Con il crollo del ponte Morandi precipita nel vuoto il patto tra cittadini e Stato

È difficile cancellare dalla memoria le immagini che il video del crollo del ponte Morandi ha rimandato continuamente nei giorni scorsi.
La scena è surreale e sembra creata con gli effetti speciali della cinematografia.
Non è socialmente accettabile che un ponte crolli come in un film d’azione, abbattendosi sulle case sottostanti, dando corpo alle paure nascoste nella parte più profonda di noi che dominiamo perché ci fidiamo di chi ci consente di passare su quel ponte.
Non può accadere, non in un paese civile.
Alla base dei rapporti sociali c’è la fiducia, l’affidamento: nessuno salirebbe più su un aereo se dubitasse della capacità del pilota di condurlo o della solidità del mezzo e nessuno entrerebbe in un pronto soccorso se non si fidasse della capacità dei medici di prestargli le cure necessarie.
I rapporti sociali si fondano sulla fiducia, su patti taciti che consentono lo svolgimento delle relazioni tra i consociati.
Il ponte di Genova che si rompe facendo precipitare nel vuoto le auto che lo percorrono e abbattendo le case sottostanti è la rottura del patto fondamentale tra società, politica e economia.
L’interesse condiviso tra Potere e cittadini, al fine di far funzionare bene la macchina statale, è precipitato nella voragine che si è aperta quando gli stralli del ponte sono schizzati in aria.
Per la verità il rapporto si era già incrinato con la crisi economica, quando il disagio sociale è diventato sempre più esteso e la convinzione che i governanti, anche se rubacchiavano, alla fine facevano gli interessi della Nazione, aveva già iniziato a mostrare tutta la sua fragilità.
Il malessere si è via via diffuso entrando negli strati più profondi della società e il privilegio dei governanti è diventato odioso agli occhi di cittadini sempre più poveri e senza prospettive.
Ma la deflagrazione è avvenuta quando il ceto dominante ha mostrato tutta la sua arroganza assumendo comportamenti che si sono rivelati veri abusi di potere, come quando si è appreso che Pietro Maria Gros, ex presidente dell’IRI, che ha guidato la cessione delle autostrade a Atlantia gruppo Benetton, è poi diventato presidente della stessa Atlantia.
Una beffa che ha reso palese l’assenza di ogni scrupolo della classe dirigente, la sua assoluta indifferenza per i governati.
Allora la rabbia è esplosa, è diventata insulto, accusa ai politici, assalto alla sede della Regione Liguria, richiesta improcrastinabile di giustizia.
Le responsabilità di questa strage verranno accertate e si faranno i processi, ma il tradimento si è ormai consumato, la malattia è conclamata.