Per una volta l’Occidente accusi il colpo!

I francofortesi apprezzerebbero la tenace invettiva portata avanti per una vita da Giulietto Chiesa. Almeno da una certa prospettiva. Quella in cui l’Occidente è il luogo del capitalismo e come tale in esso nascono e si alimentano alienazione e repressione culturale; da cui passa la parola “storia” scritta con la penna di chi la racconta. Un po’ come nelle favole sentiamo sempre e solo il bisogno di ascoltare e credere nella versione dell’eroe che porta a casa il suo “felice e contento”, ma non ci chiediamo mai “chissà perché la strega cattiva o il lupo volevano così tanto la distruzione dei protagonisti”. Forse perché rassicura un finale positivo piuttosto che l’alternativa critica.
Nella decostruzione del racconto storico che edizione Meltemi ci consegna attraverso il libro Chi ha costruito il Muro di Berlino, la domanda da cui dovremmo iniziare a riflettere, perché è questo l’obiettivo di quest’ultimo lavoro, indagarsi su quello che già conosciamo e diamo per scontato, è quanto ci spaventa l’ipotesi di non appartenere a quel club dei vincitori? Vincitori di fatto e poi strateghi nel posizionamento internazionale. Perché quell’invettiva portata avanti verso l’Occidente è una critica diretta-indiretta alla postura americana, strafottente e incurante dei limiti. Quanta attualità!
L’imposizione valoriale ha sempre rappresentato uno dei punti chiavi del soft-power statunitense, dopo la colonizzazione economica, ovvio. Con i principi di democrazia e pluralismo a baluardo di una volontà comune di pace, suggerisce Chiesa, l’Occidente con l’A maiuscola, si è costruito da sé le basi del nuovo ordine che sarebbe venuto dopo la seconda Guerra Mondiale a partire dal simbolo assoluto del “nuovo mondo che verrà”, il muro di Berlino.
La storia si ripete e ciclica nel suo corso
Il Muro come divisione simbolica e valoriale di mondi, Occidente e Oriente, ha imposto una visione per esclusione. Buono o cattivo, dove ti posizioni? Ce l’ha insegnato la Germania post-bellica ieri, la Russia oggi. Il pregiudizio e la tendenza, poi non così segreta, ad aver già determinato un andamento della storia, piuttosto che un altro. Quando la cesura diventa il passaggio da Roosvelt a Truman per caso della vita, ci si domanda se sarebbe andato diversamente il corso degli eventi. Ma la verità è che un Roosvelt vale l’altro(Truman).
Sicuramente le loro posizioni, profondamente divergenti, hanno inciso sulla direzione che lo scenario post-bellico ha preso, ma la riflessione è che se prendiamo per vero quello che Hugh Everett affermava negli anni ‘50, vale a dire la possibilità che l’universo si sdoppi ogni volta che si verifica un evento quantistico con più esiti possibili, se non era la caduta del muro di Berlino, la storia avrebbe trovato comunque il modo di fare il suo corso. Perché la storia, per insegnamento vichiano, è una maestra, severa, ma sempre ciclica nelle sue lezioni.
Quello che è bene sottolineare, invece, è che ciò che più pesa della storia nell’attenta e documentata analisi di Chiesa, sono le narrazioni egemoniche e la necessità di fare demistificazione di quel punto di vista che ha costruito le posture internazionali attuali, il profilo salvifico statunitense e gli interessi su cui si regge una sovrastruttura fatta di eurocentrismo bello e buono.
La Russia non è più il Problema
Bisogna armarsi di spirito critico per comprendere che il profilo di questo libro è una sottile e variegata parentesi immersa nello smontare la prospettiva eurocentrica che tanto ci aggrada e ci lascia comodi in poltrona come spettatori anche oggi di un ordine mondiale che si sta nuovamente ricalibrando.
Quando il muro cade cosa succede? Il Muro di Berlino è un monito, oggi non è quello, ma è di nuovo la guerra a bussare alle porte del Vecchio Continente. Ora la Russia, un vicino scomodo temuto perché portatore di un sistema economico e sociale differente, rientrato nel capitalismo, il lascia passare per quel club dei vincitori di cui gli Stati Uniti si fanno i capi squadra, non è più il problema, non il solo. Almeno non dal punto di vista ideologico.
Perché quel vincitore a stelle e strisce ora è in crisi e i suoi seguaci(se così li possiamo chiamare) in confusione su quale direzione prendere. Così ci ritroviamo a celebrare il 1989 come la vittoria e la fine delle tribolazioni europee, la costruzione di un ambizioso progetto di pace perpetua affinché la guerra non si istauri più. Sconfitto il Vicino Rosso, l’Occidente non sa cosa lottare, alla ricerca di un nemico per forza. L’abbattimento di un freno alla marcia degli Stati Uniti, è per l’Europa, non saper più dove guardare, non saper prendere una posizione.
Il dolce amaro risveglio dell’Occidente
Il nemico, ci insegna la storia, è l’aver voltato lo sguardo dall’altra parte e aver rimandato questioni di sovranità, potere e soprattutto la più importante: un capitalismo che ha preso il sopravvento e che invece di portare maggiori libertà, ha solo aumentato le disuguaglianze e allargato le distanze. Il socialismo è caduto e ha lasciato spazio al suo successore neoliberista ed egemonico.
Il culmine della civiltà che si pensava di aver raggiunto e il suo acme con la caduta del Muro di Berlino, la fine di un ordine multipolare poi, hanno in realtà svelato più di tutti che la storia non si è fermata e il mondo è pieno di contraddizioni e di conflitti. Ora più che mai.