ALBERTO E PAOLA DEL BELGIO: esempio di democratica regalità
I giovanissimi di Facebook non conosceranno questi due personaggi. E’ perciò necessario un breve accenno biografico prima di addentrarci in un recente episodio che li riguarda, assai illuminante come esempio di vero atteggiamento democratico.
Alberto II è stato Re del Belgio dal 1993 fino al luglio scorso, quando ha abdicato in favore del figlio Filippo. Sposato dal 1959 con la nobildonna Paola Ruffo di Calabria, hanno formato una delle coppie più ammirate e discusse del secolo scorso sulle pagine del gossip internazionale per le vicende legate al loro altalenante matrimonio, ma soprattutto per la bellezza non comune della consorte Paola di Calabria. Buon sangue non mente.
Lezione di democrazia in suolo palladiano
Un ex re ormai a riposo e un’ex regina dalla bellezza da tempo sfiorita non farebbero più gola ai pennaioli della cronaca rosa. Eppure, venerdì 13 settembre i reali sono stati oggetto di un articolo dai risvolti riflessivi, comparso sul Giornale di Vicenza il 15 a firma Nicola Negrin, dal titolo “Odissea in Basilica dei reali del Belgio”. Una notizia curiosa e attrattiva, che va poi a ricollegarsi a un episodio personalmente da noi vissuto ben ventisei anni fa a Roma, relativo ai reali, che ci solletica ricordare più avanti.
I reali del Belgio, dunque, venuti ospiti in Italia nella villa di una loro nobile amica nei pressi di Vicenza, hanno voluto recarsi in visita obbligata alla splendida Basilica palladiana, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO e, nella sua rinnovata veste dall’ottobre del 2012, centro vivo di grandi mostre ed eventi culturali. Per inciso, ha ospitato una ricca serie di ritratti famosi di cui si è occupata con grande successo di pubblico la nostra redattrice vicentina Cinzia Albertoni con inserti settimanali in quel Giornale.
Ebbene, i reali del Belgio, giunti in Basilica verso le 14.00, volendo salire alla famosa Terrazza, dalla quale si assiste a un meraviglioso spettacolo sulla città, si sono visti rifiutare l’ingresso perché la Terrazza rimane chiusa fino alle ore 18.00. Un altro qualsiasi modesto personaggio dell’entourage politico nostrano avrebbe sfoderato la sua carta d’identità, magari con la frase “Lei non sa chi sono io”. Ma Alberto del Belgio, non solo si è guardato bene dal farsi precedere da suoni di grancassa avvisando le autorità comunali della sua presenza in città. In bell’incognito, si è messo tranquillo ad aspettare l’ora di apertura insieme alla consorte Paola e al modesto seguito di accompagnatori!
“Vous ne savez pas qui je suis”, celia il redattore Negrin, mettendo un punto alla cronaca e soffermandosi quindi sulle riflessioni del caso. Sono seguite le scusa del sindaco vicentino e di tutti i responsabili in Basilica, in realtà non colpevoli di tanta omissione. Comunque, bella lezione da una testa coronata!
I reali a spasso per i negozi romani
E’ stato ben ventisei anni fa e mi fa piacere offrire una breve e personale testimonianza riguardo ai reali del Belgio.
Desideravo un rivestimento “country” per il mini-divano del mio altrettanto mini-appartamento. Non sempre le mie tasche pareggiano coi miei desideri, ma in quegli anni si remava in miglior barca tutti quanti. Avevo fisso in mente un solo negozio, quello di arredamento country più esclusivo, sito in quella Piazza di San Lorenzo in Lucina nel cuore storico della Capitale. Mi ci recai senza tanti indugi.
Mentre attendevo il mio turno nell’atrio del locale a due piani, ecco entrare una coppia di signori non tanto più giovani. Lei molto alta, un foulard in testa, un po’ infagottata in un largo impermeabile del colore indefinito degli impermeabili dell’epoca, ai piedi un paio di comodi e piatti scarponcini in camoscio. Presa a fotografare con occhiata di nonchalance la signora, non guardai il compagno. La signora quindi salì al primo piano con la commessa ed io rimasi dabbasso con “quel signore”.
Si sa che la scelta di una donna in un qualunque negozio non si risolve in pochi minuti. Quindi, mi fronteggiai con l’uomo, rimasto in piedi nell’atrio come un baccalà, per un tempo abbastanza considerevole. Eravamo solo noi due ad attendere. Inevitabile il nostro impatto oculare. Mi chiesi: ” Io quest’uomo lo conosco, l’ho visto da qualche parte!”. E riandavo a scovare nei cassetti della memoria, optando per essere uno dei tanti giornalisti della stampa turistica che frequentavo in quegli anni. Lui aveva sulle labbra un leggero sorrisetto, gli occhi furbetti. Io altrettanto muta, con ebete ignoranza sulla presenza regale, feci la figura della signora romana, forse discreta, ma anche cretina.
Solo una volta a casa, mi si accese la lampadina! Ma non mi pentii del mio silenzio, altrimenti non avrei saputo che fare, se accennare un inchino, se chiamarlo “re” o “Vostra Maestà”. Ed io, quando fu il mio turno, non trovai nemmeno la stoffa desiderata… anche perché il prezzo era inavvicinabile. Più facile avvicinare un re!
Rimane il fatto che Sua Altezza rimase impalato in piedi ad aspettare la moglie senza farsi portare nemmeno una sedia dove riposare il suo regale lato B!…
di Angela Grazia Arcuri
16 settembre 2013