Eppur si muore, in Italia, mentre Letta e Squinzi battibeccano

Siamo alle solite. Continue divergenze d’opinione sulla crisi, legge elettorale, riforma del titolo V … mentre il tempo trascorre e, l’Italia non va. Questi gli argomenti che riempiono oramai i giornali da tempo, forse troppo. La gente è stufa, ha la testa piena di promesse, perché l’Italia è sempre più marginale, indietro, cercando di inseguire i falchi del nord e gli emergenti, ma rimane, ahimè, sempre un mero fanalino di coda.
Le statistiche ci fanno sperare, ci hanno fatto sperare, una crescita, miope, lenta. Forse arriverà, forse no, chi lo sa. Le statistiche, sempre loro, dicono che cresceremo dello 0.7% quest’anno. Tutti se lo augurano, ma in fondo pochi ci credono. Alla fine si contraddiranno… Le statistiche ed i politici.
Alcuni problemi purtroppo sono strutturali e non c’è crescita che tenga, se non elevata, e non dello 0, qualcosa. Disoccupazione galoppante, imprese sempre più con bilanci in rosso, continua migrazione di cervelli verso mete più prospere.
Mentre tutto ciò appare dinanzi ai nostri occhi, cosa accade nel teatrino della politica, fatto di battibecchi e poco pragmatismo e lungimiranza? L’ultimo sketch di Squinzi e Letta.
L’Italia ha un “ambizioso” piano di privatizzazioni, e dopo anni di crisi i mercati sono pronti ad accoglierlo, con l’obiettivo di tagliare il debito ma anche di attrarre investimenti, ha commentato il presidente del Consiglio Letta.
All’ottimismo del premier risponde Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria. I numeri, a partire dalle previsioni del Centro studi di Confindustria, “non ci permettono di guardare con ottimismo verso il futuro” dichiara Squinzi a In mezz’ora ricordando la stima per il 2014 di +0,6-0,7% per il Pil, “frazione di un punto che non basta a creare occupazione e a far ripartire il nostro Paese.
Il debito è stato ridotto, si, ma di qualche spicciolo, rispetto al debito complessivo che ammonta ad oltre 2000 miliardi. Non basta lo 0.7% di crescita per rimediare ai danni di una profonda recessione.
La disoccupazione – ad esempio – è oramai strutturale, poiché, una quota pari al 57% dei disoccupati è costituita da individui che sono senza lavoro da oltre un anno. Se un disoccupato da oltre un anno viene percepito per le sue caratteristiche come non rispondente alle esigenze delle imprese, può non essere sufficiente abbassarne il costo di reclutamento per renderlo appetibile. Occorrono dunque efficienti politiche di formazione (counselling), e inserimento nelle imprese, come avviene in Germania.
Le imprese sono in rosso, causa restrizione del credito, da parte delle banche che preferiscono tuttavia investire in titoli pubblici – considerati privi di rischio – piuttosto che in progetti d’investimento per le imprese. E l’Italia, affaticata, rincorre, mentre si discute di legge elettorale.
La legge elettorale è importante, si, perché potrebbe far uscire il nostro Parlamento dall’immobilismo in cui si trova e dunque fare riforme in gradi di migliorare la situazione di status quo in cui versa il nostro Paese.
Ma, ogni ora persa sono due imprese che muoiono ed insieme a loro, la speranza di tanti giovani. Ci auguriamo un anno di dialoghi costruttivi e non di battibecchi esiziali per il Paese e per la poca fiducia rimasta in noi italiani. Non possiamo vivere solo di speranza, che oltre ad essere l’ultima a morire è quella che ha mantenuto e mantiene ancora in vita il nostro Paese.
E’ importante vivere per progetti concreti e non verso l’astrattezza delle promesse, per un’esaltazione della vita, volta non solo al sacrificio senza guadagno, ma alla ricompensa del sacrificio, all’amore del quotidiano e non alla maledizione dello stesso, alla costruzione di un futuro per le generazioni venture e non alla distruzione delle stesse … L’augurio vero è che tutto ciò avvenga, il prima possibile.
di Marco Franco
2 febbraio 2014