Napolitano lascia, l’annuncio durante il discorso di fine anno
ROMA – Napolitano lascerà presto la carica di Capo dello Stato. Lo ha detto chiaramente in apertura del canonico discorso di fine anno alla nazione, motivando tale decisione con sopraggiunti limiti d’età che non gli consentono più di rispettare con certezza e tempestività gli impegni istituzionali. Dopo aver ripercorso brevemente i passi che lo hanno visto eleggere nel 2006 e di nuovo nel 2013, il Capo dello Stato ha richiamato il discorso del 2013 in cui auspicava “di vedere nel 2014 almeno iniziata una incisiva riforma delle istituzioni repubblicane”. Secondo Napolitano “è innegabile che quell’auspicio si sia realizzato” pertanto – ha precisato – occorre non fermarsi e completare l’opera.
Le note dolenti sono arrivate quando Napolitano ha preso in analisi la situazione attuale dei cittadini: “Credo sia diffuso e dominante l’assillo per le condizioni della nostra economia, per l’arretramento delle attività produttive e dei consumi, per il calo del reddito nazionale e del reddito delle famiglie, per l’emergere di gravi fenomeni di degrado ambientale e soprattutto, questione chiave, per il dilagare della disoccupazione giovanile e per la perdita di posti di lavoro. Dalla crisi mondiale in cui siamo precipitati almeno dal 2009, nemmeno nell’anno che oggi si chiude siamo riusciti a risollevarci. Parlo dell’Europa e in particolare dell’Italia. Gli Stati Uniti, da cui partì – anche per errate scelte politiche – la crisi finanziaria, conoscono un’impennata della ripresa già avviata e guardano all’Europa per uno sforzo corrispondente, benché in condizioni assai diverse”.
Napolitano ha preso in esame anche il ruolo dell’Italia in ambito comunitario; il Paese “ha colto l’opportunità del semestre di presidenza del Consiglio per sollecitare un cambiamento nelle politiche dell’Unione che accordi la priorità a un rilancio solidale delle nostre economie. Tra breve il Presidente del Consiglio Renzi tirerà le somme dell’azione critica e propositiva svolta a Bruxelles”.
Poi una stoccata a coloro che auspicano la fine della moneta unica, considerata una delle cause della crisi economica: “nulla di più velleitario e pericoloso può invece esservi di certi appelli al ritorno alle monete nazionali attraverso la disintegrazione dell’Euro e di ogni comune politica anti-crisi”.
Napolitano ha riconosciuto la pochezza delle azioni di Governo in materia di welfare e sviluppo economico/industriale: “tutti gli interventi pubblici messi in atto in Italia negli ultimi anni stentano a produrre effetti decisivi, che allevino il peso delle ristrettezze e delle nuove povertà per un così gran numero di famiglie e si traducano in prospettive di occupazione per masse di giovani tenuti fuori o ai margini del mercato del lavoro. Guardando ai tratti più negativi di questo quadro, e vedendo come esso si leghi a debolezze e distorsioni antiche della nostra struttura economico-sociale e del nostro Stato, si può essere presi da un senso di sgomento al pensiero dei cambiamenti che sarebbero necessari per aprirci un futuro migliore, e si può cedere al tempo stesso alla sfiducia nella politica, bollandola in modo indiscriminato come inadeguata, inetta, degenerata in particolarismi di potere e di privilegio”.
Per il capo dello Stato: “non deve essere questo l’atteggiamento diffuso nella nostra comunità nazionale. Occorre ritrovare le fonti della coesione, della forza, della volontà collettiva che ci hanno permesso di superare le prove più dure in vista della formazione del nostro Stato nazionale unitario e poi del superamento delle sue crisi più acute e drammatiche”. Per Napolitano condizioni essenziali per far rinascere la politica sono il recupero di ragionata fiducia in noi stessi e una lucida percezione del valore dell’unità nazionale, tuttavia il Capo dello Stato parla di progetto di “lunga lena”, di cui adesso sarebbe meglio comprimerne le tempistiche, specie per quanto riguarda le politiche industriali e la disoccupazione dilagante.
Napolitano ha parlato anche della vicenda inerente la rete di rapporti tra ‘mondo di sotto’ e ‘mondo di sopra’: “dobbiamo bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società. E bisogna farlo insieme, società civile, Stato, forze politiche senza eccezione alcuna. Solo riacquisendo intangibili valori morali la politica potrà riguadagnare e vedere riconosciuta la sua funzione decisiva. Valori morali, valori di cultura e di solidarietà. Non lasciamo occupare lo spazio dell’attenzione pubblica solo a italiani indegni. Rendiamo omaggio a italiani esemplari” ha detto Napolitano, citando Fabiola Gianotti, direttore generale del CERN di Ginevra; l’astronauta Samantha Cristoforetti; Fabrizio, il medico di Emergency; Serena Petriucciolo, ufficiale medico della Marina e gli italiani lanciatisi a soccorrere i passeggeri del traghetto in fiamme sulla rotta tra la Grecia e l’Italia. Questi sono per Napolitano esempi da seguire per riscattare le sorti del Paese: esempi utili a sviluppare un capitale umano.
Il Presidente della Repubblica giudica “vigorosa” la denuncia di Papa Francesco e avverte: è “dietro l’angolo il rischio di indifferenza globale. A quel rischio deve opporsi una sensibilità sempre più diffusa per le conquiste e i valori di pace e di civiltà oggi in così grave pericolo. La crescita economica, l’avanzamento sociale e civile, il benessere popolare che hanno caratterizzato e accompagnato l’integrazione europea, hanno avuto come premessa e base fondamentale lo stabilirsi di uno spirito di pace e di unità tra i nostri popoli. Ebbene, questo storico progresso è sotto attacco per l’emergere di inauditi fenomeni e disegni di destabilizzazione, di fanatismo e di imbarbarimento, fino alla selvaggia persecuzione dei cristiani. Dal disegno di uno o più Stati islamici integralisti da imporre con la forza sulle rovine dell’Iraq, della Siria, della Libia; al moltiplicarsi o acuirsi di conflitti in Africa, in Medio Oriente, nella regione che dovrebbe essere ponte tra la Russia e l’Europa: di questo quadro allarmante l’Italia, gli italiani, devono mostrarsi fattore cosciente e attivo di contrasto. Ci dà forza la parola, il magistero del Pontefice che per la Giornata Mondiale della Pace si fa portatore di un messaggio supremo di fraternità, e ci richiama alla durissima realtà dei ‘molteplici volti della schiavitù’ nel mondo d’oggi”.
Farci, ciascuno di noi, partecipi di un sentimento di solidarietà e di un impegno globale – sconfiggendo l’insidia dell’indifferenza – per fermare queste regressioni e degenerazioni, è un comandamento morale ineludibile. E forse, facendoci lucidamente carico di quanto sta sconvolgendo il mondo, potremo collocare nella loro dimensione effettiva i nostri problemi e conflitti interni, di carattere politico e sociale ; potremo superare l’orizzonte limitato, ristretto in cui rischiamo di chiuderci.
“Da ciascuno di voi può venire un impulso importante per il rilancio e un nuovo futuro dell’Italia. Lo dimostrano quei giovani che non restano inerti – dopo aver completato il loro ciclo di studi – nella condizione ingrata di senza lavoro, ma prendono iniziative, si associano in piccoli gruppi professionali per fare innovazione, creare, aprirsi una strada. Dal modo in cui tutti reagiamo alla crisi e alle difficoltà con cui l’Italia è alle prese, nasceranno le nuove prospettive di sviluppo su cui puntiamo, su cui dobbiamo puntare ‘dall’alto e dal basso’. Mettiamocela dunque tutta, con passione, combattività e spirito di sacrificio. Ciascuno faccia la sua parte al meglio. Io stesso ci proverò, nei limiti delle mie forze e dei miei nuovi doveri, una volta concluso il mio servizio alla Presidenza della Repubblica”.
“Resterò vicino al cimento e agli sforzi dell’Italia e degli italiani, con infinita gratitudine per quel che ho ricevuto in questi quasi nove anni non soltanto di riconoscimenti legati al mio ruolo, non soltanto di straordinarie occasioni di allargamento delle mie esperienze, anche internazionali, ma per quel che ho ricevuto soprattutto di espressioni di generosa fiducia e costante sostegno, di personale affetto, direi, da parte di tantissimi italiani che ho incontrato o comunque sentito vicini. Non lo dimenticherò. Grazie ancora. E che il 2015 sia un anno fecondo di risultati positivi per il nostro paese, le nostre famiglie, i nostri ragazzi”.
Davide Lazzini
31 dicembre 2014