettere. Intanto il governo nascente o meglio, prodotto in vitro, proclama di voler puntare dritto al 2018 estromettendo, di nuovo, gli elettori dalla possibilità di scegliere i propri governanti e isolandosi, de facto, dalla piazza. Riprendendo in parte Tomasi di Lampedusa si può dire: occorre che nulla cambi affinché tutto resti com’è.
Davide Lazzini
17 febbraio 2014