Scrittura e Disgrafia
La scrittura è un insieme di segni grafici convenzionali che permette di fissare su di una data superficie idee, pensieri, suoni.
Dalla scrittura di cose – pittogramma e ideogramma – nel corso dei secoli si è giunti ai fonemi, cioè alla scrittura di parole, che ha dato vita evolvendosi ai vari alfabeti, che ancora oggi possono variare da popolo a popolo.
Quindi la scrittura è un fatto materiale, suscettibile di misurazione , realizzato grazie ad un apprendimento conscio da parte del soggetto scrivente; un automatismo, derivante dal subconscio, e caratteristiche personali ereditarie e psichiche, frutto dell’inconscio.
Essa svolge nel contempo tre funzioni : la prima è quella strumentale cioè permette di esprimere il pensiero.
Mentre una persona scrive, le sue idee si chiariscono, si approfondiscono, vengono rielaborate al punto che probabilmente si può affermare che “scrivere è pensare due volte”.
Va da sé che il soggetto per effettuare questo passaggio deve scrivere con fluidità, padronanza, e sufficienti chiarezza e velocità.
La seconda riguarda l’aspetto relazionale, il soggetto si esprime per comunicare ciò che pensa e quindi è.
Più la grafia è leggibile, ordinata, equilibrata e regolare nei suoi vari parametri di espressione e composizione, più svolgerà la funzione di mezzo per entrare in contatto con l’altro.
Infine, la sua funzione sintomatica: può essere vista come proiezione concreta sulla carta, in forma simbolica, delle caratteristiche peculiari che distinguono un individuo dall’altro.
Rappresenta la personalità, quasi ne fosse un “elettroencefalogramma” grafico. E perciò essa dovrebbe essere spontanea, sciolta, condizionata minimamente da problemi, ansie, camuffamenti dello scrivente.
La disgrafia è una difficoltà di apprendimento che riguarda l’atto di scrivere sia le lettere che i numeri,rilevabile tramite una scala composta da vari item.
Il bambino o ragazzo disgrafico ha una scrittura difficilmente leggibile, ritoccata o molto lenta, tesa e costretta, maldestra o rigida, comunque atipica e poco funzionale. A volte, è incerto sulla mano scrivente (destra o sinistra).
Il bambino disgrafico non presenta per definizione problemi neurologici o deficit intellettivo e il suo problema riguarda esclusivamente il grafismo.
Ci sono alcune teorie relative alla disgrafia, sia come genesi che come manifestazioni.
J.de Ajuriaguerra , autorevole studioso del fenomeno, vede la disgrafia come un disagio che nasce non soltanto in relazione alla comprensione dei segni grafici, ma anche alla difficoltà nell’eseguirli.
Per l’autore l’intervento fondamentale è quello della diminuzione della tensione mentre si scrive, ottenuta con il metodo di rilassamento.
Scrivere male è la naturale conseguenza di difficoltà motorie ed emotive che coinvolgono l’intera personalità del fanciullo.
Per Ajuriaguerra i gruppi di disgrafia sono 5 : il gruppo dei molli, il gruppo dei rigidi, il gruppo dei maldestri, il gruppo degli impulsivi e il gruppo dei lenti e precisi.
Per Susanne Borel-Maisonny, di scuola francese, il bambino disgrafico è colui che manifesta insicurezza durante l’esecuzione grafica, una non corretta percezione della forma e della grandezza dei segni da riprodurre, un insufficiente orientamento spaziale e una incapacità di operazioni concrete, secondo la terminologia di J. Piaget.
Per l’autrice un indizio possibile di disgrafia futura è già presente verso i 4 anni, se il bambino a questa età non ha ancora raggiunto la lateralità completa e ha scarsa coordinazione oculo-motoria.
La posizione di R. Olivaux si riassume invece nella classificazione della disgrafia in: disgrafia STRUMENTALE ( difficoltà di strutturare il gesto grafico).
Comprende sia la fatica di chi scrive che la lentezza dello scritto. La fatica è testimoniata dalla stentatezza grafica, ma anche dall’impulsività e dallo scarso controllo del gesto. Per la lentezza vi sono segni evidenti come: regolarità e precisione eccessive , ma anche al contrario complicazioni, tracciati regressivi, discontinuità. Questo tipo di disgrafia, che comunque non si presenta mai allo stato puro, può essere recuperata con il trattamento di rieducazione; disgrafia RELAZIONALE (difficoltà di leggibilità). Questa caratteristica, che può anche riguardare lo scrivente oltre che il lettore, serve anche come crinale per discernere e differire una grafia “brutta”, antiestetica, anche oscura, ma tuttavia comprensibile e leggibile da una scrittura che invece risulta letteralmente “incomprensibile” e infine disgrafia SINTOMATICA ( la scrittura non rappresenta appieno la personalità dello scrivente: molto accurata, modello, artificiosa).
Una grafia con tale caratteristica non consente ne permette il rilevamento effettivo e probante dei segni grafologici appartenenti allo scrivente che di conseguenza non ne risulta rappresentato in modo adeguato. ( continua)
di Rossana Agnolin
29 giugno 2013