D’Alema: «Battaglia dentro al PD». Guerini: «Renzi ha stravinto, qualcuno se ne faccia una ragione»
ROMA — L’occasione della convention della minoranza dem a Roma ha dato a D’Alema la possibilità di richiamare all’ordine la minoranza del PD, proponendo una grande associazione per il rinnovamento e la rinascita della sinistra perché «questa parte del PD può avere peso se raggiunge un certo grado di unità nell’azione, altrimenti non avrà alcun peso». Servono quindi strumenti per riunirsi, trovare punto di mediazione e definire una posizione comune, offrendo così uno spazio di partecipazione a chi non si riconosce nel PD di Renzi, definito personale ed arrogante.
D’Alema si sofferma chiedendosi quale possa essere «il destino di un partito senza popolo, ma anche il destino di un popolo senza partito». Infatti, analizzando il numero di iscritti al PD, si può constatare che «non è un grande partito», rispetto ai DS che contavano seicentomila iscritti: «Stiamo assistendo ad un processo di riduzione della partecipazione politica che non solo non è contrastato ma è perseguito. Tra i tantissimi che se ne vanno e quelli che vengono da fuori, è un saldo che difficilmente può essere considerato su quantità e qualità positivo».
Una battaglia che per D’Alema va fatta all’interno del partito, ma «in questo partito si vince giocando all’interno e all’esterno, Renzi è sostenuto anche da forze che non sono iscritte al PD, il sistema delle Leopolde si va diffondendo in tutto il Paese».
Immediate le reazioni, da quella favorevole di Bersani: «D’Alema ha detto una cosa sacrosanta, c’è tanta gente nel PD che è in sofferenza e a disagio ed è necessario trovare il sistema per dialogare con questi mondi. A sinistra nel PD», a quelle contrarie di Orfini, Presidente del PD, e Guerini, Vicesegretario del PD. Il primo definisce i toni di D’Alema, dirigente importante per la storia della sinistra, come «degni di una rissa da bar. Così si offende la nostra comunità», mentre Guerini sottolinea come Renzi sia riuscito in un’impresa fallita da altri: «Renzi ha stravinto il Congresso e portato il PD al 41% per cambiare l’Italia dove altri non sono riusciti. Qualcuno se ne faccia una ragione» e non usi come unica strategia per il Paese quella di attaccare il Segretario e Premier.
Francesco Boccia aggiunge però che la vittoria numerica di Renzi non deve significare «avere il diritto di non ascoltare nessuno per quattro anni ed imporre una sorta di pensiero unico su tutto».
Una gestione solitaria quella di Renzi che, come evidenzia Stefano Fassina, nega il pluralismo interno. Sarebbe proprio questo «personalismo» e questa «arroganza» del Premier a mettere in fuga molti elettori dem. Il richiamo alla sinistra è quindi quello di andare a riprendersi i propri elettori interni al PD e non come Renzi in convention esterne come la Leopolda.
Gianni Cuperlo però, pur condividendo l’appello all’unità di D’Alema, esorta a domandarsi «perché la sinistra ha ceduto culturalmente negli anni in cui ha avuto il potere».
Paola Mattavelli
22 marzo 2015