Migranti, fermati i due scafisti: ‘collisione con il King Jacob’. Spunta un diario di bordo
Le forze dell’ordine hanno arrestato i due scafisti del barcone affondato al largo della Libia. Entrambi sono giunti nel porto di Catania assieme agli altri superstiti e sono stati interrogati e fermati dalle forze dell’ordine. Secondo la ricostruzione di uno di loro, all’origine della tragedia ci sarebbe stata anche una collisione con il mercantile King Jacob. Si lavora anche su una sorta di ‘diario di bordo’ ripescato nel luogo dell’affondamento. Sulla voicenda è intervenuto anche l’ammiraglio Angrisano, vertice delle Capitanerie di porto nazionali.
ROMA – Triton non funziona. Non funziona e a dimostrarlo stavolta non c’è nessun ragionamento scientifico. Ci sono i morti, tanti, circa 950 e ci sono le imbarcazioni italiane a navigare in lungo e in largo a recuperare le salme di chi non ce l’ha fatta ed è stato sopraffatto dal mare, morto mentre era in viaggio per raggiungere la salvezza.
La dinamica della tragedia spiega ancora meglio lo stato d’animo di chi, dopo aver pagato grosse somme e dopo esser stato umiliato e picchiato per giorni, ha avvistato la nave mercantile King Jacob e per la concitazione ha provocato il rovesciamento dell’unica cosa che lo stava tenendo a galla, un barcone di una ventina di metri salpato – come tanti – da un porto libico, destinazione: Italia. Secondo notizie più recenti, oltre alla concitazione, a provocare la tragedia potrebbe essere stata anche una manovra errata di uno degli scafisti.
L’incidente è avvenuto a circa 60 miglia nautiche dalle coste libiche, sotto gli occhi di chi in quel momento era a bordo del King Jacob – un mercantile portoghese – una delle prime imbarcazioni a prestare soccorso e a dare l’allarme. Per far fronte al gran numero di persone coinvolte nell’incidente è intervenuto un dispositivo navale composto da 17 unità coordinato dal Centro Nazionale Soccorso della Guardia Costiera. La flotta comprende unità della Guardia Costiera, della Marina Militare e della Guardia di Finanza impegnate nell’operazione Triton dell’agenzia Frontex. Vi sono anche mezzi navali di Malta e numerosi mercantili dirottati in zona. Si sono cercati superstiti nell’area del naufragio ma finora a prevalere sono stati i morti. Sono 28 le persone sopravvissute, 24 i cadaveri recuperati. Le stime parlavano di circa 700 morti, ma da un racconto di chi miracolosamente ce l’ha fatta è emerso che sull’imbarcazione c’erano 950 persone, molte delle quali stipate nella stiva, “morte come topi”, spiega con voce rotta chi è stato tratto in salvo. Tra i superstiti sono stati individuati e arrestati 2 scafisti, un tunisino 27enne, Mohammed Alì Malek e Mahmud Bikhit, siriano di 25 anni. Di fronte agli inquirenti, l’uomo ha raccontato la sua versione: “Non volevo farmi scoprire e così, cercando di nascondermi, mi sono distratto e mi sono avvicinato troppo al mercantile, scontrandomi. I passeggeri intanto si erano tutti affacciati da quella parte e così ci siamo rovesciati e il barcone è affondato”. Secondo lo scafista ci sarebbe dunque stata una collisione con il King Jacob che avrebbe favorito il rovesciamento della barca con i migranti a bordo. Per far luce sull’esatta dinamica, gli agenti stanno raccogliendo anche le dichiarazioni dei superstiti, che potrebbero fornire elementi utili all’indagine assieme a un quadernetto ripescato dopo il naufragio e nel quale sarebbero contenute preziose informazioni riguardo il viaggio intrapreso dal barcone ora in fondo al mare.
Il fatto ha dato il via a una serie di polemiche e attacchi sul fronte politico; Salvini ha attaccato il Governo e parla di “Altri morti sulle coscienze sporche di Renzi, Alfano e dei falsi buonisti”. Per il segretario del Carroccio serve il “blocco navale internazionale, davanti alle coste libiche”. Alle parole di Salvini risponde il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini: “Mentre i nostri uomini raccolgono i cadaveri e salvano vite nel Mediterraneo, gli sciacalli speculano in diretta tv. Nauseante”. Il primo ministro Renzi ha organizzato un tavolo di consultazione e ha preso contatti con i capi di Governo europei. Al termine del vertice ha parlato in conferenza stampa: “Trovo inqualificabili le polemiche demagogiche di una parte della politica mentre il nostro Paese è impegnato nei soccorsi”. Il primo ministro, rivolgendosi all’Europa chiede “di non essere lasciati soli”. E prosegue: “Ma la nostra questione è di dignità dell’uomo oltre che di sicurezza delle nazioni, ed è quella di bloccare gli schiavisti in mare. Non sono questioni di serie B rispetto l’agenda dell’Europa. Nel Consiglio europeo porremo con grande attenzione questo tema. Vogliamo dare degna sepoltura a chi ha perso la vita e gli sforzi saranno per andare a individuare lo scafista che ha condotto la nave”.
Mentre a Lampedusa il sindaco Nicolini si scaglia contro Triton e preme sul fatto che ormai il cimitero dell’isola è saturo, Berlusconi getta acqua sul fuoco della polemica e suggerisce di lavorare a una soluzione condivisa da tutte le forze politiche: “Di fronte a quest’ultima tragedia, basta con le accuse e le contrapposizioni. Occorre costituire immediatamente un tavolo tra tutti i protagonisti dei governi passati e presenti dove ciascuno possa mettere a disposizione le proprie esperienze”. Sul fatto si è espresso anche il Capo dello Stato Mattarella: “Il governo italiano sta compiendo, con tempestività, passi importanti a livello europeo e internazionale. Mi auguro che la sensibilità ai diritti umani prevalga sull’indifferenza che spesso sconfina nel cinismo”.
Secondo Federica Mogherini “ciò che è accaduto, ciò che accade ogni giorno alla frontiera meridionale dell’Europa è inaccettabile per un’Unione che fu costruita sui principi di solidarietà, del rispetto dei diritti umani e della dignità di tutti”. Sulla questione è intervenuto anche Hollande, che – coi piedi all’asciutto – ha parlato di “peggior catastrofe di questi ultimi anni nel Mediterraneo” e ha aggiunto: “dobbiamo rafforzare il numero di imbarcazioni dell’operazione Triton”. Anche i burocrati dell’esecutivo Ue si sono espressi sulla tragedia che gli ha sbattuto praticamente in faccia l’inutilità del dispositivo Triton: “La commissione europea è profondamente frustrata dagli ultimi sviluppi nel Mediterraneo”, una situazione “dura che richiede un’azione decisa”. Il problema, spiegano dall’Europa, va risolto “alla radice”.
L’ammiraglio Felicio Angrisano, al vertice delle Capitanerie di porto italiane, ha posto l’accento sulle condizioni con cui le unità sono costrette ad operare: “Siamo allo stremo, è un vero e proprio assalto. Ogni giorno – ha spiegato l’ammiraglio – solo le Capitanerie di Porto impegnano oltre 2000 persone in mare e a terra per soccorrere queste persone. E poi ci sono la Marina Militare, la Guardia di Finanza, tutti i corpi che dispongono di mezzi navali sono mobilitati”. L’ammiraglio ha parlato di “un esodo di proporzioni bibliche. Con la collaborazione di Triton stiamo facendo il possibile ma – ammonisce – è giunta l’ora di una mobilitazione generale in sede Ue”. In merito alle vittime dei viaggi della speranza, l’ammiraglio Angrisano ha parlato di “veri e propri omicidi premeditati” aggiungendo inoltre che “la nostra priorità assoluta è salvare le vite umane. Ma anche sul fronte delle indagini si stanno facendo notevoli passi in avanti. Le inchieste vanno avanti e i migranti disposti a collaborare sono sempre di più”. Angrisano si è poi soffermato sulla differenza di trattamento che c’è tra migranti provenienti dall’Africa e quelli che arrivano dall’area siriana: “i siriani pagano meglio e per loro vengono allestite traversate più sicure. Sono sempre carrette del mare, ma a volte sono mercantili di 80 metri, dotati di una maggiore stabilità”, mentre gli altri, cioè “somali, eritrei, subsahariani, sono meno tutelati e i loro viaggi sono più a rischio”. L’ammiraglio ha concluso con un pensiero rivolto alla comunità internazionale: “Spero solo che quest’ultima strage possa scuotere le coscienze della comunità internazionale; è una situazione che ogni giorno diventa più difficile da gestire. È ora che altri, a livello internazionale, ci diano una mano”.
Sono serviti 950 migranti morti in un colpo solo per far smuovere qualcosa, quell’apparato – capitanato al tempo dalla Francia – che tanto aveva insistito per togliere Gheddafi dal potere in nome della libertà. Pur essendo stato un capo autoritario e per questo ampiamente criticabile, l’ormai defunto leader libico ha avuto il merito e forse qualche finanziamento sottobanco (quest’ultima è mera opinione di chi scrive) per riuscire a tenere compatta la Libia e arginare le partenze dei viaggi della speranza. Probabilmente potremmo dire lo stesso anche per Saddam Hussein, la sua caduta e l’arrivo dell’Isis, ma questo meriterebbe menzione a parte. Sta di fatto che in nome della libertà adesso in Libia si combatte, la gente muore per strada o mentre attende di essere imbarcata su qualche tinozza stracolma. I militari proteggono i pozzi petroliferi, proteggono i soldi, ma non intervengono dove i migranti vengono radunati, malmenati e spediti in mare a centinaia, come proprio Gheddafi disse qualche tempo prima di essere ucciso: “sarà un’invasione”.
Davide Lazzini
21 aprile 2015