Vini Piwi: la vite dai superpoteri
La cultura del vino è ormai divenuta parte integrante del buon vivere italiano. Fiore all’occhiello del made in Italy, la produzione vitivinicola della penisola è davvero un’eccellenza di cui possiamo solo vantarci in tutto il mondo. Se nell’immaginario collettivo il vino francese non ha eguali, in verità, da anni ormai, competiamo e, in alcuni casi, superiamo i vicini cugini d’Oltralpe. Ciò che di certo va sottolineato è la notevole riscoperta del buon bere; alle volte, da buoni latini, non disdegniamo gli eccessi e ci slanciamo in panegirici da falsi intenditori, temendo però che tra gli astanti possa realmente nascondersi un esperto. E proprio tra gli esperti, in quest’ultimo periodo, si dibatte tra difesa dei metodi tradizionali e innovazione tecnologica.
I nemici della vite
Per chi poco conosce il vino e, gaiamente, si preoccupa solo del godimento dato dal berne un calice colmo, deve comunque sapere che la coltivazione della vite è tra le più ardue. La Vitis vinifera, infatti, è tra le colture che maggiormente risente degli agenti atmosferici e molto teme anche dagli agenti patogeni che possono, in determinate condizioni, recare danni irreparabili alla pianta e, conseguentemente, al raccolto.
Per dare un’idea dei possibili danni che alcuni agenti patogeni possono recare basterà citare la più conosciuta epidemia di fillossera che colpì l’Europa nella seconda metà dell’Ottocento: il risultato fu la quasi scomparsa della totalità di viti di origini europee e per il recupero fummo costretti ad innestare le superstiti su apparati radicali di origine americanache si rivelarono immuni all’attacco dell’afide.
È quindi già più volte avvenuto l’intervento dell’uomo sulla pianta stessa al fine di impedirne l’estinzione e implementarne la resistenza, tuttavia, le sfide non sono di certo finite e proprio quest’ultima annata si è rivelata tra le peggiori a causa dell’attacco della peronospora, un fungo letale.
Piwi International
Per rispondere a queste esigenze la ricerca tecnologica ha negli ultimi anni fatto passi da gigante e proprio per cercare di limitare il più possibile l’uso di fitofarmaci si è provveduto a operare una vera e propria selezione eugenetica che ha dato vita ai vini Piwi, abbreviazione di pilzwiderstandfähig, letteralmente “viti resistenti ai funghi”. Il nome ci porta subito in terra d’Alemagna dove, a causa delle condizioni pedoclimatiche, il rischio di possibili infezioni fungine è elevato, così nasce Piwi international e qui, al momento, sono presenti le maggiori coltivazioni di questi vitigni geneticamente selezionati che hanno dato prova di grande forza e resistenza agli attacchi degli agenti patogeni. Tra i vitigni più conosciuti troviamo Cabernet blanc, Souvigner gris e Solaris; tuttavia, notiamo come, almeno per il momento, la diffusione di questi vigneti sia limitata in Italia al Veneto e al Trentino-Alto Adige. Di qualche mese fa è invece la notizia dell’ammissione di dieci varietà nel Lazio, nella zona di Velletri, per varare uno studio sulla resistenza alle malattie di queste varietà. E proprio a Roma, nell’enoteca “Vino Sapiens” si terrà una degustazione alla cieca di vini piwi e vini tradizionali tenuta dal prof. Marco Stefanini, presidente di Piwi Italia, pronto a sfidare anche i più restii.
Una nuova frontiera
Siamo di fronte a un evento forse non epocale ma di certo degno di attenzione, molti sono i diffidenti, preoccupati da un intervento troppo invasivo, quasi fantascientifico, che sembra allontanare dalla corrente preponderante che vuole un ritorno ai metodi ancestrali. Forse, prima di calare l’ascia del giudizio, dovremmo sedere, stappare una di queste novità e, senza troppo pregiudizio, soppesarne le eventuali qualità. In fondo, il mondo del vino è talmente vasto che quello dei vini Piwi può serenamente diventare una nuova categoria che nulla toglie a quella dei vini prodotti in modo più tradizionale. Ai futuri bevitori l’ardua sentenza.