Matteo Renzi, una cravatta per l’enfant terrible
Descamisado no. Ora che è salito al Colle per l’investitura, dovrà cambiar un tantino il suo stile scapricciatiello. Camicia abbottonata e cravatta, via le scarpe da ginnastica, anche se dovrà trottare parecchio per non deluderci. Il mondo lo guarda incuriosito, in attesa di vedere se il boyscout fiorentino sarà capace di fare anche lo slalom.
Enrico Letta, il giovane ammodo che sapeva tanto bene fare i compiti a casa, ha dovuto giocoforza alzare bandiera bianca di fronte all’ammutinamento dei suoi compagni di partito. Se ne è andato con la sua solita classe, quell’aplomb quasi montiano, ma visibilmente amareggiato, preso di contropiede dopo quella contentezza del fruttuoso viaggio negli Emirati. Non se lo aspettava veramente lo sgambetto. La politica è anche questo, non si guarda in faccia a nessuno. E Matteo, di fronte a certi temporeggiamenti, ha calzato il “pibe de oro” di Maradona.
Sveltezza contro lentezza, la politica non cura le massime del vivere sostenibile in epoca di supervelocità, ma deve adeguarsi ai ritmi delle necessità urgenti del Paese Italia. Matteo Renzi sembra l’unico a possedere le carte adatte per fronteggiare l’impasse del momento, anche se potrebbe rivelarsi una semplice “pedina” per sistemare i giochi delle parti.
Il ragazzo è ambizioso e l’ambizione è regola d’oro in politica. Simpaticone, irruente, dice tutto e non dice, lasciandolo scritto in inchiostro “simpatico” tra le pagine del suo credo. Ma, attenzione, l’Europa non ama quel tipo di inchiostro “invisibile”. L’Italia rischia grosso col gioco delle tre carte, che è meglio lasciarlo al mercatino di Porta Portese. Matteo Renzi ci si trova dentro, da una parte il suo Partito, sgretolato per la mancanza di figure carismatiche e in cerca di una sua identità perduta, dall’altra la ragione pubblica che deve riconquistare la credibilità economica di fronte all’Europa e al mondo. Sono tre anni che deve riconquistarla. Ma se tutto è già scritto, preconfezionato, allora di che parliamo… Ogni discorso diventa un nonsense.
La nostra realtà è al momento Matteo Renzi, morto un papa se ne fa un altro. Non ci piacciono gli “evviva evviva, abbasso abbasso”, ma l’ex sindaco fiorentino è la nostra nuova opportunità con buona pace del placido Letta, cui non mancavano gli atouts per offrire un’immagine italiana a livello internazionale. L’irrequietezza del giovane Matteo può essere sinonimo di “fare” positivo, ma si vorrebbe avere da lui non solo quell’ascendente popolare che è innegabile, quanto l’aggiunta di una volontà “visionaria” che finora pare essergli mancata nei suoi programmi del qui ed ora.
Monti, Letta, Renzi: tre “eletti” senza elezioni, tre designati “per grazia di Dio” ma “senza volontà della nazione”. Tutte le cose italiane sembrano scritte con l’inchiostro simpatico….
Angela Grazia Arcuri
Roma, 16 febbraio 2014