Riforme costituzionali, voto finale prima del referendum

Dopo la lunga pausa natalizia, la Camera dei deputati torna al lavoro a pieno regime sul tema riforme costituzionali. A partire dalle 15 di oggi verranno affrontate 2 questioni rilevanti per il Paese: la discussione sulle linee del ddl di conversione in legge del decreto 4 dicembre 2015 n. 191, recante disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA e la votazione finale del disegno di legge costituzionale, contenente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.
Se il testo del ddl Boschi sarà approvato, la palla passerà ai cittadini che, tramite referendum, potranno esprimersi avallando o respingendo le modifiche costituzionali contenute nel disegno di legge, che qui ricordiamo: la Camera sarà l’unica a votare la fiducia, il Senato sarà composto da 95 membri eletti dai Consigli Regionali (21 sindaci e 74 consiglieri-senatori), più 5 nominati dal Capo dello Stato che resteranno in carica per 7 anni. Avrà competenza legislativa piena solo su riforme e leggi costituzionali. Per quanto riguarda le leggi ordinarie, potrà chiedere alla Camera di modificarle ma quest’ultima non sarà tenuta a dar seguito alla richiesta. Se il Senato chiede alla Camera di modificare una legge che riguarda il rapporto tra Stato e Regioni, Montecitorio può respingere la richiesta solo a maggioranza assoluta.
I cittadini, chiamati ad eleggere i Consigli Regionali, dovranno indicare quali consiglieri saranno anche senatori. I Consigli, una volta insediati, saranno tenuti a ratificare la scelta. I 95 senatori saranno ripartiti tra le Regioni in base al loro peso demografico. I Consigli Regionali eleggeranno con metodo proporzionale i senatori tra i propri componenti; uno per ciascuna Regione dovrà essere un sindaco. I nuovi senatori godranno delle stesse tutele dei deputati. Non potranno essere arrestati o sottoposti a intercettazione senza l’autorizzazione del Senato.
Lo Stato avrà in capo alcune competenze come energia, infrastrutture strategiche e sistema nazionale di protezione civile. Su proposta del governo, la Camera potrà approvare leggi anche nei campi di competenza delle Regioni, “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. I Regolamenti parlamentari dovranno indicare un tempo certo per il voto dei ddl del governo; vengono introdotti limiti all’esecutivo sui contenuti dei decreti legge.
Il Capo dello Stato sarà eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori. Per i primi 3 scrutini occorreranno i consensi dei 2/3 dei componenti mentre dal quarto la soglia scenderà ai 3/5; dal settimo scrutinio, invece, sarà sufficiente la maggioranza dei 3/5 dei votanti. Cinque dei 15 giudici Costituzionali saranno eletti da Camera e Senato: 3 da Montecitorio, 2 da Palazzo Madama.
Per i referendum sui quali sono state raccolte 800mila firme anziché 500mila è previsto un quorum inferiore rispetto a quello attuale: per renderlo valido basterà infatti la metà degli elettori delle ultime elezioni politiche e non la metà degli iscritti alle liste elettorali. Saliranno però da 50mila a 150mila le firme necessarie per presentare un ddl di iniziativa popolare. I regolamenti della Camera dovranno tuttavia indicare tempi precisi d’esame del ddl popolare, oggi non contemplati.
Introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte Costituzionale su richiesta di 1/4 dei componenti della Camera. Tra le norme transitorie ci sarà anche la possibilità di ricorso preventivo già in questa legislatura. Le province verranno cancellate dalla Costituzione e abrogate definitivamente, così come il CNEL, il Consiglio Nazionale Economia e Lavoro.