“Bazar Mediterraneo”: le memorie del Mare Nostrum nella penna di Alberto Negri
Spazio e tempo si muovono nella coscienza come unità all’interno della quale la distanza fisica diviene distanza del ricordo. La lontananza così come la vicinanza si misurano in emozioni di coscienza, i passi diventano allora memorie, i luoghi sussumono nelle città invisibili del nostro io, ciò che siamo stati in quell’attimo e mai più.
Il viaggio, paradigma mediterraneo del nostos omerico, è la metafora umana di formazione e crescita interiore. Il viandante è colui che ricerca primariamente sé stesso, l’alchimista, il cavaliere, lo stregone che tenta di disvelare il vero nome delle cose, colui che prima di trovare Itaca deve scalare i propri abissi.
Come spiega Alberto Negri, nel suo ultimo libro per Gog, il Mediterraneo si incarna nel grande bazar della coscienza, luogo della grande civiltà, delle tre religioni del libro, di profeti e moderni Erodoto. Il sole che sorge davanti a Beirut, città piegata e mai vinta, la paura dietro ogni angolo della casbah di Algeri, insanguinata dal sangue fraterno della guerra civile degli anni 90’, la bella Salonicco contesa tra Mediterraneo e Anatolia, culla dei donmeh, seguaci dimenticati del culto cripto-ebreo di Sabbatai Zevi.
Ogni città del bazar mediterraneo è un ritratto che scorre non solo nella storia ma anche nell’io di chi ha vissuto quelle piazze dardeggianti di giovani in rivolta, di chi ha visto giornalisti, colleghi, amici, scomparire nel nulla di un nuovo conflitto per procura. Corrono allora nelle parole di Alberto Negri i volti delle città del Mare Nostrum, ritratti che sussumono in quelli dei protagonisti di quelle storie intrecciate e che conducono all’oggi.
Beirut la seducente, da sempre fenice che si risolleva dai suoi dolori, diventa l’occasione per definire i contorni del sistema di alleanze della mezzaluna sciita che da Teheran porta in Siria e al Libano di Hezbollah. Spicca, in tale rete di rapporti, il ritratto di Musa al-Sadr, uomo religioso fondatore del movimento libanese Amal (speranza), divenuto centrale nel rafforzare il potere degli Assad grazie al riconoscimento islamico della minoranza alauita e poi scomparso nel nulla dopo un viaggio nella Libia di Gheddafi.
Il caleidoscopio della memoria di Negri rammenta le ipocrisie occidentali e in particolare italiane nell’affaire Libia, terra in balia di una guerra interna alimentata dagli interessi delle potenze internazionali dopo i bombardamenti del 2011 e il rovesciamento Gheddafi, accolto l’anno prima in pompa magna a Roma come alleato e fornitore affidabile di gas.
Dalle profondità della storia del Mediterraneo emerge la vastità, quasi obliata, della tragedia del ghetto di Salonicco, la Gerusalemme dei Balcani. Ricca di una tradizione di accoglienza delle comunità ebraiche fuggite dalle conversioni forzate e dai pogrom, Salonicco subirà la drammatica forza distruttiva degli squadroni della morte del terzo Reich.
Senza viaggio non c’è coscienza, il Mediterraneo diventa allora luogo cardine di un percorso nella storia ancestrale dell’uomo, delle sue memorie, individuali e collettive, il mare nostrum, sangue e sperma come Pavese chiosava dialogando con Leucò. Il sangue della morte, dei genocidi, delle lotte di religione, delle guerre per procura e dei dittatori, ma anche del seme della vita, la schiuma dell’onda, afros, la bellezza che si schiude nella nascita di Afrodite dopo l’evirazione di Urano in amplesso con Gea.