“Geopolitica del Caucaso russo”: la guida al mistero della terra tra Oriente e Occidente

Stretto tra le coste di tre mari, sottile striscia di terra sospesa tra Oriente e Occidente, tra Islam e cristianesimo, il Caucaso declina la sua essenza in rivoli sinuosi di molteplice complessità. Incontro/scontro del Rimland dell’Eurasia, la regione caucasica appare comprensibile nella sua matassa di fili intrecciati d’identità etniche e storia solo dall’orizzonte del lungo periodo, dall’orizzonte della sua orografia, dai suoi paesaggi di steppe e monti, dalla sua geopolitica.
Ribollente sulle faglie della storia, a loro volta incarnatesi nell’espansione zarista, nel grande gioco russo-britannico, fino alla nuova visione di potenza russa di stampao putiniano, il Caucaso è crocevia e arteria, fascino e bellezza misteriosa, paesaggio che si rivela strategia geopolitica, steppa e montagna immortalate dalle splendide tele del pittore ucraino Vladimir Orlovsky.

In “Geopolitica del Caucaso russo” di Giuliano Bifolchi, edito da Sandro Teti Editore, si coglie la stretta necessità del metodo di analisi della geopolitica, del filo rosso di Arianna necessario a guidare il lettore nella fitta rete intrecciata della regione caucasica della Federazione russa.
Dalle analisi dei classici della geopolitica tradizionale, come il Sea Power dell’Ammiraglio della U.S. Navy Navy Alfred T. Mahan fino alla definizione di Rimland secondo il dettato di Spykman, alle specificità degli interessi locali, Giuliano Bifolchi analizza i nodi strategici del Caucaso sciogliendo in modo organico i molteplici vortici insiti nella profondità storica e strategica dell’area.

Si rivela allora la varietà sinuosa degli interessi globali sulla regione, punto nevralgico dello snodo energetico dei giacimenti di gas del Caspio, ma anche terra di fede islamica soggetta alle lotte interne per la supremazia della guida sunnita, vedi l’influenza wahabita dell’Arabia Saudita o il progetto panturanico del neo ottomanesimo turco.
Non meno strategico per la Federazione russa il ponte con l’estero-vicino iraniano, erede dell’impero safavide divenuto, in chiave anti-americana e in linea con la denuncia dell’unipolarismo di Washington, partner importante nello scacchiere diplomatico di Mosca.
Particolarmente efficace l’analisi del ruolo della Cecenia, riletta da Bifolchi non solo come terra di possibile instabilità per il diffondersi del terrorismo di matrice islamica ma anche in primo luogo come entità politica legata a Mosca in grado di dialogare, attraverso il canale privilegiato dell’umma caucasica, con il mondo islamico alle porte dei confini russi.
Emerge in tal senso l’importante il ruolo di mediatore, spesso passato in secondo piano rispetto alle dinamiche belliche delle guerre cecene, della famiglia Kadyrov, prima sostenitrice dell’indipendenza della Repubblica cecena di Ichkeria e successivamente divenuta tassello fondamentale nella politica del Cremlino sia in chiave interna che nella diplomazia con il mondo dell’islam.