Incontro tra Napolitano e Draghi: riforme per poter crescere
È stata la splendida Villa Rosebery, residenza ufficiale partenopea, a far da sfondo all’incontro, avvenuto ieri 1 ottobre, tra Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica, e Mario Draghi, Presidente della BCE (Banca centrale europea) con il Consiglio direttivo della BCE (i sei membri del Comitato esecutivo e i governatori delle banche centrali nazionali dei diciotto paesi della zona euro). Con oggi 2 ottobre a Napoli — scelta per rendere omaggio al semestre di presidenza UE italiano —, sarà la terza volta che il vertice della BCE sceglie l’Italia per la propria riunione mensile, dopo Roma nel 2003 e Venezia nel 2009, con Mario Draghi allora Governatore della Banca d’Italia.
Da quanto si apprende dall’Ufficio stampa del Quirinale, per Napolitano la principale preoccupazione, non solo per il presente ma anche in una prospettiva più lunga, è l’altissimo tasso di disoccupazione raggiunto nell’area euro, soprattutto in alcuni Paesi come l’Italia: «L’Italia intende portare avanti con determinazione e accelerare un chiaro impegno di superamento di sue debolezze strutturali, a cominciare dal così elevato debito pubblico, ma al tempo stesso nel contribuire all’agenda europea di questo semestre agisce per spostare l’accento delle politiche europee verso programmi coordinati di investimento per l’innovazione e la creazione del lavoro», aggiungendo che la sfida principale è appunto aprire un nuovo sentiero in Europa per una crescita forte e sostenibile.
Un pomeriggio di confronto aperto che arriva dopo il rinvio italiano del pareggio in bilancio dal 2016 al 2017, con Napolitano a farsi garante degli impegni presi, i cosiddetti «compiti a casa» usando l’espressione di Angela Merkel. Dopo il discorso di saluto di Ignazio Visco, Governatore della Banca d’Italia, è stata la volta di Mario Draghi che ha sottolineato come la politica monetaria possa abbassare il costo dei capitali ma non possa bastare per risolvere ciò che il Ministro Pier Carlo Padoan ha definito «una crisi peggiore di quella del ’29». Per Draghi «è una fatica erculea quella di fronte all’Europa per rilanciare la crescita ed evitare la deflazione. E come nel mito di Idra occorre un doppio sforzo, per risolvere i problemi nella componente ciclica ma anche alla radice: i Paesi devono assicurare riforme strutturali e risanare i bilanci» perché «solo le riforme strutturali, che aumentano la crescita esponenziale, e quindi la sostenibilità del debito, possono creare i margini per usare in futuro la politica di bilancio». L’intenzione dei Governatori è quella di riportare l’inflazione più vicino possibile alla soglia del 2% perché la chiave per sostenere la crescita è l’aumento degli investimenti congiuntamente ad una politica fiscale e alle riforme per dare nuovamente fiducia alle imprese. Infatti gli investimenti dipendono dalla certezza dei conti pubblici perché le imprese non saranno incoraggiate ad investire dai bassi tassi di interesse, dalle tasse crescenti e da spese legate a delle norme non necessarie.
In coda all’incontro un faccia a faccia di mezz’ora tra il Presidente della Repubblica e il Presidente della BCE. Una mezz’ora intensa che, nonostante il riserbo assoluto, lascia trapelare, attraverso le rispettive posizioni rese pubbliche, una netta corrispondenza di vedute. Una rassicurazione da parte di Napolitano di un avvicinamento progressivo dell’Italia agli standard europei, dimostrando il cambiamento in corso non solo con le intenzioni ma con la concretezza dei fatti.
Draghi sostiene che «il tavolo europeo non è un tavolo di negoziazione dove ogni Paese, ogni istituzione porta i suoi problemi. Dovrebbe essere un tavolo familiare dove tutti si siedono alla ricerca di una soluzione al nostro problema comune» perché tutti dovremmo sederci come partner allo stesso lato del tavolo, con le nostre sfide — alta disoccupazione, bassa crescita e bassa inflazione — dall’altra parte del tavolo» e «non dovremmo sederci agli opposti lati del tavolo come nemici».
Paola Mattavelli
2 ottobre 2014