L’impermeabile di Kabul, l’umana diplomazia di Bettanini

C’è un retrogusto profondamente attuale nell’ultimo romanzo di Tonino Bettanini. “L’impermeabile di Kabul”, edito da Magog, non è solo una spy story, ma un viaggio temporale che ci trasporta nelle viscere di un momento storico che ancora brucia nella memoria collettiva: quei torridi giorni di agosto 2021, quando il mondo guardava incredulo il collasso dell’Afghanistan.
Brando Costa, amato consigliere della Farnesina, torna a conquistarci con la sua imperfetta umanità. Catapultato alle falde dell’Hindukush come un Ulisse dei nostri tempi, Costa non è l’eroe senza macchia dei thriller tradizionali, quelli televisivi o cinematografici, ma un uomo che porta su di sé il peso delle contraddizioni di un’epoca. Fedele alle istituzioni eppure capace di sfidare le convenzioni quando l’etica lo chiama, Costa incarna quella rara specie di protagonista che ci fa innamorare non per la sua perfezione, ma per le sue fragilità.
La penna di Bettanini lavora arte come un pennello impressionista sui paesaggi desolati di Kabul invasi e pattugliati dalle squadriglie talebane. Il caos di un aeroporto ingolfato diventa metafora di una nazione sull’orlo dell’implosione, mentre la “tempesta di sabbia” che accoglie Costa al suo arrivo sembra sussurrare i segreti di una terra antica, ferita e a poche ore dal tracollo. Il ritmo narrativo oscilla tra la tensione e la poesia di un canto funebre…speranze infrante.
Ma è nell’impermeabile del titolo che si nasconde forse la metafora più potente del romanzo. Quel capo di vestiario così prosaico diventa simbolo di protezione precaria, di un tentativo disperato di rimanere asciutti mentre attorno tutto naufraga.
L’Afghanistan di Bettanini non è solo scenario, ma personaggio a tutti gli effetti. Un paese che respira attraverso le pagine con la sua storia di bellezza violentata, di donne rese invisibili, di uomini che hanno creduto in un futuro diverso e ora devono fare i conti con “questo vergognoso bye bye Kabul” a stelle e strisce. Quarto capitolo della saga di Brando Costa, “L’impermeabile di Kabul” conferma Bettanini come un narratore capace di trasfigurare la cronaca in letteratura, l’esperienza diplomatica in prosa. È un romanzo che scorre veloce e si chiude con la malinconia di chi ha assistito alla fine di un’illusione. Un romanzo può diventare un inno alla resilienza umana, alla capacità di trovare dignità anche nell’amaro momento del ritiro, di salvare quel famoso briciolo di umanità anche quando tutto sembra perduto.
Un libro che sa di polvere e di lacrime, di speranze tradite e di piccoli eroismi quotidiani. Un impermeabile che non protegge dalla pioggia della Storia, ma almeno ci permette di attraversarla mantenendo un briciolo di decoro.