“ PERCHE’ ITALIANI TUTTI ARRABBIATI? ” : osservazione di un ignaro vu’ cumprà …
Non è la citazione estrapolata dal discorso di qualche personaggio della politica. E’ un ragazzo di colore a parlare, uno dei tanti “vu’ cumprà” che incroci per la strada e che ti tallonano offrendoti calzini o canovacci. Spesso, per la loro petulanza, vengono cacciati via con gesti irritati e privi di ogni rispetto verso un’umanità che si presenta diversa e soprattutto questuante.
“Aria, aria, aria !” va ripetendo a tutti i passanti quel ragazzo prima che glielo dicano gli altri, quel ragazzo che ha imparato a pappagallo il nostro frasario comune insieme all’altra ridicola, vincolante ed egoistica locuzione, “Tutto a posto?”, sempre in bocca a quegli italiani che non vogliono sentirsi rispondere null’altro che non sia ….“a posto”.
Ma il ragazzo che offre la sua povera mercanzia, per lui un tesoretto, quando ci incrocia sul marciapiedi ci sorprende con una frase nuova, del tutto autografa e in italiano fluente: “Signò, perché gli italiani sono tutti arrabbiati?”. La domanda ingenua ci strappa un sorriso e l’unica, ovvia risposta :” Perché non abbiamo una lira!”. Lui ride incredulo e s’allontana, ripetendo come un mantra “Aria, aria, aria!”.
Forse è uno dei tanti scappato dal suo villaggio, dove la vita non è vita, dove si respira polvere da sparo nell’incubo perenne delle guerriglie tra clan. Sul tappeto che ricopre il terriccio della sua casupola imbiancata a calce c’è l’unico piatto di cous-cous a sfamare tutta la numerosa famiglia, mentre il dittatore di turno va a festeggiare il compleanno della moglie a Parigi nel fasto più osceno. E’ uno dei tanti giovani africani che ha raggiunto faticosamente il nostro continente per affrancarsi dalla miseria endemica. Unica soluzione è fuggire da quel territorio abbandonato da Dio e sfruttato dai trafficanti del potere, dove i bambini razzolano malnutriti negli acquitrini delle piogge tropicali perché loro non hanno i giochi della Lego né tantomeno le merendine dei nostri ragazzini ben pasciuti. Non hanno nulla, se non un padre giovanotto che se ne va alla ventura al solo scopo di mandare a casa qualche soldo per sopravvivere. Eppure è gente che, nella miseria, riesce anche a sorridere. E’ nella loro cultura vivere alla giornata ed è per lui incomprensibile come gli italiani, che vede uscire dai supermercati con le borse stracolme, siano tutti ingrugniti . Non sa niente di noi. E di sicuro ignora i retroscena, il dramma di tanta altra gente disoccupata, fallita, disperata, che non ce la fa a mettere insieme il pranzo con la cena. Per lui esiste solo l’enorme divario tra noi e l’immagine dei suoi bimbi con gli occhi spalancati in preda alle mosche.
Prima di partire dal suo villaggio pensava all’Italia come al Paese di Bengodi. All’oscuro della situazione europea, anche qui resta disinformato. Una volta che può raggiungere nella clandestinità i grandi centri urbani, riesce a rimediare un giaciglio per la notte nel cimiciaio di qualche appartamento suburbano, invaso dalla più desolante e antigienica promiscuità. Il giovane extracomunitario, che ha già imparato così bene la nostra lingua, non è stato informato da nessuno sui dettagli della “esilarante” situazione politica italiana, nemmeno dai compagni coi quali condivide i miseri giacigli notturni. Non c’è davvero tempo nè voglia di parlare quando la sera ti ritiri stanco morto dalle estenuanti passeggiate metropolitane. Forse, riesce solo a sognare la giovanissima moglie lasciata incinta per l’ennesima volta.
Sì, il ragazzo ha messo il dito nella piaga: noi italiani siamo tutti arrabbiati. E spesso incattiviti dai problemi, tanto da non sopportare ulteriori e pressanti richieste di denaro. Non sa perché siamo pieni di rabbia. Ignora che il nostro Paese è sull’orlo di una “crisi di nervi”. Non sa cosa ci aspetta il futuro assai prossimo. Ignora cosa sia l’IMU, l’aumento dell’IVA, la lievitazione delle accise della benzina, le sovrattasse comunali e regionali, le rate del mutuo, il bollo e l’assicurazione della macchina, il conto del dentista, dell’ idraulico, dei tickets sanitari e quant’altro pesa sul nostro borsellino. Tirare fuori un euro è poca cosa, ma dovremmo farlo per tutti. E sono tanti, troppi, come mosche intorno al miele ormai indurito da tempo.
La povertà di questa gente ricade sulle nostre povertà, sull’imbarazzo del rifiuto e di un rimorso che non dovrebbe essere davvero il nostro.
Angela Grazia Arcuri
Roma, 30 settembre 2013