Assemblea nazionale Pd, Renzi eletto segretario
Dopo la presa di distanza dei fuoriusciti dal Partito democratico e il risultato delle ‘primarie’, l’assemblea nazionale del Pd in programma quest’oggi – domenica 7 maggio – al Marriott Park Hotel di Roma, ha portato alla nomina di Matteo Renzi a segretario del partito. Il risultato premia nettamente l’ex primo ministro che adesso – almeno sulla carta – può contare su una forza politica più compatta ma più ‘ad personam’ e sul peso specifico dei 700 delegati pro-Renzi; più del doppio dei 212 per Andrea Orlando e degli 88 di Michele Emiliano. I lavori dell’assemblea hanno inoltre condotto all’elezione di Matteo Orfini come presidente (16 voti contrari e 60 astenuti) e Barbara Pollastrini e Domenico De Santis come vicepresidenti. Il tesoriere sarà invece Francesco Bonifazi (11 astenuti, nessun voto contrario).
«Grazie a chi oggi si rimette in cammino – ha detto Renzi rivolgendosi alla platea – Cinque mesi fa, il 7 dicembre, concludevo l’assemblea Pd dimettendomi da premier. Questa è l’esperienza di un popolo che si rimette in gioco. Questo è un popolo che non ha paura di ripartire e di rimontare mettendo al centro una comunità politica che cerca di fare il bene dell’Italia».
L’ex primo ministro ha poi indicato la via che il Pd dovrà seguire nel breve-medio periodo: «Visto che dobbiamo arrivare fino al 2021 insieme, fermiamoci un attimo. Diciamoci parole di verità: chi siamo oggi in questo momento? Se non siamo consapevoli del nostro ruolo, perdiamo il senso dello stare insieme. Vorrei dire grazie di cuore a Andrea Orlando e Michele Emiliano, dal profondo del cuore. Tre parole per il Pd, la nostra prima parola è ‘lavoro’, non assistenzialismo. Il Pd è il partito del lavoro. Poi ‘casa’, il luogo in cui viviamo ma che vuole dire anche comunità, ambiente e sicurezza. La terza parola è ‘mamme’: è la questione politica del nostro tempo e che nel 2017 la maternità possa essere considerata un ostacolo è assurdo».
«Per 5 mesi ne abbiamo viste di tutti i colori, abbiamo dato l’impressione di essere una comunità di uomini e donne capaci solo di litigare, tradendo così lo straordinario messaggio che il nostro popolo ci dà. Il Pd non può accettare di essere un luogo in cui tutti sparano contro il quartier generale sperando di avere visibilità. La gente non vuole da noi polemiche, ma proposte. Sento parlare di flop delle unione civili. I diritti si affermano, non si contano. E sono orgoglioso di ave imposto questa legge con la fiducia». Nel suo discorso, Renzi ha rinnovato la fiducia all’esecutivo Gentiloni: «Questo governo non sta facendo opera di discontitunuità, ma continua un lavoro che noi abbiamo lasciato a mezzo. E siamo felici quando vediamo 739mila posti di lavoro in più grazie al Jobs Act».
Renzi ha parlato anche di legittima difesa sostenendo di non aver «mai inseguito la destra sulla sicurezza. Ma non la spieghi una distinzione tra giorno e notte sulla legittima difesa. O accetti che la legittima difesa è un valore o non la spieghi». L’intervento di Renzi ha poi toccato la politica estera, con una battuta sulle elezioni in Francia: «Dire che Macron e Le Pen sono uguali è dire una bestialità. Chi negli Usa votò Ralph Nader ha consegnato la vittoria a Bush, alla destra. E potremmo risalire a tanti di quelli che oggi ci fanno proclami sul valore dell’unità a sinistra e negli anni scorsi hanno picconato l’Ulivo, uccidendo l’esperienza politica di Prodi. Bisogna essere coerenti con quello che si dice, altrimenti non si va da nessuna parte. Dobbiamo tornare più alla gente e combattere per difenderla. Questa deve essere la lettura del risultato referendario, che è in realtà la lettura data da Obama alla sconfitta di Clinton. Da qui dobbiamo ripartire».