CAPITALGAMES: la reazione dei romani al voto di ballottaggio

Da troppo tempo i cittadini della Capitale attendevano che una qualche luce potesse apparire sull’orizzonte degli eventi capitolini, ma i fatti sembrano riportarci indietro, respinti “in basso loco” dalle fiere del malaffare.
Mentre il cittadino si scapicolla sulle buche, sulle radici degli alberi secolari che irrompono dai marciapiedi lungo tutto il tessuto urbano, mentre l’anomala situazione climatica spinge frotte di cinghiali a razzolare tra i rifiuti puzzolenti della differenziata e sui balconi svolazzano affamati colombi e spaventosi gabbiani in lieta compagnia di zanzare e pappataci, lassù, sotto lo sguardo di un Marc’Aurelio impietrito nella sua doratura e sconsolato, si sono andati consumando i soliti, vecchi giochi.
Bell’ardimento scommettere sulle sorti di una Capitale come Roma che presenta tutte le discrasie di un conglomerato urbano dove confluiscono le più svariate realtà politiche e sociali del Paese. E quando vengono alla luce delle precise responsabilità di affidamento di ruoli all’interno dell’amministrazione pubblica, ci si chiede se non sia quantomeno opportuna una revisione della governance capitolina al fine di ristabilire quella tanto decantata trasparenza da parte di chi ha acquisito una buona fetta del voto popolare. Non solo. Sembra che al Campidoglio sfuggano di mano i controlli sui vari Municipi, lasciati alle mercé di chi ha fatto finora il bello e il cattivo tempo.
Il ballottaggio del III Municipio
Piuttosto emblematico appare ciò che è accaduto, in particolare, al ballottaggio del III Municipio romano, che copre una superficie di 97,82 chilometri quadrati dalla Salaria a Montesacro. Non appare fortuita la scelta dei votanti che, malgrado le astensioni estive per la Via del Mare o per mera sfiducia verso la politica, hanno deciso di estromettere quanti ci hanno deluso, tornando inaspettatamente ai vecchi amori, ovvero al Pd, con l’estromissione di una Giunta pentastellata in odore di “parentopoli”.
Ciò apre gli occhi sul sentimento della popolazione. In controtendenza con la maggioranza del Paese, dove anche nelle ex roccaforti rosse del centro-nord si è andato attestando il voto leghista, lasciando il suo naturale terreno ai 5Stelle del centro sud, ci porta a riflettere sulle ragioni che hanno indotto i riluttanti cittadini romani a ripiegare sul centro-sinistra. Se dapprima i romani si erano espressi a favore del cambiamento optando sui 5Stelle, alla seconda tornata e alla luce dei recenti traffici speculativi in merito alla costruzione del nuovo Stadio, hanno avuto voglia di rafforzare la voce dell’opposizione.
Roma, in quanto sede del governo, è la cartina di tornasole degli umori politici del Paese, laddove il nuovo che avanza appare composto di varie anime, alcune in apparente antitesi fra loro. Ma, nell’ondeggiare di dichiarazioni, ritrattazioni e smentite, appare lecito temere per l’isolamento del Paese e per la sua tenuta economica in seno all’Ue e sui mercati che, ad ogni volar di mosca, giocano sullo spread come con i birilli del bowling.
Il “piccolo Trump”
Una marea di voci e controvoci accompagnano certe intemperanze verbali del Ministro degli Interni che, al momento, viene definito non senza arguzia “il piccolo Trump”. Divertente il parallelismo, se non fosse che il reuccio dell’attuale congiuntura italiana se ne sia uscito con avventate dichiarazioni nei riguardi dei rom che non si addicono a un Ministro degli Interni ma sul palco di una campagna elettorale del Carroccio, laddove appare fisiologico che tutto l’auditorio leghista venga trovato consenziente ad accendere il cerino sulla paglia.
D’altra parte, il mondo dei rom è una realtà viva nella realtà sociale del Paese, una realtà pressoché abbandonata a se stessa dai governi passati, sia i rom privi di ogni iscrizione anagrafica in quanto “nomadi” e quindi apolidi, sia coloro che invece risultano italiani poiché nati in Italia. Senza giochi di parole e ipocrisie, va detto che loro occupazione genetica è quella di rubare ( chi di noi non è incappato nella loro “mano lunga”… alzi la mano!) strumentalizzando i loro bambini per mendicare ai semafori ed esponendoli a continui pericoli d’incendio in campi non attrezzati, tra topi e sporcizia. Certe condizioni disumane sollecitano una presa di posizione decisa per una regolamentazione dei campi, fino ad oggi affidati all’inerme garantismo di chi ha lasciato andare più o meno le cose per il loro verso.
La città di Roma è una città stanca di attendere le sue soluzioni. La sanità è nel caos, il commercio privato langue a favore della grande distribuzione. Da un lato, una finta ricchezza conquistata a rate pur di mantenere l’immagine del benessere, al di là lunghe teorie di saracinesche abbassate, di giovanissimi che si dondolano nei bar aspettando il reddito di cittadinanza, di pensionati al minimo alla mensa dei poveri, di incapienti pagati a 3 euro l’ora da agenzie iugulatorie. Il Ministro del Lavoro sta cominciando a fare i primi passi a favore dei cosiddetti “rider”, i ragazzi che consegnano la pizza a domicilio. Dalla pizza al resto dei problemi “nun so’ fiaschi che s’abbottano” per dirla in gergo romanesco. Vediamo cosa succederà a fine estate con la riapertura dei librone dei conti.
Rivogliamo la nostra Roma, per piacere. Rivogliamo la nostra città ripulita nelle strade e dentro i palazzi del potere, ma non con le solite “romanelle” che ad ogni scroscio di pioggia rimettono a nudo tutte le vecchie magagne. Quella di chiamarci Caput Mundi si rivela la grande ironia di essere diventata una città senza più né capo né coda.
Angela Grazia Arcuri