…E Pinocchio vendette il suo abbecedario per non andare a scuola
Scherzi a parte, Collodi c’entra molto poco in quella che è una delle tante piaghe del nostro Paese: la Scuola. Ma cosa sta succedendo alla prima tra le istituzioni sociali, responsabile dopo la Famiglia, della nostra crescita? Appiattimento, noia, maleducata irriverenza da parte degli studenti e qualunquismo degli insegnanti. Per non parlare poi delle sempre più frequenti notizie di gravi maltrattamenti che scolari di diversa età e condizione, subiscono da inqualificabili maestre e collaboratori scolastici. Di questi giorni è il caso di quel ragazzino autistico nel vicentino, pesantemente vessato verbalmente e fisicamente da una docente. La stessa era spalleggiata da altre due insegnanti e da alcune bidelle. Certo, questi sono casi limite che hanno un impatto mediatico molto forte. Ma qual è la situazione delle piccole realtà? I ragazzi sono assolutamente disinteressati alla crescita, sia dal punto di vista culturale sia da quello morale. La loro unica preoccupazione è «vivere alla giornata» la carriera scolastica: quando i genitori hanno una formazione personale media, si sostituiscono ai figli, svolgendo i loro compiti ed esercitazioni; qualora papà e mamma non siano in grado di adempiervi, alleggerendo il lavoro dei propri figli, ingaggiano insegnanti privati per doposcuola. Questi ultimi, per lo più giovani umanisti entusiasti e ovviamente disoccupati, diventano consapevolmente o meno, gli strumenti per consentire allo studente di superare l’anno, e credetemi, parlo per esperienza personale. Questo scandaloso approccio fa davvero perdere fiducia a chi avrebbe voluto far parte del mondo dell’insegnamento.
Ma la cosa più scoraggiante è la visione che hanno i giovani studenti di tutto questo: la Scuola rappresenta solo una parte noiosa della giornata e maestri e professori non meritano rispetto. La loro autorità non viene assolutamente riconosciuta e fa male ammetterlo, ma la verità è che i primi fautori di questo pericoloso sviamento dalle regole basilari della buona educazione, sono proprio i genitori. Ebbene sì, l’alunno che per un motivo qualsiasi non compie il suo dovere, se ripreso dall’insegnante di turno, viene immediatamente supportato dalla figura genitoriale. Invece di riconoscere l’errore dei figli, madre e padre molto spesso si scagliano contro il personale docente che, nella maggior parte dei casi, soccombe a questo status ormai consolidato. Ora mi chiedo: ma come è possibile che la Scuola e la Famiglia siano cambiate così tanto nel giro di una generazione. A 26 anni, analizzando il mio passato da studentessa, credo davvero di essere stata fortunata! Come si può non pensare al successo cinematografico «L’Attimo fuggente» e al suo amatissimo protagonista, il professor John Keating, magistralmente interpretato da Robin Williams? Naturalmente la finzione scenica ingigantisce le qualità di questo strepitoso insegnante, ma anche senza guardare al lontano mondo di Hollywood, è possibile riconoscere delle rarità dell’universo «a cattedre e banchi». Un mio allievo, durante una lezione privata di letteratura, alla mia domanda su cosa ne pensasse di Montale mi risponde: «No, ma a me non Mi piace la poesia.». Tralasciando l’ORRORE grammaticale del «a me mi» che pur essendo oggi molto usato, rappresenta comunque un’oscenità, resta la profonda amarezza nei confronti della letteratura e il rimpianto delle lezioni al liceo.
Momenti unici che, anche se pervasi da stanchezza e noia (stati d’animo presenti nella vita di ogni adolescente), mi regalavano letture vibranti come lo Spleen di Baudelaire. Grazie alla voce della mia professoressa riuscivo davvero a vedere i «lunghi funerali, senza tamburi o musica» che sfilavano nel cuore del mio adorato poeta maledetto. E la filosofia? Un professore, un poeta e amico ormai, che dal Neoplatonismo a Bacone ci deliziava con magnetiche incursioni nel cinema, volteggiando dalla Regina Margot (film del 1994) a Canone inverso diretto da Ricky Tognazzi, per poi inneggiare alla poesia. Insegnanti che hanno assolto al compito più importante che la Scuola, così come la Famiglia, dovrebbe sempre tenere a mente: rispondere alle domande dei giovani. Troppo spesso vengono soffocare le già esigue iniziative degli studenti dalla frase del docente medio: «Io non ripeto! Sei tu che non sei mai attento!». Come interviene lo Stato in tutto questo? Purtroppo si sente parlare sempre più spesso di tagli alla ricerca, al personale; manovre che invece di riorganizzare l’intero macrocosmo scolastico, non fanno che svilire l’entusiasmo degli addetti ai lavori. Sarebbe bello pensare all’istruzione come ad un passaggio fiabesco nei secoli della nostra civiltà, piuttosto che ad una tappa obbligata della società odierna, registratore di cassa di cervelli privi di anima.
di Sara Jay De Rosa
24 giugno 2013