Renzi, sconvolto dalle infiltrazioni mafiose, nomina Orfini commissario del Pd di Roma
ROMA – «L’epicentro è l’amministrazione Alemanno, ma il Pd romano non può tirarsene fuori». Così il premier Matteo Renzi, ospite di Mentana su La7, ha commentato le vicende di Mafia Capitale, annunciando il commissariamento del Pd di Roma.
È bastato un accordo con il segretario Cosentino, che ha deciso di rinunciare all’incarico, e una celere consultazione teleIefonica con il sindaco Marino, il presidente della Regione Zingaretti e il segretario regionale Melilli per decidere l’azzeramento del Pd, nominando commissario il presidente del partito Orfini.
Ma dietro alla rapidità delle decisioni di vertice, si cela tutta la tensione e lo sgomento democratico per una situazione che rischia di affondare la credibilità dell’amministrazione renziana. E lo stesso presidente del Consiglio non ha nascosto le sue preoccupazioni. «Sono sconvolto, perché vedere una persona seria come il procuratore di Roma parlare di mafia è qualcosa che genera rabbia e amarezza – ha dichiarato Renzi a ” Bersaglio Mobile” su La7- Il Pd non aspetta le sentenze per capire cosa accade, chi del Pd si doveva dimettere si è già dimesso. Ma il quadro che emerge a Roma è sconvolgente: neofascisti, delinquenti della Magliana, mancano solo Jack lo Squartatore e il mostro di Loch Ness e poi ci sono tutti…».
Nonostante gli attacchi, i collaboratori del premier hanno tentato di difendere due dei principali accusati, il ministro del lavoro Giuliano Poletti e Cosentino, il primo definito dallo stesso premier un «galantuomo», il secondo a detta dei democratici «tirato in ballo nelle intercettazioni da qualche millantatore».
Prima della nomina, Orfini aveva espresso le sue posizioni sulle primarie, posizioni in netto contrasto con quelle di Renzi: se per il neocommissario Pd «sono troppo costose e rendono il partito permeabile alle infiltrazioni malavitose», per il premier invece «non rappresentano una fonte di inquinamento».
Benedetta Cucchiara
4 dicembre 2014