Papa Francesco: si può mai esser pronti alla morte?

“Il Papa è morto già da qualche giorno”. “Morto un papa se ne fa un altro”. “Incoerente, marxista ed eretico”. E’ il 2025, l’anno Santo, l’anno del Giubileo, l’anno della fede e del turismo nella capitale che, a quanto pare, potrebbe ritrovarsi senza Papa. Sono giorni, ormai, che circolano voci riguardanti le condizioni cliniche del Santo Padre, ricoverato al Policlinico Gemelli per una polmonite bilaterale. Secondo l’ultimo bollettino medico, al momento, le sue condizioni sarebbero critiche ma stazionarie, senza episodi respiratori acuti. Eppure, una grande porzione di popolo, è del parere che Papa Francesco sia già morto da qualche giorno. Il Vaticano smentisce ma, essendo da sempre scrigno di grandi segreti, tale notizia potrà essere confutata solo nel caso in cui Bergoglio dovesse tornare nuovamente, in carne ed ossa, a parlare ai fedeli. Un’altra notizia, ormai etichettata come fake news, è il fatto che il pontefice massimo non possa morire in ospedale. In questo caso la smentita arriva da parte di Francesco Sportelli, professore di Storia della Chiesa nell’Università della Basilica, che, ai microfoni di Vanity Fair, spiega le norme dell’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis, cioè il rito funebre utilizzato dalla Chiesa Cattolica per la celebrazione delle esequie di un Papa: “La constatazione della morte deve avvenire nella cappella papale, non l’evento in sé”.
Francisco, la ciudad reza por vos
A scanzo di equivoci e lontano dai chicchiericci, i fedeli stanno pregando per lui in tutti i modi possibili e costantemente. In Piazza San Pietro, a Roma, dal 24 febbraio alle ore 21, tutte le sere i fedeli si riuniscono, e si riuniranno, insieme ai collaboratori della Curia Romana e della diocesi di Roma, per una preghiera collettiva in segno di vicinanza e sostegno della salute del pontefice massimo. C’è chi prega per una sua ripresa, in modo tale che possa tornare con le sue orazioni e litanie; c’è chi, invece, gli augura unicamente tanta serenità, anche qualora il Signore, o il Destino, dovessero volere il suo passaggio a miglior vita. A Buenos Aires, città natale del Papa, tutto è sentito all’ennesima potenza: la sofferenza, la speranza, la preghiera. In Piazza della Repubblica, sull’Obelisco, uno dei monumenti più iconici della città, è proiettata un’immagine di Bergoglio ed una scritta che recita “Francisco, la ciudad reza por vos”.
Dal barrio al Vaticano
E’ proprio qui, in un quartiere della capitale argentina, che nasce e muove i primi passi Jorge Mario Bergoglio. Figlio di migranti italiani, originari di un paese piemontese in provincia di Asti, che negli anni 20 del novecento, come tanti altri Tanos europei, si diressero verso il Sud America alla ricerca di un luogo lontano dalla fame e dalle guerre. Questi immigrati, inizialmente, si arrangiarono come poterono, in edifici antichi situati in zone centrali o in caseggiati urbani che, ad oggi, definiremmo “baraccopoli”. La prima casa del Papa, infatti, fu a San José de Flores, quartiere tendenzialmente residenziale e tranquillo, non associato a pessime condizioni, ma molto vicino a Las Villas Miserias, zone caratterizzate da un alto tasso di povertà, mancanza di servizi primari e presenza di abitazioni precarie e sovraffollate. Nella parrocchia del barrio, l’intera famiglia Bergoglio partecipava alla messa ogni domenica e, nel frattempo, quel bambino che diventerà il Santo Padre della Chiesa Cattolica, imparava le sue prime preghiere e giocava a campana con gli amici sui marciapiedi della città. “Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma… sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui”. Furono queste le sue prime parole da Papa, pronunciate il 13 Marzo 2013, affacciato alla finestra su Piazza San Pietro.
Il Vangelo secondo i poveri
C’è, dunque, un feeling molto speciale tra Sua Santità e Flores, che oggi prega per lui in ogni celebrazione. “Per lui non siamo mai stati gli ultimi”, affermano i floresinos. Papa Bergoglio, infatti, non si è mai dimenticato dei poveri, anzi, ha dato loro il compito di evangelizzare tutto il resto del popolo. I poveri sono e saranno sempre tra noi e possono solo insegnare quei valori su cui la chiesa ha fondato la sua istituzione, tutto sta nel non ignorare tale condizione ma, al contrario, accoglierla con amore introducendola nel tessuto sociale il più possibile. Papa Francesco, il Papa buono, il Papa parso dolce sin dal primo momento, anche grazie al suo accento latinoamericano; il Papa che ha ricevuto critiche e si è esposto coraggiosamente; il Papa che ci ha emozionato durante la sua elezione e che abbiamo visto invecchiare, gonfiarsi a causa delle medicine e perdere spesso la voce, incapace di prendere un profondo respiro; il Papa che in qualche modo, ora, forse, sta lottando per restare tra noi, o meditando per affrontare l’ingresso a miglior vita. Ma al di là di tutto, al di là della preghiera, della fede e della vocazione… si può mai esser pronti alla morte?