Ictus e malattie cardiovascolari
A Roma, a Palazzo Marini, nella Sala della Mercede, l’11 ottobre 2012 si è tenuto il Congresso sulla
prevenzione dell’ictus e delle malattie cardiovascolari, organizzato dalla Onlus: Giuseppe Dossetti, alla presenza del segretario nazionale Claudio Giustozzi, nella I parte della quale è stato anche moderatore assieme alla D.ssa Cianfrocca, alla quale spetta proprio la prima parola e che ci dice che: almeno un terzo dei pazienti trattati ha un costo notevole per il SSN. In età più avanzata le patologia inerenti cuore e cervello si complicano nella fibrillazione atriale, che ha una certa rilevanza sulla mortalità. Chi ha FA ha rischio di trombosi molto alta; nel 60% dei casi si rischia una considerevole disabilità e l’ictus. Ma purtroppo esistono, al riguardo, farmaci non ancora disponibili.
Nella I Sessione del Congresso vengono esposti i lavori legislativi economici. E la parola passa al Dott. D’Anna che conferma che, fino al 1993 dell’ictus cerebrale se ne parlava a livello per lo più formale e l’assistenza data era solo la “basilare”. Nel 2000 invece si è stabilito che questa patologia fosse un’urgenza medica e che fossero dovute tutte le particolari cure e soprattutto che fossero obbligatorie. La fascia d’età compresa tra i 33 e i 44 anni ha un rischio molto basso di ammalarsi, più alta la probabilità è invece verso i 55 anni, per poi passare ad un’elevata possibilità nelle persone anziane in età avanzata, ad esempio entro i 75 anni. Soprattutto nelle donne “a farla da padrona” sono le cardioembolie e la FA stessa. Neurologi e tecnici della riabilitazione collaborano e la D.ssa Candelisia ne ha fatto uno studio particolareggiato che è stato di grande apporto allo scopo.
Vi sono sale dove vengono curati solo i pazienti più gravi, dove vi si prende in considerazione l’eventualità di effettuare esami non invasivi. Nel 2010 il Ministro della Salute da indirizzi ben precisi indicando tre seria di STROKE UNIT. Nel II livello del programma si può attuare la terapia fibrinolitica cioè quella che consente di sciogliere il trombo. Nel successivo livello si ha la presenza di un neuro cardiologo. E si è visto che, ricoverati in queste strutture (STROKE UNIT), i pazienti diminuiscono nella mortalità del 18%. La stroke unit deve avere tutta una serie di caratteristiche, sia scientifico-cliniche che amministrative molto efficaci.
Si è stabilito che i soggetti maggiormente ricoverabili sono quelli compatibili ad una trombolisi. Ci vuole una certa tempestività nel processo di terapia e di intervento clinico che deve, appunto essere immediata.
Si sono andati sviluppando “percorsi condivisi” ossia collaborazioni tra le varie aree di competenza
clinica. Esse devono avere e godere di loro REGISTRI, tali da poter essere in grado di poter seguire bene il femnomeno. Si deve poi informare bene la popolazione sul sistema preventivo della malattia. Ci vuole inoltre, ovviamente, una adeguata formazione del personale anche di pronto soccorso come il 118.
Nel registro Veneto è stato emanato un decreto dedicato alle Stroke, dove è stabilito che esse debbano essere soggette a controlli di qualità. Si calcola una spesa, ad ogni paziente di 250.000 euro, inoltre si deve tener presente che il candidato non è ammissibile alle Stroke, se dovesse usare gli anticoagulanti orali. Nel secondo intervento incontriamo il Dott. Cricelli che ci parla della prevenzione primaria della cofibrillazione atriale da attuare con un volantino e con l’uso di un “segna polso” che rileva il battito cardiaco da lasciar effettuare dopo i 65 anni. Su 160.000 individui, se ne identificano 34 e sene “prendono” sei. Nel frattempo, però, ve ne sono altre 500.000 lasciate a loro stesse, e per questo, soprattutto per questi, si deve aver la possibilità di usare i nuovi farmaci. I centri TAO, all’INR sono obsoleti e fuori tempo. Segue un breve intervento della senatrice Baio che, oltre a ringraziare l’associazione per la puntualità con cui fa riferimento ai problemi della salute dalla sua fondazione, aiuta e si impegna a coadiuvare il senato nel prendere in considerazione le forme di intervento da poter attuare al riguardo. Ed aggiunge che, poiché sul piano della FA è il primo problema da assumersi insieme. Il terzo intervento è del Dott. Cioccia dell’Associazione ALICE che si occupa di disabilità conseguente a malattia di ictus. L’Associazione si occupa esclusivamente di Ictus dal 2004, e la sua particolarità è che segue anche i familiari delle vittime della patologia e che si occupi di interventi di fisioterapia riabilitativa. Essa tutela anche il diritto dei pazienti e ci informa di 50.000 casi di disabilità sul fenomeno, riscontrabile ogni anno. Anch’egli conferma che l’ottantacinquenne abbia un rischio che va dal 20 al 35%, e che sono 10.000 i casi che portano a seria disabilità, inoltre, tra i 50 anni, un paziente su 4 è colpito da FA.
Il quinto intervento è del Dott. Zanni. Egli afferma che lo studio della malattia cardiovascolare abbia dimezzato gli effetti negativi, grazie a due fattori: la scoperta di antibiotici e la scoperta dl familiarità delle malattie stesse cardiovascolari. Prima che venisse appurato che una delle cause fosse l’ipertensione e prima dell’impiego di statine, anticoagulanti e betabloccanti non si sapeva come curarle. Ma ancora oggi sono tra le prime cause di morte, come ad esempio l’infarto. Una delle pandemie legate alla malattia è il diabete. Oggi i programmi di ricerca mostrano come vi siano molti brevetti per tante malattie, ma non per esse , come non vi sono per gli antibiotici.
Il Dott. Calò, invece, efficace nella sua esposizione e molto chiaro ed incisivo ci parla di Terapia di FA e della Ablazione trans catetere. Si sofferma sul fatto che, ovviamente ogni paziente sia diverso dall’altro e che dal punto di vista di patologenesi vi sia per ognuno un apporto differente. Noi abbiamo, prosegue, una percentuale di pazienti limitata che va incontro a forme croniche. Si hanno molte fibrillazione extra-sistole (se alterazioni del QRS) si tende a forme di FA permanenti. Un conto è lavorare su Trigger, un conto sul substrato. Possiamo, in questi casi, evidenziare il Traingolo di Cumel, dove si trova una interrelazione appunto tra i due (Trigger e substrato). La possibilità di vedere per immagini ci ha dato l’opportunità di combattere sempre meglio il fenomeno, ed in molti casi si ha riconnessione delle vene.
Inoltre sostiene che la FA Focale non sia solo sulle vene polmonari, e che lavorare sul substrato voglia dire “lavorare come i chirurghi”. E che quando lo si fa, l’intervento della chirurgia dia un successo del 20%. È poi meglio lavorare in biatriale, cioè lavorare solo sul lato sinistro. Le aree critiche quelle dove c’è area di rientro Bisogna individuare l’isolamento delle vene polmonari, ed avere la possibilità di dinnervare i gangli che ci offrirebbe l’opportunità di riportare un vero successo. L’indicazione all’ablazione della FA è un’indicazione specifica che va verso pazienti in terapia antiaritmica sintomatica. Mentre è impossibile agire anche in pazienti asintomatici.
La II Sessione è aperta da una capacissima e preparatissima D.ssa Riva che ci specifica che una massa tondeggiante sia un trombo con rischio embolico elevato. Per la direzione del flusso sanguigno (dalle vene al distretto cerebrale), bisogna vedere che non per tutti i pazienti con FA sia lo stesso il rischio. Rapporto tra Stroke e FA si ha tra i fattori di rischio siano nel il TIA e nello Stroke e in tutte le malattie cardiovascolari. La FA cronica o no da lo stesso rischio di ictus. Nel CHADS SCORE usato (una sorta di diagramma), si vede un punteggio assegnato ad ogni fattore di rischio. Nella categoria a basso rischio, lo stesso non è poi così poco, al Chads è stata aggiunta una serie di altri rischi dove si nota che molti pazienti meno “soggetti” all’ictus, avessero basso rischio nel I Chads e che successivamente ne avessero di più.
La cardioaspirina riduce il rischio di stroke cardioembolico. Per la stratificazione dello stesso rischio va visto il CHADS VASC SCORE. Ci sono altri due scenari riguardanti la patologia: Essi sono: i pazienti con Stroke e FA silente e quelli con Stroke o TIA effettivi. Importante è la durata di FA; se è maggiore nel tempo, maggiore è il rischio. Inoltre pazienti con FA clinica posson aver avuto episodi ischemici silenti. Il messaggio che se ne ricava è che: un programma di screening (svedese) in cui pazienti con 75-76 anni vengono monitorati, riducono questa eventualità. Un moderatore: Santucci, aggiunge che sentendosi il polso ogni giorno, si riducano i rischi e si aumenta ovviamente la prevenzione. Il controllo della FA deve essere però continuativo negli anni. Nel nono intervento, il Dott. Scherillo afferma che con FA si rischi 5 volte di più l’ictus, e se si considerano episodi transitori, il rischio salga del 20%. I pazienti ad alto rischio vengono detti di TAO. Non è da scotomizzare il problema delle emorragie. Altri problemi connessi sono: le malattie renali e la bassa scolarità. Nei pazienti con FA il miglior trattamento indicato si dice sia l’impiego dell’anticoagulante atriale: Guaffarin e perché esso sia efficace, il range dev’essere contenuto tra 2-3- E i pazienti compresi nel range appropriato, nel mondo reale, in Italia, scende al 50% .
Questa molecola da noi non è ancora disponibile, forse a dicembre. È in commercio, ma da noi costa ogni mese 205 euro, mentre in Spagna, ad esempio, è a tre euro al mese. L’efficacia antitrombotica del nuovo trattamento con anticoagulanti orali è uguale, ma maggiore è la riduzione antiemorragica. (25%). E c’è da rimarcare che anche l’aspirina da più possibilità di rischi embolici. Il decimo intervento è affidato al Dott. Capucci. Egli ci dice che anche nei pazienti più gravi si può passare alla forma permanente. Grande rischio è ad esempio l’apnea ostruttiva, il poco moto, ovviamente: alcool e droga. Dal 1978 si parla di questo rischio in FA, nei paesi del Nord viene detta: “Sindrome da week-end”, pare porti a una iperattività atrio energica. Si vede, da studi anche recenti, che vi sia sì un trand, ma che sia di 14. Mentre è più alto per chi ne abbia consumato (di alcol e droghe) in passato di più e ne consumi ancora. A determinare il rischio di FA è il tempo in cui si beve. In 88 pazienti che avevano bevuto sostanze alcooliche e che avevano usato droghe, un test da sforzo lo fa evincere facilmente.
Ci sono novità terapeutiche che crea interruzione precoce; è un farmaco già presente in paesi Europei che non ha effetti aritmici sul ventricolo e dove più alta è la frequenza, più attivo è il farmaco. Interessante è che il tempo di efficacia sia di 11 min.. Il QT (parametro per la sicurezza) è un farmaco che agisce sui canali del Na. L’effetto è entro 90 min, ed è del 50%. Il 37% dei pazienti era poi pronto alla dimissione in due ore. L’altro è il DRONEDARONE che abbiamo in commercio. Ha effetti sull’atrio (e quasi nullo sul ventricolo), ed è stata dimostrata una riduzione della mortalità, è indicato per pazienti con fibrillazione parossistica (ad episodi) e persistente. Ma l’efficacia è inferiore al Meradone.
Il dodicesimo intervento è del Dott. Colicicchi che ci avverte del fatto che l’incidenza sia data dal numenro dei pazienti Un 10% ci dice che la FA possa essere sviluppata anche se non desse permanenza. In Veneto la situazione dei malati è molto vicina a quella degli USA. Il 2% di tutte le visite correlate all’ictus è di FA, il 38% viene dimesso, il resto ricoverato. Più di recente lo studio ISAF vede che tra 200.000 assistiti, il 40% lo è dalla medicina generale. Ictus che avvenga grazie a eventi cardioembolici, fa rischiare il “letto continuo”. Questi ed altri, molto gravi il più delle volte, sono i rischi dovuti soprattutto a ictus, e l’indicazione che se ne trae dal Congresso è quella di non abbassare mai la guardia sui problemi del cuore e del cervello, e che soprattutto i clinici di medicina generale debbano ben individuare i sintomi, anche silenti, dei loro pazienti.
Michela Gabrielli
14 ottobre 2012