Processo Eternit: in appello condanna a 18 anni di reclusione per Schmidheiny
Oltre 700 persone sono giunte da tutta Europa per assistere, a Torino, alla sentenza di secondo grado del processo Eternit sulle vittime dell’amianto. La corte ha disposto provvisionali per 20 milioni di euro alla Regione Piemonte e di oltre 30,9 milioni per il comune di Casale Monferrato. Ma la decisione che è stata accolta con maggior soddisfazione dai parenti delle vittime è quella che riguarda la condanna a 18 anni di reclusione per disastro doloso all’imprenditore elvetico Stephan Schmidheiny. La corte ha inoltre disposto una rettifica alla sentenza di primo grado con il riconoscimento del disastro ambientale permanente anche nelle località di Napoli (Bagnoli) e Rubiera, che nella sentenza di primo grado erano invece state escluse per intervenuta prescrizione.
Nella sentenza di primo grado Schmidheiny era stato condannato a 16 anni di reclusione mentre i pubblici ministeri Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace, Sarah Panelli e Ennio Tomaselli avevano chiesto una condanna a 20 anni di carcere. Una decisione, quella dell’aumento della condanna accolta con un sospiro di sollievo dai parenti delle vittime fra cui Romana Blasotti Pavesi, presidente dell’Afeva, Associazione familiari e vittime dell’amianto, di Casale Monferrato, che a causa dell’amianto, ha perso cinque familiari, tra cui marito e figlia. Fuori del tribunale uno striscione dominava su tutti, scritto in francese: «Shmidheiny ti aspettiamo anche in Svizzera».
Oltre a Stephan Schmidheiny nella sentenza di primo grado era stato condannato a 16 anni di carcere anche Luis Cartier, che però è morto lo scorso 21 maggio. I due erano ai vertici dell’azienda che per anni ha prodotto Eternit negli stabilimenti di Casale Monferrato, Cavagnolo Rubiera e Bagnoli. Ricordiamo che l’eternit è un materiale creato nel 1901 dall’austriaco Ludwig Hatschek che brevettò il cemento-amianto, un materiale che per la sua elevata resistenza venne poi ribattezzato Eternit e che riscosse un grande successo commerciale per via del basso prezzo e della resistenza.
Dagli anni ’50 però cominciarono ad arrivare i primi studi che dimostravano come questo materiale, nello specifico la polvere di amianto generata dall’usura dei tetti e usata come materiale di fondo per i selciati, sia la causa di una grave forma di cancro, il mesotelioma pleurico. Nonostante l’allarme la società continuò a produrre questo materiale ancora per decenni, in Italia la produzione è cessata tra il 1992 e il 1994 ed ha causato la morte di centinaia di operai degli stabilimenti sopra elencati.
Enrico Ferdinandi
(Twitter @FerdinandiE)
3 giugno 2013