Cose che non ho buttato via, l’ultima fatica di Marcin Wicha

Svuotando la casa della madre lo scrittore, e noi con lui, ci ritroviamo di fronte a una collezione infinita di momenti vissuti, attimi mai dimenticati, ricordi sparsi e ricette improbabili ma mai gettate via. Ci ritroviamo di fronte a una vita che non c’è più ma che ha lasciato delle orme incredibilmente grandi, profonde ed indelebili.
Lo stile semplice e liberare ci presentano una donna tenace, capace di tener testa a chiunque abbia davanti, dall’amministratore di condominio a Jane Austen, come ironicamente l’autore ci dice nello scorrere delle pagine.
Il rapporto di Marcin, voce narrate oltre che scrittore, con la madre è quello che tutti vorremmo avere con i nostri genitori: ci immedesimiamo nella sua voglia di rendere fiera quella donna che significa tanto per lui, capiamo il suo dolore alla comparsa della malattia che la porterà alla morte e siamo lì con lui a vuotare ogni scaffale.

Cosa resta di noi, su questa terra, quando non ci siamo più? I ricordi.
Questo è il potente e immediato messaggio che traspira da ogni parola di “cose che non ho buttato via”. Per ogni oggetto c’è una storia, per ogni libro un commento, in un quadro che ci racconta un modo di vivere la vita che non si dimentica con facilità.
La cosa che più colpisce è che non si è mai assaliti da un senso di tristezza. I ricordi sono presentati con armonia, non come mancanza ma come ponte per raggiungere un tempo che non ci appartiene più ma che è stato nostro. Il ritratto di questa madre, di questa donna, indimenticabile e ingombrante, ci resta dentro e stanza dopo stanza, ricordo dopo ricordo, oggetto dopo oggetto ci entra dentro e prende posto su una poltrona e ci insegna che la più grande sfida della vita è la vita stessa e che il modo in cui la viviamo resta nelle menti di chi ci accompagna.