Che cosa resta davvero del Novecento?
Da molto tempo gli storici tentano di dare una spiegazione a tutto ciò che è avvenuto durante quello che comunemente viene definito “Secolo breve”: gli anni che percorrono il 1900 sono segnati da avvenimenti molto importanti, molti di questi sono truculenti e drammatici. Giovanni De Luna, nel suo libro intitolato “Che cosa resta del 900”, cerca di riassumere in un breviario le atrocità della guerra e dei massacri attraverso un’analisi degli espedienti totalitari. Successivamente, gli argomenti si spostano verso il dopoguerra e al modo in cui le popolazioni pensavano di poter imparare dalle esperienze pregresse, senza trovare però – a detta dell’autore – ristoro nella nuova epoca. Vengono confrontati diversi modelli di società ed i modi in cui queste interagiscono tra loro nel panorama internazionale, fino ad arrivare all’era della globalizzazione e a quella fine della storia teorizzata da Francis Fukuyama, politologo tutt’altro che ottimista sulla diffusione del capitalismo e delle democrazie liberali ovunque. Di certo non si può dire che costui sbagliasse proprio in tutto: come fa notare l’autore, dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, la popolazione europea e nordamericana pensava di aver sconfitto totalmente l’ultimo dei mostri in grado di separare la popolazione mondiale. Ben presto ci saremmo accorti che in realtà non sarebbe mai stato così, poiché non tutti sono disposti ad accettare un valore globale capace di stravolgere l’ordine degli eventi a cui si è abituato con il passare del tempo. Nei fatti i muri si sono amplificati, tuttavia non è propriamente esatto dire che abbiano funzionato per arginare le migrazioni, di fatto sembra che queste continuino e che il globalismo stia comunque vincendo a modo suo anche nell’epoca nuova.
Il confronto tra Nazismo e Comunismo sovietico viene affrontato mediante l’utilizzo di curiosità storiche e politiche sufficientemente efficaci per rendere l’idea delle ideologie e del loro impatto sociale, soprattutto in un periodo in cui guerra e repressioni non sono mai mancate: colpisce particolarmente la descrizione del modo in cui i due regimi citati in precedenza hanno agito nella reclusione all’interno dei campi di concentramento. Lager e Gulag sono la rappresentazione dei metodi repressivi con cui due dei tre colossi geopolitici degli anni 30 e 40, cercarono di reprimere i loro nemici giurati.
Nell’opera, vengono narrati dallo scrittore anche gli eventi caratteristici dei conflitti quasi esclusivamente “americanocentrici”, come la guerra in Iraq ed il conflitto in Afghanistan in concomitanza con l’attacco terroristico alle Torri gemelle l’11 settembre 2001. Sarebbe interessante sapere quale sia il parere del prosatore anche sulle guerre e le invasioni avvenute nel Novecento durante l’epoca sovietica in Europa orientale fino al Medio Oriente, poiché anche l’URSS ingaggiò un conflitto con l’Afghanistan lungo 10 anni: dal 1979 al 1989.
De Luna parla anche della visione ottimistica ch’egli ebbe dell’Italia in gioventù, delle assemblee e degli anni in cui le fabbriche furono terreno fertile per le ribellioni operaie, senza citare necessariamente il ‘68. Ritiene peraltro che la Germania sia riuscita a riprendersi dal dopoguerra grazie a delle forme ispirate alla democrazia, nonostante il paese fu diviso in due parti: una sotto il controllo della NATO e l’altra sotto il controllo dell’URSS. Nella parte finale dell’opera si parla spesso della destra e, citando il caso dell’Ungheria, ci si interroga se l’attuale destra sia realmente capacae di garantire la democrazia.
Nei ringraziamenti lo scrittore ci fa sapere di essersi esposto più del solito in prima persona nei giudizi.
Tuttavia, l’eredità del Novecento – secondo quanto riportato dall’autore – è in buona parte negativa, tranne per alcuni piccoli casi come l’arrivo della democrazia in Italia, dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Dalle sue personali esperienze ed opinioni si evince quindi una sorta di delusione per quanto accaduto fino a questo momento, poiché grandi successi non sarebbero giunti neanche nel “Terzo Millennio”.