Ian Low: il bosone di Higgs non è la particella di Dio
La particella di cui si era tanto parlato la scorsa settimana, torna nuovamente ad essere la protagonista di importanti discussioni scientifiche. Lo studio che ne dimostrava l’esistenza era stato illustrato con entusiasmo dagli scienziati del Cern di Ginevra lo scorso 4 luglio 2012.
I dati, frutto di decenni di ricerche specializzate, erano stati accolti da un applauso fragoroso e presentati dagli esperimenti Cms, coordinati dall’americano Joseph Incandela, e Atlas, coordinati dall’Italiana Fabiola Gianotti. La presenza della “particella di Dio” garantirebbe la massa a tutte le altre particelle subatomiche della materia. Un grande passo in avanti nella storia della fisica, che avrebbe anche un’importante rilevanza nella medicina. Il bosone di Higgs, se esiste, ha una massa di 126 GeV (miliardi di elettronvolt) equivalente a 126 volte la massa del protone.
Ma, come già si poteva dedurre dalle dichiarazioni rilasciate dai fisici del Cern, in realtà non vi erano certezze indiscutibili sulla sua esistenza. Fabiola Giannotti, infatti diceva: «La particella individuata potrebbe essere il bosone di Higgs previsto dal Modello standard, ma anche un altro bosone di Higgs, compatibile con un’altra teoria, per esempio quella della supersimmetria che invece spiega anche gravità e materia oscura. Ci vorranno 3-4 anni per capire meglio le proprietà di questa particella».
Dunque, se oggi lo scienziato Ian Low, dell’Argonne National Laboratory, ne discute la scoperta non può essere certamente etichettato come “scettico”. Il fisico americano contraddice ciò che è stato detto dai ricercatori di Ginevra, illustrando i suoi studi, grazie ai quali avrebbe trovato la compatibilità dei dati presentati con almeno due particelle che non corrispondono al bosone di Higgs standard.
I fisici del Cern avevano sostenuto che l’unico modo per individuare il bosone è quello di cercare le tracce che la particella produce, come coppie di protoni, oppure altre particelle più pesanti chiamate bosoni Z. Queste tracce, purtroppo però, non sono univoche. I ricercatori americani hanno vagliato varie possibilità, una delle quali è che la particella individuata sia il bosone di Higgs prodotto dal Modello standard. L’altra possibilità è che i dati abbiano portato prove di una teoria molto affascinante, secondo la quale il bosone di Higgs esisterebbe in molte diverse forme. La nuova particella, dunque, potrebbe essere una di queste, in forma doppia o multipla. Un’ulteriore ipotesi è che le particelle possano sussistere in una specie di “misto”.
Così, i nuovi dati, non mostrerebbero la particella di Higgs, ma una mistura del bosone e di altre particelle. Tuttavia, l’americano Low ha dichiarato che c’è ancora molto da studiare e che oggi sarebbe prematuro parlare di certezze sulla ricerca. Egli infatti ha detto: «Siamo ben lontani dall’aver ottenuto un risultato conclusivo, e i dati diffusi sostengono l’idea che quello che è stato trovato potrebbe benissimo essere una di queste tre particelle diverse. Siamo solo all’inizio di un ambizioso programma di identificazione dell’Higgs».
Secondo gli scienziati, la predizione dell’Higgs standard, grazie ai suoi approfondimenti, è oggi leggermente migliore, complessivamente, nelle varie misurazioni effettuate. Perciò, se le ipotesi del dottor Low venissero confermate, contrariamente a quanto si crede, le scoperte del Cern sarebbero ancora più importanti.
Sonia Carrera
12 luglio 2012